venerdì, 29 Marzo 2024

Il reato è universale, la solidarietà no. 30 migranti dispersi al di fuori delle acque italiane.

Una barchino con 47 migranti si rovescia fuori dalle acque territoriali italiane. 17 sopravvissuti, 30 dispersi. Di chi era la responsabilità?

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Dopo i recenti, ingenti sbarchi avvenute sulle coste italiane (si contano più di 2900 migranti, principalmente in arrivo da Libia e Tunisia solo tra venerdì 10 e sabato 11 Marzo sulle coste di Lampedusa, il cui hotspot sembra essere al collasso, 487 sbarcati nelle stesse ore a Crotone, provenienti dalla Siria, Egitto ed Afghanistan, oltre ai 584 migranti tratti in salvo dalla nave Diciotti della Guardia costiera e sbarcati a Reggio Calabria) drammatica è stata, invece, la sorte di un barchino alla deriva nelle acque Sar libiche.

Il nuovo naufragio, scuote gli animi ancora scossi dalla tragedia di Cutro, che ha spaccato la penisola tra il diritto alla vita e alla salvaguardia della vita umana in primis e il dovere di combattere l’immigrazione clandestina evitando le partenze e inasprendo le pene per gli scafisti, sancendo quello che Giorgia Meloni, durante la discussa Conferenza stampa di venerdì 10 Marzo, ha dichiarato essere un reato universale.

Questa precaria imbarcazione con a bordo 47 migranti, un numero irrisorio rispetto alle cifre, in continuo aumento, salvate nelle stesse ore dai numerosi interventi della Guardia Costiera e della Marina Militare, sono state abbandonate al loro destino, perché fuori dallo spazio territoriale italiano ( il natante era stato localizzato a circa 100 miglia dalle coste libiche, quindi nelle acque Sar libiche). Secondo le ricostruzioni, i migranti avevano segnalato la loro posizione alla Organizzazione umanitaria Alarm Phone (questo progetto è gestito dall’ 8 Ottobre 2014 da volontari provenienti dall’Europa, Tunisia e Marocco impegnati nel salvataggio in mare dei rifugiati) che a sua volta ha contattato il Centro Nazionale del soccorso marittimo di Roma, oltre a quello libico e maltese. Successivamente il barcone è stato avvistato anche dall’aereo Seabird che ha contattato tutti i mercantili più vicini al barchino in difficoltà, tra cui il Basils che a causa del mare mosso non è riuscito a entrare in contatto con il barcone, per paura di speronarlo. Sono giunti sul posto 4 mercantili, i più prossimi, avvisati dell’emergenza e durante le operazioni di salvataggio di uno di questi, la moto nave Froland, il barchino si è capovolto: 17 persone di cui due gravemente ferite, trasportate a Malta, sono riuscite a mettersi in salvo, altre 30 sono cadute in mare e sono attualmente ancora disperse.L’intervento è avvenuto – spiega la Guardia Costiera in una nota – al di fuori della responsabilità della Sar italiana registrando l’inattività dei centri Nazionali di Coordinamento e soccorso marittimo interessati per area.” Una ennesima tragedia che allarga la riflessione sul dovere di inseguire gli scafisti “su tutto il globo terraqueo” mentre decade la responsabilità di intervento dell’Italia se l’emergenza si trova al di là delle nostre competenze territoriali. Una contraddizione che si inserisce nell’ondata migratoria eccellente di questi primi tre mesi del 2023 e che secondo le previsioni non accennerà a diminuire.

Mentre, quindi, continua il rimpallo di responsabilità dall’uno all’altro politico di turno e si accertano, in questo caso, le responsabilità del mancato soccorso di quest’ultima imbarcazione abbandonata al mare forza 6, si fa la conta amara dei sopravvissuti e delle vittime. Un conteggio che è arrivato a 17.592 sbarchi solo nei mesi da gennaio a marzo 2023 ( nel sito del Ministero dell’interno si nota un’incremento di sbarchi considerevole rispetto ai medesimi mesi del 2021 e del 2022, a fronte infatti dei 5995 migranti sbarcati nel 2021 e dei 5976 nei primi tre mesi del 2022).

Durante la manifestazione nazionale di sabato 11 Marzo guidata da la Rete 26 Febbraio, cui hanno aderito tra le altre associazioni umanitarie anche Emergency, e numerosi personaggi politici, da Fratoianni a AnnaLaura Orrico, quello che sembrava essere chiaro al Paese intero è che ci fosse una gran parte della popolazione ( la partecipazione alla manifestazione sulle spiagge di Cutro, è stata stimata essere tra le 5 mila e le 7 mila persone) che non condivide la politica messa in piedi da questo governo di perseguire la lotta all’immigrazione clandestina mediante l’inasprimento delle pene e soprattutto tentando di evitare le partenze. Quello che è emerso, dalla mobilitazione che il naufragio di Cutro ha rilevato, è il permanere di una profonda frattura emotiva, nei confronti di vittime e perseguitati che scelgono il male minore e che hanno il diritto di essere salvati e tutelati.

Riferito alla manifestazione dell’11 Marzo, la Rete 26 febbraio, in un comunicato ufficiale scrive: “Tanti amici e aderenti da tutta Italia si sono uniti al grido di una Calabria che non si rassegna, che non è indifferente che ha dimostrato di essere terra di accoglienza, terra di sofferenza, ma anche di riscatto. Eravamo accanto ai migranti, di fianco ai familiari delle vittime del naufragio di fianco ai superstiti. Siamo stanchi di politici che parlano di migrazioni in termini di numeri, mentre noi parliamo di Ahmed, di Zahara , di Fatima e di tante altre e tanti altri. Da oggi – conclude la nota – deve partire la rinascita di un’Italia migliore , dei diritti umani. Un passo alla volta, una persona alla volta.”

Ecco forse, dovrebbero osservare queste parole chi ha il potere di decidere, dove e come intervenire, quando si tratta di intervento di pubblica sicurezza e quando invece bisogna salvare vite, quando si affronta il tema della migrazione non come un ‘evento storico geo-politico ma come un’emergenza immediata e improvvisa. Forse i numeri devono servire a questo, a far rendere conto, tutti, che non siamo davanti all’ennesimo sbarco ma che si tratta di un esodo mondiale, causato in parte anche dalle “nostre” politiche economiche all’estero. Solo quando tutto il mondo ammetterà la propria responsabilità ad una migrazione universale si potrà affrontare il problema dando il giusto peso alle singole persone inghiottite dal mare. Non solo il reato deve essere universale ma anche il concetto stesso di migrazione. Il linguaggio è importante, perché include quale sia la soluzione che verrà adottata.

“Un passo alla volta. Una persona alla volta.”

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