giovedì, 25 Aprile 2024

Trent’anni di Bioetica, Mori: “In futuro scontri maggiori. Vaticano perpetra una moralità che va superata” – VIDEO

A Roma presso il Campidoglio si è tenuto il convegno per il trentennale di Bioetica Rivista Interdisciplinare. Una giornata che ha offerto l'occasione a medici, filosofi e giuristi di pungolarsi su quanto sia stato fatto per l'affermazione di libertà e diritti in materia di fine e inizio vita. Ne abbiamo parlato con Maurizio Mori, presidente della Consulta di Bioetica.

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«Questa giornata celebra ciò che è stata e ha rappresentato Bioetica Rivista Interdisciplinare negli ultimi trent’anni in Italia e offre l’occasione per prospettare le linee di possibili sviluppi futuri». Così si è espresso Maurizio Mori, professore di Filosofia morale e Bioetica all’Università degli Studi di Torino, nonché presidente della Consulta di Bioetica, durante il convegno che ha celebrato il trentennale del periodico venerdì 18 novembre a Roma, presso la Sala Protomoteca del Campidoglio. Una giornata intellettualmente e moralmente intensa, che ha offerto l’occasione a bioeticisti, medici, professionisti sanitari, filosofi e giuristi di confrontarsi, pungolarsi a vicenda su quanto sia stato fatto e ci sia ancora da fare per l’affermazione delle libertà proprie e altrui, dinanzi alle strade d’inizio e fine vita che la scienza continua a tracciare.

«La rivista – ha spiegato ai nostri microfoni Mori – è stata ed è un importante tentativo accademico, seppur limitato, di proporre in modo interdisciplinare e pluralistico tematiche di natura bioetica. È indubbio che abbia lasciato un certo segno nel dibattito pubblico, consentendo nel Paese di evitare la guerra culturale, continuando a mantenere aperto il dialogo tra le diverse prospettive. Credo che sia stato raggiunto un grande risultato, di importante valore, e che probabilmente debba essere implementato per il tempo futuro in cui si prospettano scontri ancora maggiori».

Durante il convegno si è parlato di come Bioetica sia stata fin dall’inizio degli anni ’90 il grembo in cui ha preso vita l’idea del biotestamento, che in quel periodo sembrava futuristica e insensata, ma che dal 2017 è diventata realtà grazie alla legge 219. Inoltre, si tratta del primo periodico che ha affrontato il caso Eluana Englaro, quando l’Italia non aveva mai sentito parlare di accanimento terapeutico ed eutanasia. Trent’anni di numeri e testi che hanno favorito la discussione etica e sociale sulla riproduzione medicalmente assistita, permettendo di approdare alla legge 40 del 2004 e al referendum del 2005 per abrogare le limitazioni ancora presenti nella norma. Tutte questioni, assieme alla maternità surrogata e il diritto all’aborto – tematiche già sviscerate con il presidente della Consulta nel corso delle nostre conversazioni -, affrontate nelle varie fasi dell’evento.

Il dibattito è stato presieduto da personalità che hanno riscritto la storia della coscienza etica nel progresso scientifico, come Mario Riccio, anestesista che aiutò Piergiorgio Welby nel porre fine alla sua sofferenza, battendosi per il diritto alla morte dignitosa, Beppino Englaro, padre di Eluana e uno dei principali attivisti per l’etica laica e le disposizioni anticipate di trattamento, Caterina Botti, professoressa di Filosofia morale all’università La Sapienza di Roma e socia della Consulta impegnata nella riflessione femminista. Abbiamo intervistato ognuno di loro e prossimamente sarà possibile ascoltare e leggere il loro pensiero sulla nostra testata. Il convegno, guidato dai filosofi Giacomo Orlando, Piergiorgio Donatelli e Mariella Immacolato, la giurista Marilisa Somma e la giornalista Adriana Pannitteri, si è svolto sotto lo sguardo di 300 persone, di cui più della metà studenti che hanno colmato ogni angolo della sontuosa stanza capitolina. La loro partecipazione è un dato forte da cui emerge l’interesse delle nuove generazioni, ne abbiamo parlato proprio con Mori a margine della tavola rotonda.

Professore sono tantissimi i giovani incuriositi dalle battaglie sui diritti civili. Secondo lei la bioetica è riuscita a uscire dai Palazzi?
«Dunque in un senso no, in un altro sì. Non è riuscita a uscire dai Palazzi perché la bioetica parte sempre dall’idea di argomentare in modo razionale le varie assunzioni e questo diventa difficile farlo anche con i giovani, perché a volte più attratti dalla tifoseria da curva nord e curva sud, meno inclini al dibattito pluralistico civile. Però in un altro senso la bioetica è riuscita a venirne fuori di fatto, è evidente che si stia istituzionalizzando sempre più nella società. Nel senso che prima si trattava di problemi considerati d’élite, come i temi dell’aborto e altri, perché le pratiche sociali continuavano a essere quelle tradizionali. Mentre adesso la tecnica consente di far sì che queste pratiche si radichino e così diventano questioni di massa, con l’esigenza di avere modalità nuove per aprire il dialogo a tutti».

Crede che il Vaticano influisca ancora sul nostro modo di riflettere e affrontare le questioni bioetiche? 

«Io ho sempre sostenuto che l’etica cattolica è in realtà una forma di Ippocratismo, si tratta di processi molto più lunghi di una stagione. È chiaro che il Vaticano influenzi, ma a sua volta è anche portatore di concezioni molto più profonde. L’Ippocratismo di cui parlo ha radici greche, anteriori addirittura alla nascita del Cristianesimo. Certo, resta il fatto che il Vaticano è sempre un centro di potere che continua a strutturare le questioni etiche, come d’altronde fa la Chiesa Cattolica nelle varie articolazioni. Basti pensare che qualche giorno fa è stato pubblicato il testo della Giornata della Vita 2023 in cui si esprime il concetto che “la morte non è mai una soluzione“, proposizione sbagliata perché, oltre al fatto che la morte c’è di fatto, ma a volte la vera soluzione sta proprio nell’avere una fine dignitosa. Questo è solo un esempio che rende bene l’idea di come il Vaticano, attraverso questi meccanismi, continui a perpetrare una moralità tradizionale che oggi va superata».

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