Il vertice del Coni Giovanni Malagò ha parlato al giornale Il dolomiti mettendo in chiaro l’esigenza di dare un’accelerata in vista delle olimpiadi italiane del 2022. I problemi non sono pochi, dal costo dell’energia alla viabilità. Il fatto che siamo a meno di 3 anni e mezzo dalle olimpiadi deve servire da stimolo per muoversi bene e in fretta. “L’idea di olimpiadi multi-sede era anche in direzione di migliorare strutture già esistenti, piuttosto che migliorare la viabilità in alcune zone del nord Italia. Le olimpiadi presentano concreta occasione di ridurre i tempi, altrimenti troppo lunghi, di realizzazione delle opere”. Con queste parole Malagò ci tiene a ribadire come non si possano commettere gli errori di Torino 2006. Questa volta servono delle olimpiadi che lascino il segno, ovviamente dal punto di vista sportivo, ma anche se non soprattutto delle strutture che verranno lasciate in dote.
Anello del ghiaccio a Baselgà di Pinè il progetto più a rischio
Malagò ha sottolineato a più riprese quanto i progetti in pancia non saranno tutti realizzabili nel corso dei 3 anni e 5 mesi che ci separano dalle olimpiadi, soprattutto in termini di viabilità, e che molti se non tutti sono necessari non solo in funzione dell’edizione dei giochi olimpici del 2026. “In Italia siamo super organizzatori e gli altri paesi invidiano i nostri eventi, però ci troviamo sempre all’ultimo istante utile con gli iter, e molte volte questo si traduce in un nulla di fatto”. È importante rimanere fedeli al dossier presentato in occasione della candidatura, e per cui l’Italia è stata votata. In questo momento le strutture più in ritardo sono Pinè per il pattinaggio di velocità, per cui la fase di progettazione sta volgendo al termine, e il Bob di Cortina“.
La realizzazione dell’anello di ghiaccio sembra essere quella che arriverà più in ritardo, sempre che arrivi. Malagò ha però ribadito come non ci sia l’intenzione del Cio di fare marcia indietro sul piano e che farlo rappresenterebbe una scelta “poco seria”. “Dobbiamo metterci nell’ordine di idee che abbiamo lavorato per costruire un dossier per svolgere delle Olimpiadi su più territori: qui a Baselga di Pinè abbiamo l’unico impianto per il pattinaggio velocità. È anche un Centro federale che dobbiamo valorizzare, sostenere e migliorare. Sono le procedure utilizzate anche per Anterselva con il fondo, Bormio e Cortina per la parte alpina”. “L’Italia – evidenzia Malagò – è stata votata e ha ottenuto fiducia su quel piano: si dovrebbe cercare di cambiare il meno possibile rispetto a quanto scritto e presentato”.
Miglioramento delle vie di comunicazione
Un’Olimpiade spalmata su Lombardia e Trentino e Alto Adige evidenzia la necessità di vie di comunicazione di livello per poter collegare tutti i campi gara. Ovviamente sarà difficile realizzare tutti i progetti prima del 2026, l’intenzione è però quella di non fare marcia indietro. “I finanziamenti ci sono e alcuni progetti sono a terra. Le incertezze sono i tempi di attuazione. Qualcosa sarà già pronto per l’appuntamento a cinque cerchi, qualcosa sarà pronto a cavallo del 2026 e qualcosa dopo. Questi eventi possono migliorare alcuni aspetti della viabilità, opere che verrebbero comunque appaltate: la storia insegna che le Olimpiadi possono accelerare la realizzazione di determinate infrastrutture. A Roma c’era solo l’aeroporto di Ciampino, Fiumicino era in previsione: l’hub è entrato a regime dopo le Olimpiadi e credo che sia servito”.
Malagò ha rimarcato come sia giusto fare delle riflessioni, ma devono essere tutte mirate al miglioramento del progetto e in nessun modo distruttive, visto anche il “precedente Roma“. “In Trentino, per esempio, si sarebbe dovuti intervenire comunque, questo grandissimo evento diventa un’occasione per migliorare determinate infrastrutture. E’ un dato di fatto”.
Impatto ambientale? “Gli atleti sono vittima”
Malagò ha voluto sottolineare come, aldilà delle manifestazioni ambientali contro le olimpiadi che sembrano dover esserci di default, sia importante rimanere focalizzati sul fatto che siano olimpiadi a basso impatto ambientale, e che questo rappresenti uno dei punti forti del dossier presentato in sede di candidatura. “Rispettiamo le posizioni di tutti, anche se alcune sembrano contrarie a prescindere e per principio. Questi sono i Giochi olimpici invernali con meno impatto e con la maggior parte degli impianti già realizzati e operativi”.
Continua Malagò: “Quindi non si fanno più le Olimpiadi? E quindi cancelliamo anche tappe di coppa del mondo e agenda internazionale? Alle nostre atlete e ai nostri atleti cosa raccontiamo? Le atlete e gli atleti non non sono responsabili ma vittime del cambiamento climatico. Tanti sono testimonial per sensibilizzare sul rispetto dell’ambiente e se si impedisce a queste figure di essere un sostegno a queste idee e progetti, forse c’è un cortocircuito”.
Settore del ghiaccio rischia disastro epocale causa costo energia
È stato anche affrontato il tema del costo energetico alle stelle che sicuramente non aiuta le strutture del ghiaccio italiane. Malagò ha invocato l’intervento volto al sostegno di quest’ultime da parte del governo, prima che sia troppo tardi. “Abbiamo affrontato questo argomento nella Giunta e nel consiglio nazionale. È necessario un intervento mirato e preciso della politica, tutti hanno problemi spaventosi. Ci sono società e discipline sportive più energivore di altre, le piscine e le attività collegate, per esempio, sono in difficoltà ma il settore del ghiaccio è quello messo peggio di tutti”.
Malagò poi prosegue: “Sono in costante contatto con il presidente della Federghiaccio, Andrea Gios il quale è presente e pressante, e ha descritto con competenza il grido di allarme di 55 impianti a capo della filiera, tutti in gravissima crisi: qualcuno non ha aperto, qualcuno ha aperto ma è in procinto di chiudere, qualcuno sarà costretto a chiudere se non si inverte il trend. Rischia di essere un disastro epocale. È urgente che il nuovo governo predisponga un intervento, prima che il malato muoia: non si parla di cifre clamorose e si potrebbe fare velocemente un intervento tampone con un contributo ai costi energetici che sono cresciuti tantissimo per poi vedere quanto dura questa crisi”.