venerdì, 26 Aprile 2024

Mamma e figlia fuggite da Kiev scampate alla guerra, in Italia scoprono di essere malate: “Dell’Ucraina non resta niente”

«A Kiev avevo un lavoro, che riesco in qualche modo a gestire a distanza. Ma quel giorno, quando scappai, lì persi tutto. Vorremmo tornare a casa nostra, certo. Chi non lo vorrebbe». Mamma e figlia fuggite dall'Ucraina e colpite da una malattia terribile, oggi vivono grazie alla rete di solidarietà.

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«Ero a Kiev il giorno in cui sono iniziati i primi bombardamenti. Ricordo che lasciammo tutto nel giro di pochi minuti: lavoro, la corsa a casa per recuperare i documenti, il lungo viaggio in macchina lasciandoci indietro il nulla, ormai. Avevamo perso tutto, da ieri a oggi, la nostra vita non esisteva più». Con un nome di fantasia la chiameremo Natalka, ha 40 anni, è ucraina, e ci racconta l’inferno di Kiev, iniziato per lei lo scorso febbraio. Una storia particolare, che richiede cura e tanto ascolto, perché narra di vite spezzate e di ricordi che resteranno sempre impressi nella memoria, portando con sé profondi traumi. «Tutto è accaduto così rapidamente. Ricordo ancora la sensazione di confusione e paura che provai. Lasciammo tutto, avevamo con noi solo i documenti, viveri e qualche vestito. Dopo 15 giorni di viaggio in auto, arrivai in Italia. Ero così stanca, stremata. I primi tempi mi accolse un amico, dormivo nella sua barca. Dopo mi rivolsi al Comune di Ravenna, che mi mise in contatto con la Caritas diocesana e da lì – prosegue Natalka – il passaggio alla fondazione socio-sanitaria “Opera di Santa Teresa del Bambino Gesù” di Ravenna. Grazie a Filippo, che si occupa dell’accoglienza e sistemazione degli ospiti, da diversi mesi alloggio alla Casa della Carità San Giuseppe della fondazione».

«Da qualche giorno è arrivata mia madre, anche lei fuggita dall’Ucraina. Purtroppo, entrambe necessitiamo di cure mediche, lei per un problema alle gambe, io per una forma tumorale che mi è stata diagnosticata. Con noi la sorte non è stata clemente, purtroppo. Fortunatamente in Italia – aggiunge la 40enne – ho incontrato solo belle persone che mi hanno teso la mano, venendomi incontro. Ringrazio tutti i collaboratori della Caritas e dell’Opera di Santa Teresa. Senza di loro non so come avrei fatto».

Da Kiev a Ravenna: la ripartenza

Natalka, oggi, ha un alloggio alla Casa della Carità dell’Opera di Santa Teresa, che condivide con la mamma. Una vita da ricostruire senza sapere bene da che punto iniziare. Ampia, per fortuna, la rete di persone e volontari su cui può contare. Alla domanda sul suo possibile rientro in Ucraina, non sa dare risposte sicure. «A Kiev avevo un lavoro, che riesco in qualche modo a gestire a distanza. Ma quel giorno, quando scappai, persi tutto. Vorremmo tornare a casa nostra, certo. Chi non lo vorrebbe. In questo momento spero soltanto che questa terribile guerra finisca, il tempo passa e tanta gente sta morendo. Del mio Paese non resta più nulla. Tanti giovani soldati stanno affrontando questo conflitto, frutto della malvagità umana, come tutte le guerre. Tanti ucraini, ma anche tantissimi russi, costretti. Vedi gli uomini che stanno lasciando la Russia pur di non andare al fronte. Spero nell’intervento dell’Europa, molti miei connazionali stanno patendo il freddo e la mancanza di cibo e di acqua. Adesso con l’inverno alle porte, sarà ancora più dura. Ci sono tanti bambini, donne, anziani che hanno bisogno di aiuto. Grazie a tutte le persone, ai volontari, alle associazioni e fondazioni che hanno accolto in Italia e nel mondo chi ha lasciato disperato l’Ucraina».

Storie di carità e ospitalità: 36 persone accolte alla Casa della Carità San Giuseppe

Di storie simili, purtroppo, la Casa della Carità San Giuseppe dell’Opera di Santa Tersa del Bambino Gesù ne conosce diverse. Qui si trovano infatti famiglie, bambini, con alle spalle un passato difficile. Il servizio offerto dall’Opera di Santa Teresa funge da “ponte” per aiutare questa gente nella prima fase, delicata, di inserimento in un contesto nuovo. Da qui poi l’attivazione del percorso con gli assistenti sociali, per aiutarli a trovare una migliore sistemazione nel territorio. La Casa della Carità dell’Opera di Santa Teresa lo scorso 1° ottobre ha festeggiato il suo primo compleanno. «È passato un anno dall’inizio di questo importante progetto, condiviso con la Caritas diocesana Ravenna-Cervia e che dal 1° ottobre 2021 può accogliere un numero al momento massimo di nove persone in turnazione. Il periodo di permanenza è infatti di tre mesi, prolungabile in base alle necessità e al singolo caso», spiega Filippo Botti Responsabile Attività Istituzionali dell’Opera di Santa Teresa.


Filippo Botti e alcune ospiti della Casa della Carità

«A oggi sono ben 64 le richieste complessivamente pervenute per poter accedere alla Casa di accoglienza. Un numero considerevole e certamente destinato a crescere, viste le difficoltà di questi tempi. Come Opera e in sinergia con la Caritas Diocesana, stiamo lavorando per accogliere un maggior numero di ospiti al fine di dare “sollievo”, seppur temporaneo, a quante più persone possibili. Per una risposta più efficace e di prospettiva è tuttavia imprescindibile potenziare il contribuito del Servizio Sociale Associato del Comune di Ravenna e dei suoi operatori, soprattutto nella fase successiva all’inserimento della persona nel contesto della Casa. In particolare, occorre dare continuità alle azioni condivise durante la stesura del progetto individuale dell’ospite, per arrivare a un contesto abitativo indipendente. Reperire soluzioni alternative alla Casa della Carità, nelle situazioni di emergenza abitativa, sta diventando infatti sempre più difficile» afferma Botti.

«Questo progetto –  aggiunge Daniela Biondi, Vice Direttrice della Caritas diocesana – è nato perché crediamo nella dignità e unicità di ogni persona partendo dall’ascolto. Crediamo nell’importanza delle relazioni, perché prendersi cura di chi è escluso, di chi sta attraversando un momento di fragilità può far sentire amati e può dare fiducia nel futuro».


Opera di Santa Tersa del Bambino Gesù

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