giovedì, 18 Aprile 2024

Il Femminismo è uno sguardo sul mondo. Sarà realizzato quando non ci sarà più nessun tetto di cristallo da rompere.

Il femminismo visto da chi lotta ogni giorno contro una violenza doppia: essere donna e essere del sud. Intervista al collettivo politico FEM.IN Cosentine in lotta. Caterina Falanga, si racconta e ci racconta

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Intervista al collettivo politico FEM.IN Cosentine in lotta. Caterina Falanga, si racconta e ci racconta la loro vita sul e per il territorio, per combattere ingiustizie, denunciare ipocrisie e problemi sociali, informare e contribuire a creare spiriti critici. Il femminismo come sguardo sul mondo. Tra i nodi maggiormente attenzionati: il diritto all’aborto, tradotto spesso in una negazione dello stesso a causa di una totale o parziale mancanza delle strumentazioni necessarie e del personale addetto; il diritto allo studio per tutti e tutte, indipendentemente dal reddito, una condizione spesso auto-escludente. Una visione e un metodo che fanno del femminismo non una appartenenza di genere ma una coscienza profonda e inclusiva.

Chi siete e che cosa fa il vostro Movimento?
Siamo una delle voci del movimento politico antagonista cittadino, il nostro collettivo nasce nel 2019. Portiamo avanti una militanza pacifica, sicuramente dura, costante, ma del tutto pacifica e nasce come una lotta femminista intersezionale. Infatti. noi siamo sempre partite dal territorio, siamo state sempre molto pragmatiche perché non c’è libertà se non c’è auto-determinazione e se persistono i diversi livelli di violenza che in maniera endemica si vanno ad intrecciare con altri, come il lavoro da fame, il diritto all’abitare, il diritto alla salute e nello specifico il diritto all’aborto. Abbiamo condotto diverse battaglie, perché la nostra Calabria, che molto più di altre regioni, verte in una situazione disastrosa: l’economia già precaria non ha saputo reagire alla crisi causata dalla pandemia, ma soprattutto la crisi del sistema sanitario, con la mancanza in tutta la regione di posti letto. L’ordinarietà dell’emergenza poggia sulla consapevolezza di non poter contare su un sistema sanitario efficace ed efficiente. Parliamo di una sanità che è commissariata con piano di rientro dal 2009, poi confermato ufficialmente nel 2010.

E’ tuttora commissariata?
Si, è tuttora commissariata. Tra l’altro adesso alla presidenza della Regione c’è Roberto Occhiuto che è stato il principale sostenitore del piano di rientro e della chiusura di ben 18 Ospedali. Ad oggi tutto il bacino della popolazione provinciale di Cosenza, più di 700 mila abitanti, si trova a confluire anche per acuzie minime che potrebbero essere trattate nell’ambito della medicina territoriale, all’ospedale dell’Annunziata. La prospettiva politica regionale fino al 2025 è semplicemente la quantificazione del debito sanitario calabrese, cresciuto di anno in anno specie per la migrazione sanitaria (una spesa di circa 300 milioni annui), ma questo debito non lo abbiamo creato noi calabresi e pensiamo anche di averlo già pagato, con la morte, il diritto alla cura negato per decenni e una qualità di vita concretamente intaccata. E’ interessante il report uscito nel Dicembre del 2022 del Sole 24 Ore che evidenziava come un bambino nato a Catanzaro abbia un’aspettativa di vita inferiore di ben 11 anni rispetto ad un bambino nato a Bolzano.

Per quanto riguarda il diritto alla salute e nello specifico il diritto all’aborto, l’estate scorsa si è dimesso anche l’ultimo ginecologo non obiettore dell’Annunziata, perché ha preso questa decisione?

Si, nel Luglio 2022, si è dimesso l’ultimo ginecologo non obiettore e non si è dimesso perché magicamente e improvvisamente si è pentito della filosofia che lo animava, ma si è dimesso per tutta una serie di gap sanitari e lavorativi insostenibili, perché era diventato impossibile e ingestibile garantire le sedute di IVG, ancor di più nel caso di un aborto chirurgico, dove c’è bisogno di una intera equipe non obiettrice. C’è una situazione in cui gli operatori sono portati a dichiararsi obiettori. La maggior parte del personale di ginecologia che si dichiara obiettori non lo sono per fede. All’Annunziata 24 su 26 ostetriche sono obiettrici; 11 medici su 11 sono obiettori.

Cosa avete fatto voi, in quanto FEM.IN Cosentine in lotta?
Abbiamo monitorato la situazione in ospedale. A seguito delle dimissioni c’è stata una protesta ed un tavolo tecnico con il direttore sanitario e il Primario di Ginecologia che a differenza di altri è un obiettore convinto, proprio per una credenza religiosa. L’azienda ospedaliera ha risposto alla nostra protesta con una manifestazione di interesse urgente e per circa 6 mesi è stata introdotta la figura di una ginecologa a gettone. Una figura esterna, che da sola non può bastare a rendere il servizio efficiente e stabile. Ciò non toglie che per circa 4 settimane ( tra Luglio e Agosto)  il servizio sia stato completamente fermo, quindi le persone venivano dirottate a fare gli aborti in altre province, a Lamezia o per il chirurgico a Castrovillari. La situazione è anche più incancrenita a causa della mancanza della sanità territoriale. Essendo in piano di rientro, siamo costantemente sotto il fabbisogno reale di personale: nell’ospedale di Cosenza per soddisfare il fabbisogno reale dovrebbero esserci 15 medici ( con fabbisogno ricondotto, altrimenti dovrebbero essere 27), in questo momento sono 11, e non da ora, ma da tantissimo. Tra l’altro poi, anche la figura a gettone incaricata, si è a sua volta dimessa, quindi hanno attinto alla graduatoria della prima manifestazione d’interesse e hanno preso un medico soltanto, togliendolo al lavoro che faceva nei consultori. Anche a questo riguardo la situazione è grave: noi abbiamo 22 Consultori, un numero che non ricopre le esigenze della popolazione, poiché la normativa prevede un consultorio ogni 20 mila abitanti, e qui di queste 22 strutture che dispongono delle strumentazioni e del personale richiesto, ce ne sono 1 su 4, onestamente diventa proprio una negazione del diritto alla prevenzione e alla salute in particolare quella di genere. Per ovviare a queste problematiche, sia la Regione sia l’ASP avrebbero potuto interessarsi e recepire le linee guida del maggio 2020 che hanno introdotto la possibilità di somministrare la RU486 – aborto farmacologico consentito fino al 63° giorno di amenorrea – con modalità meno invasiva e più economica per i consultori. Invece non è stato fatto nulla perché per farlo avremmo dovuto avere delle strutture a norma con il personale al completo, mentre la maggioranza di queste non ha a disposizione neanche un ecografo, senza il quale non possono essere rilasciati gli Attestati IVG che insieme alle analisi del sangue sono quelli che servono per prendere appuntamento per la seduta sia farmacologica che chirurgica. In una situazione come la nostra, nella quale, 3 su 5 consultori non hanno un ecografo, anche i presidi efficienti, diventano inefficaci perché non si può garantire il rispetto dei tempi delle liste d’attesa.

 

Il problema della Sanità pubblica, la lentezza dei tempi, la mancanza di personale qualificato investe quasi tutto il paese, quale differenza sostanziale ha la Calabria in questo scenario?
La Calabria è l’emblema di ciò che c’è di sbagliato nelle politiche di razionalizzazione e di privatizzazione, sul piano nazionale, in maniera sistemica. Ma soprattutto riguardo all’aborto la differenza è data dalla sanità territoriale. Nonostante le privatizzazioni, dal Lazio in su, il sistema prova a dare un minimo di risposta al territorio, invece la Calabria ha visto lo smantellamento della rete ospedaliera a fronte di una sanità territoriale mai potenziata, anzi, sfasciata nel tempo a causa di pensionamenti mai sostituiti. Quindi, oltre alla cura, la paura è la vita, il poter essere trasportati celermente in ambulanza se si ha un malore. Un’altra differenza di questi giorni è il ddl Calderoli, le regioni del sud saranno distrutte completamente dall’ autonomia differenziata, voluta principalmente dalle regioni del nord (Lombardia, Veneto, Emilia Romagna) che non tiene conto delle disparità e del debito storico già esistente. Una regione già indebitata fino al collo, che autonomia dovrebbe avere? Questo è l’ultimo tassello del regionalismo iniquo e delle politiche di privatizzazione del welfare portato avanti a partire dalla riforma dell’articolo V nel 2001. Per tornare sul tema dell’aborto, purtroppo le criticità sono trasversali, pensiamo all‘Umbria, Molise e Marche, con un governo di destra, tra l’altro. Ma ciò che più caratterizza la crisi della sanità calabrese è la grave carenza di personale, tra O.S.S infermieri, ma soprattutto tra medici e anestesisti mancano circa 4000 unità stabilizzate. Con il piano di rientro, dal 2009 c’è stato il blocco del turn-over, non si poteva assolutamente assumere nel pubblico e in una regione composta prevalentemente da over 60, i giovani talenti sono emigrati e piano piano ogni servizio è stato dismesso. Basta un semplice pensionamento e chiude un intero laboratorio analisi, come avvenuto pochi anni fa nell’ospedale di Lungro. E’ per questo assetto che in questi anni c’è stata una crescita del 100% della sanità privata, e continuano ad aprirsi strutture totalmente private, come quella di Crotone, che è il solo Hub di II livello della provincia.

Nello specifico e restando all’attualità, cosa avete ottenuto dall’occupazione del Consultorio dell’ Unical, avvenuta il 21 Febbraio scorso?
La premessa è che sono tantissimi i casi di donne che si rivolgono a noi perché sono andate in ospedale e, dopo ore di attesa, sono state mandate via perché l’appuntamento era saltato, costringendole a prolungare i tempi della gravidanza, o altri casi di donne dirottate su altre strutture, molto spesso lontane, o ancora donne che hanno dovuto fare l’intervento chirurgico e non più farmacologico a causa del protrarsi dei tempi. Tutti problemi causati dall’inefficienza territoriale, oltre a quella ospedaliera. La nostra occupazione del Consultorio dell’ Unical, dove appunto manca l’ecografo, ha sortito un tavolo di discussione con il Dott. Russo ( in qualità di Dirigente medico dell’Unical e coordinatore provinciale dei Consultori) , Antonio Graziano (Commissario ad Acta dell’ASP di Cosenza) e Martino Rizzo ( Direttore sanitario dell’ASP di Cosenza) e l’Ing. Capristo, responsabile forniture e logistica. Durante questo tavolo abbiamo chiesto l’acquisto della strumentazione necessaria e come condizione non trattabile, l’emanazione di un comunicato stampa con il quale si impegnassero, entro tempi stabiliti che sono stati fissati a 40 giorni, ad assolvere a tale responsabilità. Sono tantissimi i consultori nelle stesse condizioni, noi adesso ci siamo battute su quello interno all’Università perché pensiamo che dotandolo della strumentazione necessaria molte persone che viaggiano per motivi di studio possono avvalersi di questo servizio, abbattendo anche notevolmente i costi. Perché se mancano gli strumenti necessari, oltre ai problemi riguardanti il diritto all’aborto, quello che non viene garantito è il diritto alla prevenzione: in Calabria le donne sono scoraggiate, non fanno prevenzione, poi si ammalano e alla fine non possono ricevere le cure adeguate, vedendosi costrette a curarsi fuori regione. Qui non esiste la competenza e nemmeno la strumentazione necessaria a diagnosticare l’endometriosi. Le donne affette da questa patologia, in Calabria, vengono trattate come pazze e contemporaneamente devono trovare i soldi per farsi assistere fuori regione. Qui, è tutto molto improntato ancora al semplice aspetto riproduttivo, manca l’approccio culturale alla salute e alla cura, intesa come salute in generale e anche salute mentale.

Come è stato possibile che nel Luglio scorso, con questa situazione di carenza grave nelle strutture pubbliche, sia di strumentazione che di personale addetto, il Presidente della Regione, abbia reintegrato i super stipendi ai dirigenti, andando ad abrogare la legge del 2009 che ne tagliava il 20%? Non si potevano utilizzare questi soldi, che per il 2023, sono stati stimati intorno ad una cifra di un milione di euro, presi dal Fondo Sanitario Regionale, per l’acquisto di strumenti necessari?
Non solo potevano, ma dovevano! Anche perché abbiamo visto, in pieno Covid, tutta la questione del toto nomi dei Commissari, lasciando i calabresi nella disperazione, a dimostrazione di quanto un dirigente non sia sinonimo di efficienza ( tra l’altro, in questa situazione disastrosa, ogni commissario dura in media 1 anno e due mesi, come si pensa che in questo modo si possa dare continuità ad un lavoro di ricostruzione?). Il debito continua ad proliferare (si stima che ogni anno si spenda per la mobilità passiva circa 200 milioni ) e invece l’urgenza è dare del lauti compensi a dei dirigenti, negli anni messi al loro posto con criteri discutibili.

Per la festa dell’8 Marzo, avete in programma una manifestazione, di cosa si tratta e quali messaggi volete veicolare?
Si, insieme al coordinamento studenti in lotta, nello specifico Praxis e Collettiva Medusa, abbiamo organizzato una manifestazione, dove oltre a quelli che sono i problemi nevralgici, anche culturali, per quanto riguarda la violenza patriarcale, la scarsa retribuzione, le molestie sul lavoro e tutto ciò che concerne il diritto alla salute, rivendicheremo la lotta per l’ecografo dell’ Unical e per un centro sanitario efficiente. Il corteo che, infatti, partirà dall’Ateneo alle 14.30, avrà lo scopo anche di fare informazione alla comunità studentesca, affinché tutti possano far richiesta dei servizi a loro più congeniali. Denunceremo, inoltre, come dopo la crisi aperta dalla pandemia, l’Università non abbia fatto nulla per aiutare i ragazzi in difficoltà, mettendo a disposizione servizi non efficienti con metodi contraddittori, primo fra tutti il ticket con quale richiedere, se in condizione di momentanea difficoltà, di prestare servizio part-time in Università a fronte delle salatissime tasse universitarie. Un servizio inefficiente perché la commissione esaminatrice delle domande pervenute si riunirà ad Aprile-Maggio, periodo in cui saranno maturate, per tutti coloro i quali, non riescono a pagare la seconda e la terza rata, more molto alte, senza per altro aver risolto nulla. Vergognoso, soprattutto che si chieda ad uno studente di essere produttivo in tal senso se non si ha la disponibilità economica. L’effetto diretto è la sempre più comune rinuncia allo studio per tutti coloro che non hanno reddito sufficiente, e non solo per le tasse, ma anche per gli spostamenti e per gli alloggi, ad oggi, altro problema molto grave.

L’8 Marzo manifesteremo per questi e tanti altri motivi: diritto alla salute, diritto allo studiodiritto all’abitare, non ultimo contro la violenza che ci opprime. Sarà un corteo tranfemminista, sarà intersezionale, ma soprattutto sarà un corteo per smascherare questa ipocrisia della governance d’ateneo, mirata alla performatività, e sarà un corteo per richiedere in primis i diritti del campus, perché l’Università dovrebbe offrire un’ alternativa, invece assistiamo ad un profondo gap tra facoltà di serie A facoltà di serie B, fondamentalmente perché non vogliono delle menti aperte al ragionamento e creative. Noi pensiamo che se non si parte dall’Università non si può lottare per avere una società migliore.

In tutto questo come ti sembra questo governo e questa prima Premier donna?
Questo governo non è poi tanto diverso da quelli precedenti, usa un linguaggio differente ma per noi non è cambiato nulla dal passaggio dei governi precedenti a quello attuale, di destra, è forse più arrogante e la maggioranza si sente più legittimata, ma ripeto, tutte queste problematiche che denunciamo noi, per le quali lottiamo, c’erano anche prima. La proposta di Legge, Gasparri, e la sua richiesta di concedere la capacità giuridica al feto, l’aveva già presentata. Su Giorgia Meloni, io penso che una persona in quanto sia nata donna non vuol dire che sia anche femminista, il fatto di gioire e di richiamare il femminismo soltanto perché una donna, in quanto tale, viene eletta ai simboli di quel potere, con gli strumenti che quel potere utilizza per opprimerci, è quanto di più paternalista e machista ci possa essere. Quindi, tutta la retorica del tetto di cristallo non serve ad altro se non alimentare la creazione di individui soli, competitivi e rassegnati, che puntano solo a realizzare se stessi perché è questo il sistema che devono affrontare.

Che cos’è il femminismo?
Il femminismo, per noi, è l’unico sguardo possibile sulla vita. E dovrebbe essere per tutti e tutte, uno sguardo sul mondo che si dovrebbe avere sempre. Il femminismo è l’unica arma culturale, ancora, purtroppo, troppo contro-culturale, per mantenere in piedi questo pianeta, non ovviamente in maniera utopistica e per creare un sistema con meno disuguaglianzemeno violenze e meno discriminazioni, perché il transfemminismo comprende tutto: qui le donne sono discriminate due volte, in quanto tali e in quanto del sud, subiscono una violenza multipla; economia sanitaria, istituzionale, tutto concentrato in forte assetto patriarcale. Bisogna partire dal fatto che una donna al sud ha meno possibilità di altre donne, anche se i livelli di oppressione sono radicati ovunque e in forme diverse. Fare in modo che si parli di femminismo, oggi, non è rompere quel famoso tetto di cristallo, ma fare in modo che non ci sia più nulla da rompere.

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