Attualità, costume, sport o semplicemente operazione nostalgia? Risponderete voi a questa domanda, sorta una volta guardata la foto a corredo del pezzo. Una piccola curiosità. Sapete chi ha pubblicato l’immagine su Facebook? Il Nobel per la Fisica Giorgio Parisi. Già, perché Facebook non è solo amore, odio, tifoserie o chissà quanto altro. Facebook è il luogo nel quale un cervellone come Parisi condivide emozioni. L’emozione di una chiesa dal cui tetto son venuti giù tanti palloni. Ci troviamo ad Ascoli Piceno, la chiesa è quella di San Tommaso Apostolo, situata nell’omonima piazza. Una gru impegnata nelle operazioni di pulizia del tetto lo sgombera e lascia cadere sul selciato una decina di palloni da calcio. Perché non provate a contarli?
Se permettete, le notizie sono due: la leggerezza – “che non è superficialità”, come ci ha insegnato Italo Calvino – dell’insigne studioso italiano, e il tornare indietro. Seppur per un istante, per uno scatto. Quello scatto che torna a farci sentire Nicola Berti come quando giocavamo a pallone per strada; quello scatto d’ira rivolto al compagno di squadra o all’avversario vai a vedere per quale motivo, forse solo per farci a botte; quello scatto di volgarità per il pallone finito sul balcone mentre tiravamo un calcio non proprio alla van Basten. E poi la chiesa: per noi piccole pesti la chiesa, diciamocelo, era solo il pallone. Giocare a pallone in parrocchia, se aveva un campetto pure di cemento, giocare fuori della chiesa perché c’era più spazio. Lo stesso spazio, poi, quasi interdetto dal negoziante a fianco che si vedeva l’ennesima sfera sfiorare la vetrina e vedeva le sue sfere rotare. Lo stesso spazio, però, che noi giovani degli anni ’80 bloccavamo non appena stava per passare una persona anziana, una famiglia, o chiunque avevamo imparato a rispettare.
Ed è proprio lì, sul pavé, che abbiamo imparato (non tutti) a campare, ad ascoltare i più grandi e a vivere in maniera civile, dopo essercele date di santa ragione. Lì, con le ginocchia rosse sangue e le mani nere di polvere, abbiamo cementato le nostre Amicizie: sì, con la maiuscola, perché sono quelle che ti rimangono. Sono quelle cui magari non ti rivolgi mai, ma sai che basta un tocco e ci vediamo da te. Quelle Amicizie che in alcuni casi hanno transitato strade al limite e perfino oltre la legalità, ma questo non ti consente di guardare col sopracciglio alzato chi una volta è caduto. Ecco: abbiamo imparato anche questo. Siamo caduti, ci siamo rialzati e adesso siamo qui a scrivere, oppure a fare lavori di fatica. Quella fatica mai sentita durante le interminabili partite di calcio sul marciapiede o sul sagrato della chiesa.