venerdì, 26 Aprile 2024

Meloni – Schlein, “le donne che non abbiamo visto arrivare”

Il bipartitismo perfetto tutto al femminile. La scena politica italiana è dominata da due donne. Una svolta femminista o la semplice conseguenza dei tempi? Cosa condividono e in cosa divergono queste due donne al potere.

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“Qualsiasi cosa io abbia fatto nella mia vita, i più hanno scommesso che sarebbe stato un fallimento. Vorrei dire alle donne di questo paese che il fatto di essere sempre o quasi sempre sottovalutate è un grande vantaggio, perché, si, spesso non ti vedono arrivare!”

La Premier Giorgia Meloni l’ultimo 8 Marzo ha celebrato, così, la Festa delle donne, ricordando diversi passaggi che hanno contraddistinto la sua carriera politica, da ragazza, donna, e poi Presidente di un target decisamente maschile, e lo ha fatto, citando, volutamente, la frase con la quale il 26 Febbraio scorso, Elly Schlein aveva commentato la sua imprevista elezione alla segreteria del PD : “Anche questa volta non ci hanno visto arrivare”

Singolare, ma non troppo, il fatto che per la prima volta nella storia politica italiana ci siano due donne a contendersi il dibattito parlamentare, che usano volutamente le medesime espressioni. Intanto perché la storia che le ha portate ad assumersi la responsabilità di dividersi la rappresentanza della popolazione sono molto diverse ( Giorgia Meloni cresciuta nelle file del movimento giovanile di Alleanza Nazionale, di cui diventa Presidente a soli 27 anni, Elly Schlein avviata alla comunicazione politica dalla Campagna elettorale americana per l’elezione di Barack Obama, cui partecipa come volontaria) e poi ovviamente la netta opposizione ideologica sulla maggior parte dei temi cari al dibattito politico attuale (una vuole abolire il reddito di cittadinanza, l’altra vuole abolire il precariato; una teme gli effetti della transizione verde, l’altra teme il riscaldamento globale; una vuole chiudere i porti agli immigrati, l’altra vuole cambiare il Trattato di Dublino; una proibizionista sulle droghe leggere, l’altra intende invece legalizzarle.) Eppure anche in queste iniziali, prime, evidenti differenze salta già agli occhi una sostanziale analogia che, involontariamente le accomuna che non è la semplice appartenenza di genere. Ma la comunicazione: diretta, schietta, chiara e pungente.

Da sono una donna, sono madre, sono cristiana” a “non sono una madre, non sono cristiana e sono omosessuale”. Due forme di comunicazione tanto antitetiche quanto parallele, che fanno della loro immagine il più equo e paritario palcoscenico politico, un bipartitismo perfetto non solo sul piano squisitamente politico, ma soprattutto sotto la lente di ingrandimento della tribuna politica mediatica di cui queste due donne sono ormai le principali rappresentanti sociali. E’ quindi conseguenziale l’accostamento femminista con il quale Giorgia Meloni sfrutta il fatto di non essere stata vista arrivare, essendo questo uno slogan del più puro femminismo citato dal libro della statunitense Lisa Levenstein “They didn’t see us coming”, attualmente direttrice del Programma di studi sulle donne e professore associato all’UNC Greensboro (Carolina del Nord), che interpellata a commentare la recente svolta politica italiana ha detto :”Il solo fatto di avere una donna al potere non è necessariamente un vantaggio per le donne. Se le donne conservatrici sostengono politiche antifemministe che danneggiano altre donne e i loro figli, allora non è una vittoria per il femminismo averle al potere.”  Una considerazione molto chiara alla Premier Giorgia che avallando la tesi che essere sottovalutata spesso aiuta, incoraggia la platea femminista a riconoscersi in una concreta battaglia, faticosamente, oggi vinta.

Un duello politico, quindi, che si allarga dalle poltrone di Montecitorio, e che coinvolge le due bandiere di un diverso femminismo in tutte le loro uscite più o meno pubbliche. Il primo, quello del Premier Meloni, appena appena lasciato intendere ma mai esplicitamente gridato, quasi a non voler troppo contraddire una rivoluzione tanto silenziosa quanto allo stesso tempo concreta; il secondo, quello della segretaria Schlein, sbandierato e urlato come un monito di cambiamento.

Due diversi approcci che sono stati chiari da subito: per prima cosa, la diversa posizione circa i fatti di Firenze, l’aggressione violenta, definita squadrista dalla neo-segretaria Schlein e completamente silenziata dal Premier Giorgia Meloni, cui ha fatto seguito l’opposto atteggiamento circa il naufragio di Cutro: Elly Schlein si reca in Calabria per infondere e assicurare solidarietà e vicinanza alle vittime il 2 Marzo scorso, pochi giorni dopo la tragedia, Giorgia Meloni va in Calabria a rappresentare l’autorità di un governo poco solidale ma molto pragmatico, come lei stessa ci tiene a definirsi e sposta l’attenzione dalle vittime ai carnefici; sino ad arrivare negli ultimi giorni alle loro parallele ma non tangenti partecipazioni al XIX Congresso della CGIL tenutosi a Rimini dal 15 al 18 Marzo, debitamente precedute dallo scontro parlamentare del 15 Marzo, in Parlamento.

Due linee politiche diverse, opposte, che però appaiono paradossalmente più vicine di quanto sia mai capitato prima, proprio in virtù della loro comunicazione, frutto di un lavoro attento e studiato tra e per la gente e anche del simbolo che inevitabilmente uno scontro tutto al femminile comporta in un Paese come il nostro, ancora culturalmente molto maschilista. La prima preferisce le soluzioni alle ideologie: “il mio è un approccio pragmatico e non ideologico – riferisce Giorgia Meloni durante il question time al Parlamento circa l’ennesimo naufragio in acque internazionali ” finché ci saranno partenze su imbarcazioni pessime e in pessime condizioni meteo, ci saranno sempre perdite umane”, la seconda anteponendo alle ricostruzioni tecniche la solidarietà che ci si aspetta incondizionatamente dalle Istituzioni del nostro Paese risponde: “sul piano sociale la vostra azione si definisce con tre parole, incapacità, approssimazione e insensibilità, ma la vostra propaganda ora che non siete più all’opposizione sta sfumando. Siete una destra ossessionata dalle immigrazioni che non vede l’emigrazione di tanti giovani che sono costretti dai salari così bassi e dai contratti così precari a costruirsi il loro futuro altrove.”

Un duello che si sposta, poi, dal tema della solidarietà mancata in Calabria alla precarietà sociale di un Paese dove più di 3 milioni di lavoratori vivono sotto la soglia di povertà, pur lavorando, a cui è negata ogni possibilità di futuro dignitoso, e per i quali Elly Schlein invoca, nuovamente la necessità di un salario minimoperché sotto una certa soglia, non si può neanche chiamare lavoro, è sfruttamento. Una misura complementare e non certo sostitutiva della Contrattazione collettiva, che al contrario va rafforzata ed estesa verso tutti. Io vi chiedo, Presidente Meloni, approviamo subito un salario minimo e un congedo paritario. Noi ci siamo“. Una richiesta appoggiata da tutte le opposizioni e alla quale, Giorgia Meloni prima in Parlamento e poi partecipando al Congresso di Rimini della CGIL, mostrando e dimostrando un coraggio e una presunzione propria solo dei grandi statisti, ha fermamente controbattuto: ” E’ vero c’è un problema salariale. Chi ha governato fino ad ora ha reso più poveri i lavoratori italiani, questo governo deve fare quello che può per invertire la rotta. Abbiamo mosso i primi passi verso l’obiettivo che il governo si è posto, ovvero aumentare il reddito dei lavoratori, però per raggiungere questo obiettivo, noi non siamo convinti che la soluzione sia il salario minimo legale. Perché a mio avviso il salario minimo legale potrebbe diventare non un parametro aggiuntivo delle tutele del lavoratore, ma un parametro sostitutivo, un parametro unico. E nel nostro sistema rischierebbe per paradosso, di creare per molti lavoratori condizioni peggiori di quelle che hanno oggi, e fare un favore alle grandi concentrazioni economiche alle quali conviene rivedere al ribasso i diritti dei lavoratori. Io credo che sia molto più efficace estendere la Contrattazione collettiva anche nei settori dove oggi non è prevista, credo che sia efficace tagliare le tasse sul lavoro e lavorare per combattere le discriminazioni e irregolarità.” 

Un potere di due donne molto diverse, sia umanamente che politicamente che ha preso piede e continuerà a dominare la nostra scena politica e che presuppone una riflessione non più tanto su quanto il femminismo sia più o meno radicato e applicato nella società di oggi, ma su quanto il potere sia finalmente e democraticamente ricoperto da persone capaci, seppure diverse, indipendentemente dalle quote rosa che spetterebbe attribuire.

Dopo tutto per dirla con Lisa Levenstein, “essere donna non significa essere anche femminista” e avere donne al potere che sanciscano il valore e l’importanza del femminismo non deve servire per assurdo a sancire una nuova discriminazione ma al contrario, dovrebbe essere lo strumento con il quale annullare ogni disparità di genere, avendo a cuore l’interesse dei più fragili e delle minoranze sottovalutate. Forse è iniziata l’era in cui essere sottovalutate non sarà più sinonimo di appartenenza sessuale, ma l’ espressione di una marginalità sociale che va combattuta e diminuita. Un effetto Meloni-Schlein che involontariamente condividono.

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