giovedì, 2 Maggio 2024

Le due gemelle uccise in Ucraina, simbolo di una generazione così simile eppure così diversa

Martedì 28 giugno, mentre molti adolescenti europei festeggiavano la fine della scuola, in Ucraina due gemelle sono morte sotto i missili di Putin. La stessa generazione a confronto per una casualità che non hanno potuto scegliere né combattere.

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Anna e Sofia sono due gemelle italiane, hanno 14 anni compiuti a novembre e il 21 giugno scorso hanno sostenuto la loro prima prova da grandi, l’esame finale della scuola secondaria di primo grado.
Anna e Yulia, erano due gemelle ucraine, avevano 14 anni compiuti a settembre, e pochi giorni fa hanno sostenuto il loro esame dopo aver seguito per mesi la didattica a distanza, concludendo l’ottavo anno della Kramatorsk school.
Anna e Sofia, sono molto simili tra loro. Anna ha un neo sulla bocca e una personalità gentile, empatica e divertente. Sofia ha i capelli lunghi, due occhi dolci e la naturale tendenza a prendersi sempre cura degli altri.
Anna e Yulia si somigliavano molto, ma avevano due caratteri molto diversi. Anna era più diretta e Yulia più tranquilla. Anna l’ha sempre sostenuta e aiutata.

Tante analogie malgrado l’abisso le differenzi.
Le gemelle italiane stanno iniziando la loro vita da adulte, preparandosi per la prima volta a dividere le loro strade, scegliendo due indirizzi diversi per il proseguo dei loro studi. Anna andrà al liceo scientifico informatico. Sofia ha scelto il liceo delle scienze umane. Diventeranno due donne molto diverse, ma non perderanno mai quella complicità quasi simbiotica che le caratterizza dalla nascita.
Le gemelle ucraine, non si lasceranno mai più. Sono morte insieme, l’una accanto all’altra, uccise da due missili da crociera Kaliber, caduti volontariamente sulle loro teste innocenti, senza un preavviso e soprattutto senza uno scopo preciso. La loro madre sta cercando abiti da sposa per loro, ma in questo momento non se ne trova neanche uno in città.

Velletri, in provincia di Roma è la città natale di Anna e Sofia. Una piccola cittadina di circa 50mila abitanti. Qui hanno frequentato tutte le scuole, dall’infanzia alla primaria, sempre nella stessa classe, con pochi segni particolari a differenziarle.
Kramatorsk è la città natale di Anna e Yulia, di circa 150mila abitanti e fino a due anni fa, le loro esperienze erano molto simili a quelle delle loro coetanee europee, salvo il fatto che in Ucraina il sistema scolastico impone 8 anni consecutivi che corrispondono al nostro primo ciclo di studi, senza interruzioni.

Il 24 Febbraio 2022, la Federazione Russa ha invaso il territorio ucraino e da quel giorno le vite di milioni di cittadini, famiglie, bambini e adolescenti è cambiata improvvisamente. Gli adolescenti italiani, guardano oggi alla guerra europea con paura e interesse, temono che potrebbe rappresentare un pericolo per una tranquillità di cui realmente poco sanno, di cui davvero poco apprezzano il sapore, essendo quasi una condizione scontata e implicita nella loro esistenza.

Gli adolescenti ucraini, hanno imparato a convivere con i bollettini di guerra, con la conta dei morti, con gli allarmi aerei, con la distruzione, la paura, la morte. Hanno imparato ad accettare la loro nuova nazione, hanno imparato a veder circolare carri armati e divise militari per le strade. Hanno imparato a razionare le risorse, a godersi i momenti. Hanno imparato a sopravvivere, ma non hanno dimenticato la scuola, non hanno smesso di pensare al loro futuro e soprattutto non hanno perso la speranza di una pace per tutti, almeno fino a martedì sera scorso.

Anna e Sofia oggi stanno festeggiando la libertà dalla scuola, giocano a tennis e si stanno preparando alla meritata vacanza con il loro circolo sportivo, mangiando una pizza con i loro coetanei in uno dei locali della loro città.
Anna e Yulia sono morte, mentre provavano ad avere una vita normale: una sera qualunque, nel ristorante sbagliato. Non hanno potuto fare nulla, forse non hanno avuto neanche il tempo di avere paura, l’una per l’altra, perché la morte le ha colte dall’alto, improvvisamente e inesorabilmente, senza lasciare loro alcuno scampo. Il fronte della guerra si trovava a 30 km da loro, eppure le due ragazze stavano trascorrendo una “normale” serata estiva in un ristorante molto frequentato anche dai giornalisti internazionali. Pizze sui tavoli, coca-cola, risate. Poi, il boato, l’esplosione, i due missili, la veranda della pizzeria in frantumi, il fumo, i cadaveri per terra, i feriti, il sangue sul viso di un neonato miracolosamente salvo. Undici le vittime in tutto di questo ennesimo atto di guerra, e 61 i feriti.

Anna e Yulia Aksenchenko avevano 14 anni e le loro foto sono diventate il simbolo della ferocia disumana degli attacchi ordinati da Putin. Un nome conosciuto da tutti gli adolescenti del mondo, temuto e studiato. Al quale tanti ragazzi hanno dedicato la propria tesina d’esame, a simbolo di un’attualità che già fa parte della storia.
Anna e Sofia, sono due ragazze fortunate e non sanno davvero perché. Nessuno sa perché dall’altra parte dell’Europa, due ragazze così simili e così diverse hanno perso tutto, condividendo con le loro coetanee la stessa innegabile innocenza e differenziandosi da loro solo per una casuale, involontaria scelta del destino.

Questa guerra, così lontana eppure così vicina, non ha distrutto vite e economie intere, ma sta lentamente modificando la percezione della casualità. Ci stiamo lentamente abituando alla tragicità della storia. Quello che era fino a un anno e mezzo fa argomento solo dei libri di storia è entrato quotidianamente nelle nostre vite, come se il XX secolo non fosse mai finito, come se la tecnologia e la dilagante comunicazione fossero solo un veicolo più tangibile rispetto alle fonti storiche cui eravamo soliti riferirci.

La storia delle due gemelle morte insieme non aggiunge e non toglie nulla alle innumerevoli stragi che qualsiasi guerra comporta. Eppure a un anno e mezzo dall’inizio di questa guerra, assurda come le altre, rappresenta l’ennesimo omicidio ingiustificabile nel quale una generazione intera, quella degli adolescenti europei che si affacciano a partecipare alla società di questo tempo, trova riferimenti particolari, la scuola e la guerra.

Un unico filo conduttore che rappresenta il simbolo della loro speranza, della voglia carnale e forse non consapevole di trovare la fiducia in un futuro che per loro è terminato martedì 28 giugno 2023, malgrado la distruzione che le circondava.

Un futuro che qui, a non molti chilometri di distanza prosegue ignaro della casualità, con la quale le nostre gemelle possono felicemente gioire di un traguardo che le loro coetanee non hanno avuto la fortuna di poter raggiungere.

La scuola in tempo di guerra e allo stesso modo in tempo di pace è l’unico baluardo della civiltà, l’unica vera arma di cui dispone l’uomo. E anche in presenza di nuove giovani vite spezzate rappresenta il minimo comune denominatore che le avvicina alla serenità effimera delle nostre inconsapevoli generazioni.

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