giovedì, 25 Aprile 2024

Maternità surrogata, l’avvocato delle coppie: “Nell’eterologa razzismo al contrario. Importiamo ovociti dall’estero”

La maternità surrogata ha riportato al centro del dibattito pubblico l'esser madri, padri, figli, toccando i nervi di una società che soffre di crisi di panico dinanzi al progresso. Alla luce del ddl che vorrebbe rendere la pratica "reato universale", abbiamo chiesto all'avvocato Giorgio Muccio, che assiste coppie italiane ricorse alla gestazione per altri all'estero, quali ostacoli affrontano queste famiglie.

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“Secondo la ministra Eugenia Roccella la maternità surrogata avrebbe delle ‘connotazioni razziste‘. Trovo invece assurdo che per la fecondazione eterologa nel nostro Paese non ci sia un rimborso delle donatrici, costringendo anche i centri pubblici a dover reperire ovociti in banche straniere; è una discriminazione genetica al contrario“. A parlare è l’avvocato Giorgio Muccio di Bologna, che assiste e difende tantissime coppie eterosessuali e omosessuali ricorse alla maternità surrogata o gestazione per altri (gpa) all’estero. Le stesse persone che una volta rientrate in Italia, dopo esser state trascritte come genitori sugli atti di nascita dei Paesi in cui hanno effettuato la gpa, rischierebbero fino ai 2 anni di carcere e multe da 600mila a un milione di euro se la maternità surrogata dovesse diventare “reato universale, come proposto dall’ultimo ddl di Fratelli d’Italia. Alla luce della bufera mediatica e politica che ha catalizzato l’attenzione sulla pratica riproduttiva di surrogacy, già illegale in Italia in base alla legge 40, abbiamo chiesto all’avvocato quali ostacoli giuridici e sociali si ritrovano a dover affrontare queste coppie e cosa c’è da aspettarsi nel prossimo futuro.

Avvocato Giorgio Muccio

Avvocato, cosa accade dal punto di vista legale quando una coppia che è ricorsa alla maternità surrogata in altri Stati rientra in Italia?
“I problemi che si manifestano più di frequente sono legati alla trascrizione dell’atto di nascita formato all’estero. In genere, in Italia viene contestato il reato di alterazione dello stato civile, cioè l’aver attribuito un rapporto genitoriale quando questo biologicamente non sussiste. Questo rapporto genitoriale, per lo Stato italiano, infatti esiste quando i genitori sono entrambi biologici. Quando uno dei due non lo è, la trascrizione dell’atto in Italia non è considerato reato grazie ad alcune sentenze della Cassazione Penale. I giudici hanno infatti rilevato che è la dichiarazione fatta davanti all’ufficiale di Stato straniero a contare davvero, poiché è lì che si forma davvero il certificato. Non si può essere punibili se si è rispettata la legge straniera sull’accesso ai trattamenti di legittima certificazione dell’atto di nascita con il genitore biologico e l’altro genitore committente. Altro reato che è stato contestato è la falsa attestazione al pubblico ufficiale, nel momento in cui si autocertificava di essere genitori di quel bambino. Mi capita spesso di fare consulenze alle coppie su questo tema e il mio consiglio è proprio quello di far attenzione nelle autocertificazione ai sensi del dpr 445 del 2000 e rilasciare autocertificazioni conformi al vero, dimostrando di essere genitori ai sensi della legge del luogo dove è stato firmato l’atto di nascita. Per quanto riguarda invece l’articolo 12 comma 6 della legge 40, questo è stato contestato raramente, soprattutto perché il reato in questione prevede delle espressioni ambigue. ‘Chiunque realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione dei gameti è punibile con pene da 3 mesi a 2 anni e con una multa da 600mila a un milione di euro’. È poco chiaro, in effetti comprendere cosa si intenda per ‘realizza’. Per cui anche richiamando la Corte europea dei diritti dell’uomo, secondo cui i termini devono essere chiaramente percepibili dall’accusato, in questi casi la Cassazione ha assolto l’imputato e questo orientamento è stato recepito dalla giurisprudenza di merito. Però da queste considerazioni emerge che il reato è comunque perseguibile anche se commesso all’estero, con l’unica differenza che è necessaria l’istanza da parte del ministro di Grazia e di Giustizia per procedere. Non è vero, allora, che è necessario modificare la legge e arrivare al ‘reato universale’ per poter procedere nei confronti di queste coppie! Poi i reati universali per il codice penale sono quelli che prevedono una pena nel minimo superiore ai 3 anni. Nei momenti in cui presenti un ddl è ben possibile poi modificarlo, potrebbe essere aggiunto che sono perseguibili anche le coppie che si sottopongono a questo tipo di trattamento. Questa specificazione farebbe sì che le coppie siano davvero imputabili; poi sorgono tutta una serie di questioni per la loro condannabilità. Nel senso che la giurisprudenza in questi casi richiede che ci sia il “doppio reato”, cioè che si tratti di condotte considerate reato sia in Italia che nel Paese straniero dove la condotta è realizzata. C’è un’ulteriore questione legata alla legittimità della condanna, cioè la pena pecuniaria molto alta che era stata pensata soprattutto per colpire medici, agenzie, biologi, i soggetti che si arricchiscono da questo tipo di attività: può anche essere legittima nei loro confronti, ma non lo è per le coppie, in quanto uno degli scopi costituzionalmente previsti della pena è di ‘rieducare’ il condannato. Non vedo come una pena pecuniaria di tali proporzioni possa essere finalizzata a rieducare chi commette il reato, perché se per alcune coppie ciò può equivalere a una condanna a morte, per altri – magari come Elton John, Madonna o Ronaldo che in passato sono ricorsi alla surrogacy – equivale praticamente a una mancia da dare allo Stato. Poi c’è un’ultima questione: una direttiva sulle cure transfrontaliere, la n. 24 del 2011, dice che un cittadino dell’Unione Europea il quale effettua un trattamento all’estero non può essere perseguito per il trattamento sanitario considerato illegittimo nel proprio Paese, ma effettuato nel rispetto del Paese dove si reca. Questo perché sarebbe altrimenti limitata la libera circolazione dei servizi, che è uno dei principi fondanti l’Unione Europea!”

Molte donne in nome del femminismo ritengono che la gpa altruistica o commerciale sia comunque una forma di sfruttamento, perché trasformerebbe la maternità e la filiazione in un mercato dei corpi e dei diritti. Lei cosa ne pensa?
“In assoluto non si può escludere questa situazione, ma credo che la malizia sia negli occhi di chi guarda, non necessariamente in chi fa una determinata azione. Mi è capitato di vedere molti genitori che hanno avuto un grande rispetto nei confronti della gestante. Ho seguito molte coppie che dopo essersi recate in Ucraina per la gpa, preoccupate a causa della guerra in corso, mi hanno contattato per capire come poter aiutare economicamente la rispettiva madre surrogata. Questo anche per spiegare che i genitori intenzionali hanno effettuato un pagamento sottoforma di rimborso e non una remunerazione vera e propria. Tra l’altro mi risulta che in Ucraina le somme previste per la maternità surrogata siano di 15mila euro più una diaria mensile. In Italia il problema è all’apice, perché non prevede la possibilità di indennizzare nemmeno le donazioni di ovociti, fuorché quelle disciplinate come la donazione di sangue e di altri tessuti, per cui viene rimborsata al donatore la giornata lavorativa persa. Prendiamo la fecondazione eterologa: si tratta di un trattamento lecito in Italia, ma che incontra moltissimi ostacoli. È difficilissimo reperire donatrici di ovociti, perché il tutto deve avvenire esclusivamente a titolo gratuito. Il fatto è che una tale donazione presuppone una stimolazione ovarica con farmaci che dovrebbe pagarsi la donatrice, un paio di settimane di ecografie, analisi del sangue e in conclusione un intervento chirurgico. Chi è che si sottoporrebbe a questo iter senza avere un indennizzo? La mancanza di rimborso in Italia fa sì che vengano importati dall’estero ovociti che non riusciamo a reperire attraverso le nostre donazioni e ciò viene fatto anche dai centri pubblici con un importante dispendio economico. Mi è capitato di vedere un bando fatto dall’Ospedale Careggi che prevedeva un budget di 800mila euro per banche dei tessuti straniere. Cioè, paradossalmente è legittimo pagare una banca di raccolta straniera, ma non è legittimo indennizzare un donatore italiano. Questa storia ha dell’assurdo, la Roccella ha dichiarato che la maternità surrogata ha delle connotazioni razziste, ma nel nostro Paese, impedendo il rimborso delle donatrici italiane, siamo costretti a reperire ovociti in banche straniere, facendo così una discriminazione genetica al contrario. Abbiamo e usiamo solo ovociti di donne di un ceppo genetico straniero, in pratica ci va bene tutto tranne ciò che è italiano. Poi non capisco il senso delle dichiarazioni della ministra della Famiglia e delle Pari Opportunità, che ha affermato come nella gpa vi sia razzismo perché nei cataloghi delle cliniche estere l’ovocita di una donna nera costerebbe molto meno di quello di una donna bianca. A me non risulta che vi sia un prezzario in cui è stabilito un costo più basso o più alto a seconda del colore della pelle. Per quanto riguarda gli ovociti è normale che uno scelga il ceppo genetico corrispondente al proprio, le stesse caratteristiche fenotipiche, per cui se si è mori con gli occhi scuri non si sceglie un donatore biondo con gli occhi azzurri, anche perché così sarebbe ancora più evidente che non si tratta di un figlio genetico”.

Cosa ne pensa della proposta di legge dell’Associazione Luca Coscioni che chiede di legalizzare la “Gestazione per altri solidale“, ovvero con un solo rimborso spese che riguardi la gravidanza della madre surrogata?
“Secondo me potrebbe andar bene. Il rimborso spese dovrebbe essere commisurato non al costo della vita del Paese straniero, ma al costo di quella italiana, in modo tale da avere un parametro fisso. Le faccio un esempio di carattere personale. Mio padre, che è defunto qualche anno fa, aveva una badante ucraina. Quando è scoppiato il covid io sono rimasto bloccato in Emilia Romagna, mentre mia figlia e mia moglie erano nelle Marche e siamo stati lontani per 3 mesi. Mi lamentavo con la signora del fatto che non potessi vederle e lei mi ha risposto che non vedeva da un anno suo figlio, lasciando emergere quanto dolore ci fosse nella scelta di lasciare la propria famiglia per poter lavorare e guadagnare più o meno la stessa cifra che avrebbe incassato in Ucraina se avesse fatto la madre surrogata. Una prestazione che nel loro Paese permette a queste donne di restare e continuare a occuparsi della famiglia, dato che chi vi può accedere come gestante deve aver avuto almeno un figlio e un’età massima di 40 anni. In quell’occasione le ho chiesto se avrebbe mai fatto in linea astratta la maternità surrogata, essendo ormai 60enne, lei mi ha risposto di sì. Qualche mese dopo ho fatto la stessa domanda a sua figlia 30enne, venuta a trovarci dall’Ucraina, e mi ha risposto che non la farebbe. Ciò significa che si tratta di una scelta personale e liberissima della donna, ma è indubbio che vi sia anche l’aspetto economico. Parlare di sfruttamento non ha senso, perché negli Stati in cui questa pratica è lecita vi sono molte altre alternative lavorative a questo tipo di prestazioni. Probabilmente molte donne dell’Est preferiscono diventare madri surrogate in cambio di un rimborso che copra i 9 mesi di gravidanza, invece di lasciare la loro patria e venirsi a occupare in Italia delle nostre famiglie”.

Quindi dal punto di vista etico queste donne scendono comunque a compromessi scegliendo di diventare madri surrogate?
“Sì, ma questo è dovuto a tutto il sistema capitalistico, non ha a che fare con il tipo di prestazione”.

Secondo “i dati empirici” forniti dal Corriere della Sera in Italia vi sarebbero circa 250 coppie che ogni anno si affidano alla gpa, per il 90% coppie eterosessuali. Parliamo di numeri reali secondo la sua esperienza?
“No, sono dati assolutamente sottostimati, si arriva a un migliaio di coppie l’anno. Forse 250 potrebbero essere solo le famiglie committenti che andavano in Ucraina prima dello scoppio del conflitto. Adesso sto assistendo una coppia che è proprio a Kiev perché il bimbo è nato tramite gpa la settimana scorsa, sono in attesa dei documenti di nascita per poi tornare tutti insieme in Italia. Molti di questi genitori, nonostante le eccezioni siano sempre possibili, mettono a repentaglio anche la propria sicurezza pur di garantire quella del neonato e sentirsi dire che sono criminali, pedofili o razzisti è profondamente ingiusto”.

Pedofili e razzisti per aver desiderato diventare genitori

L’ultima volta che si è discusso seriamente di tecniche riproduttive in Italia era il 2004, l’anno in cui sono state regolamentate le prime norme in materia di procreazione medicalmente assistita, come dal 1978, quando è stata legalizzata l’interruzione volontaria di gravidanza, non ci si slanciava così tanto per le libertà delle donne in ambito generativo. Da due settimane a questa parte la gestazione per altri, che piaccia o meno, è riuscita di fatto a puntare i riflettori su temi d’inizio vita, riportando al centro del dibattito pubblico l’esser madri, padri, figli e a toccare i nervi scoperti di una società che soffre di crisi di panico dinanzi al progresso scientifico. Orde di ministri italiani continuano a scagliare di ora in ora frecce al veleno contro questa pratica medica; del sangue amaro che la maggioranza di Governo potrebbe tranquillamente risparmiarsi, perché parliamo di un percorso illecito da tempo immemore sul territorio italiano. Eppure, chi l’avrebbe mai detto che nel 2023 migliaia di persone sarebbero state tacciate di pedofilia, stupro e razzismo dal centrodestra, perché colpevoli di aver realizzato il proprio sogno di genitorialità grazie alla gpa, di essere salite su un aereo per Toronto, Monaco, Londra, Atene o Kiev con la mente e il cuore occupati da quel bimbo tanto immaginato e amato.

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