domenica, 28 Aprile 2024

Maternità surrogata, la storia di Vanessa e Marco: “I nostri gemelli pagati 80mila euro”

Vanessa ha superato un tumore al fegato che l'ha resa disabile al 70%, uno di quei casi oncologici che stando ai manuali di medicina avrebbero bisogno di un trapianto. Ci ha raccontato con pragmatismo e senza peli sulla lingua di quanto lei e suo marito abbiano desiderato diventare genitori "a tutti i costi", ricorrendo nel 2020 alla maternità surrogata in Ucraina.

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“Avremmo voluto adottare in Italia, ma per la mia patologia erano disposti a darci un bambino dai 6 anni in su, un bimbo di quell’età ha già un suo imprinting. Così abbiamo deciso di diventare genitori ricorrendo alla maternità surrogata in Ucraina; la nostra gestante ha percepito 26.500 euro, sarebbe assurdo se una donna lo facesse gratuitamente, in Canada la surrogacy è ‘altruistica’ solo per i creduloni”. Così, Vanessa, nome di fantasia, ci racconta con un pragmatismo che asfalta qualsiasi “retorica del dono”, il suo percorso di maternità surrogata o gestazione per altri (gpa) intrapreso a Kiev, assieme a suo marito Marco. Ma facciamo un passo indietro, partiamo dall’inizio.

Vanessa vive a Milano ed è una donna ferita da un brutto male, paziente oncologica che ha da poco superato un tumore al fegato, uno di quei casi che stando ai manuali di medicina avrebbero bisogno di un trapianto, ma che al momento pare non diano segnali d’urgenza. Lei e suo marito Marco, sposati dal 2018, vogliono un figlio a tutti i costi, lo desiderano fin dal primo momento in cui i loro sguardi si sono incrociati, così si affidano alla scienza e intraprendono un percorso di procreazione medicalmente assistita in Italia.

La patologia di Vanessa, però, la rende disabile al 70% e nonostante il nullaosta del suo epatologo, tutti i ginecologi consultati le vietano assolutamente anche solo di provare ad avere una gravidanza, anche solo di pensarla, di immaginarsi madre con un bimbo in grembo. Perché, a dire di molti specialisti, il suo fegato malandato non reggerebbe, quel pargoletto tanto agognato non potrebbe arrivare oltre il sesto mese di gravidanza e se ci riuscisse potrebbe avere molti problemi. Allora decidono di adottare, ma Vanessa è fragile per la malattia ed è già troppo in là con l’età perché le venga affidato un neonato. Secondo lo Stato per lei e Marco potrebbe andar bene un bimbo dai 6 anni in su. Non è quello che hanno in mente, è ben diverso dalla loro idea di famiglia e nel 2020 decidono di ricorrere alla maternità surrogata in Ucraina, pratica di riproduzione assistita illegale in Italia in base alla legge 40 del 2004, e che il centrodestra del Governo Meloni vorrebbe rendere “reato universale”.

Vanessa come mai non avete voluto più adottare, ricorrendo alla gpa all’estero?
“A me e Marco sarebbe piaciuto, ma avremmo dovuto aspettare almeno 5 anni perché ci venisse dato un bambino e non mi andava giù il fatto che non avrei avuto un neonato a causa delle mie patologie. Volevano darci un bambino dai 6 anni in su. Perdonatemi, assolutamente no, un bimbo di quell’età ha già un imprinting e non puoi più modificarlo. Ho sempre voluto che i miei figli, al di là del patrimonio genetico, venissero cresciuti da me. Non voglio che siano la mia copia esatta, ma che diventino adulti con le mie idee, il mio modo di pensare e di fare. Me l’avessero dato neonato non avrei avuto nulla da obiettare e l’avrei adottato nel mio Paese, ma purtroppo ci sono troppi veti. Poi spesso il bambino da adottare lo vedi la prima volta da neonato, ma ti viene dato quando ha ormai 5 anni, quindi comunque hai perso la sua crescita”.

Dopodiché avete pensato di ricorrere alla gestazione per altri.
“Esatto, da lì è partito il percorso di maternità surrogata all’estero che ci ha permesso di avere nel 2022 Eduardo e Rebecca (nomi di fantasia), due gemelli. Mio marito inizialmente era contrario, aveva paura di intraprendere questo iter perché si tratta di una pratica vietata in Italia, ma poi ci siamo informati e abbiamo capito che si sarebbe trattato comunque di figli biologici di uno dei due genitori, in questo caso di Marco. Allora abbiamo consultato due agenzie ucraine, la Gestlife e la Biotexcom, scegliendo la prima perché oltre alle sede in Ucraina, possiede anche una sede in Spagna, quindi un luogo facilmente raggiungibile per eventuali problemi, e dei referenti in Italia. Le condizioni erano le medesime, pacchetto base da 45mila euro e un tetto massimo di 80mila, a cui andavano aggiunti 2mila euro per il cesareo e 3mila euro per avere due gemelli, un maschio e una femmina. Non potendo avere figli abbiamo scelto di optare di averne due in un colpo solo. L’unica cosa che cambiava tra le due agenzie era la trasparenza, ma quello lo abbiamo scoperto in corso d’opera. Però tutte chiedevano il medesimo compenso per le gestanti. Non è vero ciò che dice il ministro della Famiglia e delle Pari Opportunità riguardo la retribuzione di 10mila euro per le gestanti, vi assicuro che vengono pagate molto di più per portare a termine la gravidanza. Le madri surrogate prendono all’incirca tra i 24 e i 26mila euro. La nostra gestante è stata pagata 26.500 euro”.

Quindi tuo marito è il padre biologico. 
“Sì. Lui inizialmente avrebbe preferito che i bambini non avessero avuto legami biologici con nessuno dei due, per non mancare di rispetto a me. Però gli ho detto che non era assolutamente il caso, perché, viste le sentenze, è chiaro che se c’è il genitore biologico il bambino è intoccabile e non uscirà mai dal nucleo familiare. L’unico problema in cui si poteva incorrere era proprio una falsificazione in atto pubblico, ovvero che se avessi fatto registrare i certificati dei bambini come figli miei e quindi con il mio nome avrebbero potuto crearmi delle rogne in Italia. Non volevo incorrere in alcun problema, a me non interessa se non hanno i miei geni, per me sono i miei figli e non si discute. Io li ho visti nascere, crescere e non ci penso mai che non hanno nulla di mio a livello genetico”.

Avete pagato la gestante un totale di 26.500 euro, ciò significa che queste donne ricevono un pagamento oltre al rimborso spese nei 9 mesi di gravidanza?
“Sì, vi è un pagamento a parte per la prestazione di surrogazione. La gestante mensilmente faceva esami ed ecografie, quindi ogni mese l’agenzia ci dava i costi delle visite che venivano poi decurtati dal suo compenso. Poi facendo la somma di tutto, noi abbiamo dato a questa donna 20mila euro solo per il servizio che ci ha offerto, più 6mila spalmati nell’arco dei nove mesi per le spese dovute alla gravidanza, al suo benessere e quello dei bambini. Ci tengo a sottolineare come non sia assolutamente vero che queste persone sono obbligate a farlo, si tratta di una loro personalissima e liberissima scelta. Mi è capitato di parlare con le tante badanti ucraine o georgiane che lavorano in Italia e ho chiesto loro se tornando indietro nel tempo sarebbero state disposte a diventare madri surrogate. Molte mi hanno risposto di sì, perché in questo modo non si sarebbero allontanate dalla famiglia e avrebbero guadagnato 20mila euro in 9 mesi e non in 4 anni. Nessuno obbliga queste donne, sono loro a proporsi come gestanti. Ovviamente ci sono delle condizioni per rientrare nel percorso, come godere di buona salute, non avere oltre i 40 anni, insomma rispettare determinate caratteristiche. La gestante deve aver già partorito e suo marito deve essere d’accordo nel firmare per l’utero in affitto. Chiunque non abbia già avuto un parto non può accedere alla maternità surrogata, perché potrebbero crearsi complicazioni delle quali non sei a conoscenza se non sei mai stata incinta. Invece avendo già affrontato un’esperienza del genere, bene o male, sanno già come dover affrontare una gravidanza”.

In Canada le gestanti devono avere un lavoro e una buona posizione economica per diventare madri surrogate. Come funziona in Ucraina?
“Non sappiamo in che condizioni siano le gestanti a livello economico. Sappiamo, invece, che queste donne si presentano in agenzie della fertilità come la Biotexcom e la Gestlife proponendosi come donatrici di ovuli o madri surrogate. Vengono analizzate in base alle loro caratteristiche e scelte per la donazione o la surrogacy. Anche la donatrice di ovuli ha diritto a un rimborso, la nostra ha preso 1.150 euro di transazione ed è una retribuzione corretta per questo tipo di servizio, perché parliamo di persone che devono sottoporsi a una stimolazione ovarica e infine a un intervento chirurgico. In Italia gli ovuli mancano proprio perché la donazione è a titolo gratuito e la donna che dona dovrebbe pagarsi tutte le spese, è ingiusto. Si dice che nemmeno il cane meni la coda per niente”.

Quando avete deciso di fare la gpa con la Gestlife come avete preso contatti con loro?
“Abbiamo preso contatti con l’agenzia tramite il loro sito internet e siamo stati chiamati dal referente italiano che ci ha spiegato come funziona. Quest’ultimo ci ha detto che la donatrice avremmo potuto selezionarla attraverso un database e che non avremmo dovuto pagare alcun supplemento per sceglierla, perché avevamo già acquistato il pacchetto premium in cui questo servizio era compreso. Se invece avessimo comprato un pacchetto base, avremmo dovuto dare 2mila euro in più, di cui mille per la donna che ci avrebbe donato gli ovuli e mille per l’agenzia. Noi abbiamo voluto sceglierla visionando delle foto, perché preferivamo che i nostri figli avessero dei bei lineamenti dovuti anche alla madre biologica. Mentre per quanto riguarda la gestante è stata l’agenzia a occuparsi della ricerca di una donna che volesse l’impianto di due embrioni, quindi che volesse portare a termine una gravidanza gemellare, dopodiché ci ha inviato delle sue foto. Con la Gestlife non puoi scegliere la madre surrogata, sono loro a procurarti una persona affine alla tua richiesta, che sia disposta anche a portare avanti la gpa nel periodo dell’anno che tu richiedi”.

Durante la gravidanza siete mai andati in Ucraina per conoscere la gestante?
“Noi personalmente abbiamo incrociato la madre surrogata solo al momento dello scambio del suo compenso, poi tutti i contatti con lei sono avvenuti mediante lettere, messaggi, foto, un rapporto epistolare intercorso grazie all’interprete dell’agenzia che si occupava di tradurre dall’ucraino all’italiano. Poi l’abbiamo rivista dopo il parto, in Georgia, dove, per la sua sicurezza e quella dei piccoli, avevamo deciso tramite l’agenzia di farla trasferire a causa della guerra in Ucraina. I nostri bambini sono nati all’ottavo mese in Georgia e noi non eravamo là. Siamo arrivati nei successivi 3 giorni per ritirarli e portarli con noi, e abbiamo chiesto alla gestante se volesse vederci e parlare con noi mediante l’interprete. Però durante i 9 mesi noi non l’abbiamo mai vista. Se avessimo voluto vederla avremmo potuto andare in Ucraina, ma noi siamo stati sempre molto rispettosi nei suoi confronti e non ci andava di violare la sua privacy. Le abbiamo sempre chiesto se potevamo mandarle lettere, se potevamo avere delle foto o potevamo incontrarla; addirittura io le ho detto che mi sarebbe piaciuto assistere al parto, pur essendo una cosa molto privata e una libera scelta della gestante. Siamo sempre stati del parere che pur avendo pagato non avevamo assolutamente alcun diritto su di lei in quanto persona. Lei inizialmente ci ha detto che non ci sarebbero stati problemi nell’assistere al parto, poi, però, con il conflitto in corso tutto è diventato più complicato e non abbiamo potuto esserci. Poi è un essere umano e con il giusto compenso ci stava facendo un favore, per questo non abbiamo mai preteso di violare la sua privacy, in nessun modo”.

Quindi per evitare che i bambini nascessero nei bunker ucraini, a causa della guerra, la gestante è stata spostata in Georgia. Quanto vi è costato?
“Per salvaguardare lei e i bambini abbiamo deciso di spostarli in Georgia, nella capitale Tibilisi. Lei quando è scoppiato il conflitto ci ha scritto un paio di lettere in cui era spaventata perché erano stati sistemati in alcuni bunker sotterranei sempre dell’agenzia. Poi io sono umana e penso che affrontare una gravidanza, pur essendo un qualcosa che non potrò purtroppo mai provare, non sia affatto un qualcosa di semplice e non oso immaginare come ci si possa sentire se si è incinta durante una guerra. Allora ho fatto trasferire la gestante con suo figlio in Georgia. Ciò che sappiamo è che sono arrivati a destinazione senza subire nulla, ovvero in perfetta salute. Purtroppo suo marito è stato chiamato sotto le armi e non ha potuto spostarsi con lei. A Tibilisi la Gestlife non aveva proprio una sede, ma si appoggiava a un’altra agenzia georgiana, assorbita da loro poco tempo fa. La gestante è stata mandata in un appartamento pagato da noi fino al mese successivo al parto, perché c’era bisogno fosse tenuta sotto controllo per un determinato periodo di tempo. Quindi noi oltre al pacchetto abbiamo dovuto pagare 3.400 euro di affitto dell’appartamento, più le spese di viaggio. Quando abbiamo proposto alla gestante questo trasferimento ci ha inviato una lettera per ringraziarci, non si aspettava che saremmo stati disposti anche a sostenere quest’ulteriore spesa. Probabilmente molte altre gestanti invece sono state lasciate lì, nei bunker”.

Nelle lettere che vi siete scambiati con la gestante le avete mai chiesto se si sentisse sfruttata?
“Sì, ma lei ha sempre negato e ci ha spiegato che con quei soldi avrebbe costruito una nuova casa in Ucraina per i suoi genitori, dato che la loro era stata bombardata. Ci ha sempre detto che il nostro pagamento le sarebbe servito per dare una vita migliore alla sua famiglia e un futuro al suo bambino. Vorrebbe che il figlio andasse a studiare fuori dall’Ucraina, diventasse un medico e si occupasse un domani di pratiche di procreazione medicalmente assistita”.

Quando avete deciso di fare la gpa ne avete parlato con le vostre famiglie e i vostri amici? Come l’hanno presa?
“Noi ne abbiamo parlato con tutti, lo sanno sul mio posto di lavoro, lo sanno i miei genitori e quelli di Marco. Addirittura mia nonna che ha 95 anni ne è a conoscenza e giustamente non mi pare abbia compreso bene in cosa consista, perché sono dinamiche a lei sconosciute. I miei sono sempre stati molto aperti, condividevano con me questo progetto, perché ho sempre detto che se non mi fossi sposata avrei cercato di farlo da sola. I miei suoceri invece non erano d’accordo, la vedevano come una forma di sfruttamento, ma hanno accettato la cosa e non hanno mai messo becco nelle nostre decisioni. Quando siamo tornati in Italia con i bambini la gioia è stata immensa, sono i nostri figli e i loro nipoti. Domani i miei bambini sapranno come sono venuti al mondo, dove e perché, non ho intenzione di nascondere loro niente. Farò vedere tutta la documentazione e dirò loro che se vogliono scoprire dove sono nati potranno prendere un volo per Tibilisi. Dirò ai miei figli anche il nome della loro mamma surrogata, ma non potrò purtroppo accompagnarli da lei perché non abbiamo mai saputo dove abitasse in Ucraina, per una questione di privacy”.

Quindi non potevate scegliere di avere rapporti con la gestante dopo la nascita?
“No, le agenzie Biotexcom e Gestlife lo vietano. Secondo me è una scelta mirata di queste aziende per impedire alle famiglie di avere il controllo delle gestanti, vogliono averlo loro. L’ho dedotto da certi comportamenti, poi magari mi sbaglio”.

Cioè?
“Quando chiedevo all’agenzia se potevano darmi un numero o un indirizzo della gestante per inviare regali al bambino, mi hanno sempre detto che avrebbero fatto loro da intermediari. Questo mi ha sempre dato la sensazione che volessero avere il potere sulla persona, è forse l’unica cosa che non mi è mai piaciuta”.

Secondo te c’è sfruttamento nella maternità surrogata?
“Secondo me queste donne non lo fanno per loro, ma per il benessere delle loro famiglie. Poi chi commissiona un bambino in questo modo è perché può permetterselo, non si tratta di certo di una pratica per tutti, visti i prezzi. La paura più grande dei centri è che chi ha la possibilità di spendere queste somme poi aggiri l’agenzia, la aggiri e tratti direttamente con le donne, escludendo così anche il compenso dell’azienda. Perché anche l’agenzia prende il suo quorum, non è gratis. Una situazione che non mi è piaciuta, ma mi sono adeguata. Ho cercato comunque di far arrivare alla madre surrogata quello che volevo tramite terzi, so che tutto è sempre arrivato perché lei mi ha ringraziato. Però questa è forse una delle cose che mi ha fatto capire il vero potere delle agenzie”.

Quanto è stata pagata l’agenzia a parte?
Solo l’agenzia 20mila euro. In realtà tutto il percorso di maternità surrogata ci è venuto a costare 80mila euro, pacchetto premium visibile già nel catalogo del sito”.

Dopo la nascita dei gemelli in Georgia avete dovuto procedere con gli atti di nascita. Come è andata?
“In Georgia abbiamo avuto un po’ di problemi in realtà, perché la legislazione era leggermente diversa da quella ucraina. Quindi i bambini non sono stati subito iscritti e siamo riamasti bloccati 5 mesi a Tibilisi, da maggio a ottobre. Siamo riusciti a tornare soltanto perché l’avvocato Giorgio Muccio ha fatto trascrivere i bambini in Italia, in quanto figli biologici di mio marito, escludendo la surrogata e me come mamma. Ci ha assistito l’ambasciata italiana in Georgia, non so se per dovere morale, essendo noi cittadini italiani, però ci ha fornito l’avvocato, ci ha aiutato a rientrare, si è rapportata con gli organi pubblici che si occupavano di questi casi sul territorio georgiano. Massima disponibilità. Ovviamente quando noi ci siamo recati dall’ambasciatore abbiamo raccontato della nostra maternità surrogata. Il vice ambasciatore e il console ci hanno detto che per obbligo di legge avrebbero fatto una segnalazione, trattandosi di una pratica illegale in Italia. Da quello che sappiamo, in un anno 450 coppie di italiani si recano lì per la gpa”.

La stampa italiana parla di un totale di 250 coppie all’anno che si recano nei Paesi dove è legale la gpa…
“Sono più di mille coppie italiane eterosessuali all’anno che ricorrono alla surrogata, queste sono le statistiche stilate dai 3 principali avvocati che si occupano di gpa. Numeri a cui vanno aggiunte le coppie omogenitoriali. Parliamo di dati che continuano a crescere in modo esponenziale”.

Quando siete rientrati in Italia cosa è successo?
“Abbiamo preso un volo per l’Italia, siamo tornati a casa nostra e, onde evitare qualsiasi tipo di problema giuridico, abbiamo scelto di non registrare me sugli atti di nascita come madre, ma solo mio marito. Così da dicembre io ho avviato l’adozione facilitata dei due gemelli, che praticamente permette al coniuge o convivente da un certo numero di anni, in grado di dimostrare la relazione di convivenza, di adottare i figli della persona con cui sta, nei casi in cui l’altro genitore biologico sua venuto a mancare o che all’atto del parto abbia rinunciato a quel bambino per svariati motivi. La pratica è stata presa in carico a febbraio, anche qui le tempistiche sono molto lunghe. Il Tribunale di Milano ci ha richiesto la documentazione”.

I bambini hanno la cittadinanza italiana?
“Sì, perché sono figli di un italiano, quindi per iuri sanguinis sono italiani. È per quello che l’ambasciata è stata obbligata a intervenire nonostante questa pratica in Italia sia illegale. Loro hanno gli stessi diritti di un bambino nato in Italia, l’unica cosa è che io non ho al momento alcun diritto su di loro. I miei figli sono stati assistiti come cittadini italiani fin dal primo momento, nessuno ci ha mai respinto, né ci ha detto nulla, anzi, l’ambasciata si è interessata molto a noi, si sono spesi molto. Quindi questo mi fa pensare che ci sia un controsenso, perché la maternità surrogata è vietata nel nostro Stato, ma se una famiglia la compie all’estero e poi in quel Paese si trova nei guai, comunque l’ambasciata l’aiuta a tornare a casa. Mi risulta tutto un po’ strano, è vero che si tratta di un cittadino italiano e la sua ambasciata non può far a meno di aiutarlo… Perché ti aiutano se hai fatto qualcosa che qui sarebbe punibile?”

Quindi se il ddl di Fratelli d’Italia che vorrebbe rendere la gpa “reato universale” dovesse passare, secondo te non cambierebbe nulla per le coppie ricorse alla surrogata?
“Si tratta di una legge che ci metterebbe comunque in difficoltà, costringendoci a combattere in ogni caso. Poi però ci ritroveremmo dinanzi alla Corte di Strasburgo che ha già emanato una sentenza in merito, dichiarando che la maternità surrogata non può essere un reato universale perché se l’atto è stato fatto secondo le leggi del Paese in cui è avvenuta la surrogata, l’Italia è obbligata a trascriverlo così, in quanto non è stato commesso nessun reato. Tuttavia, è una legge che infastidisce, allunga le tempistiche e fa spendere dei soldi alle coppie. Il Governo potrà pagare a Strasburgo le multe fino a quando vorrà, svuotando le casse dello Stato italiano, ma prima o poi dovrà legiferare sulla gpa. Non farlo sarebbe solo l’ennesimo pasticcio, come quello creato dalla circolare del ministero dell’Interno inviata dai Prefetti ai sindaci in merito al blocco della trascrizione degli atti di nascita dei figli di coppie omogenitoriali, soprattutto composte da due uomini, perché lì è palese che siano ricorsi a una surrogata in assenza utero. Il nostro è un Paese che si incaponisce contro la surrogacy solo per questioni politiche e di voti degli elettori che una volta facevano parte del partito democristiano, quindi tutti quelli che io chiamo ‘benpensanti’ e ‘bigotti’. Se l’Italia legalizzasse la gpa dovrebbe far a meno di quei voti e invece si accaparrerebbe quelli delle persone benestanti. Perché, ripeto, si tratta di una pratica che si può permettere chi ha un certo reddito e sta bene economicamente, noi abbiamo speso 80mila euro per mettere al mondo due bambini, non bruscolini e le banche non ti prestano soldi al giorno d’oggi senza problemi. L’talia sta cercando di dare un colpo al cerchio e uno alla botte per non perdere voti da entrambe le parti, ma prima o poi devono decidere da che parte stare”.

Cosa rispondi a quella parte delle femministe che ritiene la maternità surrogata un mercato di donne e bambini?
“Prima di criticare bisognerebbe chiedere ai diretti interessati se veramente per loro si tratta di sfruttamento, quindi andare in Ucraina e chiedere a chi ha fatto la gestante se si è sentita sfruttata. La gpa non può essere assolutamente paragonata allo stupro come hanno detto alcuni. Dovremmo chiedere a una donna che è stata stuprata se avesse preferito dare il suo utero in affitto, piuttosto che subire violenze sessuali. La pedofilia è un’altra cosa ed è sicuramente più aberrante della surrogazione. Secondo me il pensare comune in questo Paese è un problema serio, viviamo di cliché sociali che probabilmente e fortunatamente con le nuove generazioni si andranno ad azzerare. L’Italia è un popolo di vecchi ed è per questo che la maggioranza ritiene che la gpa sia una cosa aberrante, ma questo tipo di idee spariranno assieme alle nuove generazioni. Io ho 36 anni e non mi sembra strano vedere due donne o due uomini mano nella mano, però sicuramente non sono abituata a questa ‘normalità’ come invece lo è un ragazzino di 15 anni”.

Secondo il ministro Eugenia Roccella ci sarebbero dei “connotati razzisti” nella gpa, perché le agenzie avrebbero dei cataloghi di donatrici in cui gli ovuli delle donne bianche costerebbero di più di quelli delle donne nere. Come funziona?
“Non è assolutamente vero. Non vi è alcun catalogo, è l’agenzia che in base alle tue caratteristiche fisiche ti dice di avere un certo numero di donne con i tuoi tratti somatici e poi eventualmente ti manda le dieci foto tra cui tu puoi scegliere. Non è vero che ci sono differenze di prezzo. Nelle agenzie sono disponibili tutte le etnie, noi ad esempio abbiamo incontrato una coppia spagnola in Georgia e loro hanno optato per una donatrice ispanica, pagando il nostro stesso prezzo. Le donatrici di ovuli prendono tutte lo stesso compenso, così come le gestanti che possono anche non essere per forza ucraine, ce ne sono molte armene o di altre etnie, ma che vivono in Ucraina. Poi è ovvio che se sei bianco cercano di non darti un ovulo di una donna che ha il colore della pelle diverso dal tuo”.

Che ne pensate della proposta di legge dell’Associazione Luca Coscioni che vorrebbe legalizzare la “Gravidanza per altri solidale“?
“Non la trovo sbagliata, ma mi viene da dire che se in Italia mancano gli ovuli perché le donatrici non hanno nemmeno un rimborso e devono pagarsi tutto, non capisco come potrebbe accadere per le madri surrogate. Nessuna donna lo fa gratuitamente e vi dico che in Canada è ‘gratuita’ o ‘altruistica’ solo per i creduloni, perché le surrogate prendono dei compensi a parte ‘sotto banco’. Non risultano transazioni dalla coppia intenzionale alla gestante, ma le vengono dati soldi in contanti. Non viene scritto nulla, ma questo tipo di pagamento avviene sempre. Come fanno a girare i soldi della mafia in Italia? Nello stesso modo! In Canada spacciano la maternità surrogata per una pratica su base altruistica, ma non è così. Ci siamo informati tramite le agenzie, ci sono persone che hanno fatto la maternità surrogata in Canada e hanno confermato che è solo una farsa, perché il pagamento fatto direttamente alla donna non viene tracciato, ma c’è. Negli Stati Uniti i costi sono più alti, perché la sanità è privatizzata e la gpa costa 200mila dollari. Ci sono molti Stati americani in cui è risaputo che la surrogazione sia su base commerciale e la gestante sia ricompensata direttamente, stipulando con lei un contratto senza agenzie intermediarie. Lì funziona diversamente, vi sono centri che ti forniscono queste persone disposte a fare le surrogate, dai a queste agenzie mille o 2mila euro e poi entri direttamente in contatto con loro. So per certo che in America i contratti con le gestanti siano anche molto vincolanti, mentre in Ucraina non è così. Negli Stati Uniti nel contratto che stipuli davanti al notaio con la surrogata vi può anche essere una clausola imposta dalla coppia committente, ovvero che la donna non può avere rapporti sessuali con il marito durante la gravidanza. Ciò per me è un abominio, perché significa violare la privacy di queste persone. Noi sapevamo che la nostra gestante non beveva, non fumava, era in salute, ma non le abbiamo mai detto se poteva o non poteva fare sesso con il marito. È per me una cosa ingiusta e crudele”.

Pensate che avere un figlio sia un diritto?
“Sì, per il semplice fatto che nella Costituzione c’è il diritto alla famiglia, ovvero composta da genitori e figli”.

Non avete paura dei giudizi degli altri e che i vostri bambini da adulti abbiano dei problemi all’interno della nostra società?
“Assolutamente no. Non ci interessa affatto, temo solo che un domani altri bambini possano chiamare i miei figli ‘bastardi’, solo perché io non sono la loro madre genetica. Però, ci sta se detto da un bambino che afferma sempre ciò che pensa, ma se dovesse venir detto da un adulto interverrei io e risponderei a dovere. Ma al di là di questa paura, a me dell’opinione pubblica non frega nulla. Perché se dovete giudicarmi, dovete fare il mio percorso, mettervi le mie scarpe e intraprendere la mia strada, altrimenti dovete solo girarvi dall’altra parte e tacere. Ognuno fa le sue scelte per il tragitto di vita che ha compiuto, giuste o sbagliate che siano”.

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