martedì, 30 Aprile 2024

Delitto d’onore e matrimonio riparatore: a 40 anni dall’abrogazione non è ancora finita

Sono passati esattamente 40 anni dall'abrogazione del matrimonio riparatore e del delitto d'onore. Franca Viola è stata la prima donna a rifiutarsi di sposare il suo stupratore. La battaglia per i diritti di tutti e tutte non è ancora finita.

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5 agosto 1981.
Sono passati esattamente 40 anni dal giorno in cui il Parlamento italiano ha deciso che le disposizioni sul delitto d’onore e sul matrimonio riparatore venissero abrogate. La legge sul delitto d’onore prevedeva qualcosa che è possibile paragonare ad un’attenuante: chi uccideva il coniuge, la figlia o la sorella nel momento in cui scopriva un’illegittima relazione carnale, trovandosi in uno stato d’ira provocato dall’offesa recata al suo onore o quello della famiglia, era punito con una reclusione irrisoria, da tre a sette anni. La stessa pena a chi, nella stessa circostanza, uccideva la persona trovata in illegittima relazione carnale con il coniuge, con la figlia o sorella. Se il colpevole provocava una lesione personale, le pene previste per il delitto di lesioni venivano ridotte a un terzo, mentre se dalla lesione personale derivava la morte, la pena era della reclusione da due a cinque anni.

In poche parole, se uccidevi un estraneo andavi all’ergastolo, se uccidevi il tuo o la tua consorte, figlia o sorella te la cavavi in pochi anni. Fortunatamente, il Parlamento Italiano abrogò la rilevanza penale della causa d’onore, una disposizione tremenda e umiliante soprattutto per le Donne che ne erano le vittime più colpite. Purtroppo si trattava di un “residuo legislativo” del Codice Rocco, in netto contrasto con il Nuovo Diritto di famiglia e divorzio, vigenti da tempo nella legislazione italiana, oltre che con il concetto di Giustizia.

Anche il matrimonio riparatore fu un lascito malgradito del Codice Rocco, era previsto dal Codice penale e regolamentato dall’art.544. Si trattava di una pratica brutale e disumana che consentiva al carnefice di una violenza sessuale di poter “riparare” l’onore della famiglia offesa, sposando la vittima. Conveniente, no? Chi non vorrebbe sposare il proprio stupratore? Purtroppo allora il reato carnale era considerato un reato contro la pubblica morale e non contro la persona, ed era quindi reputato un reato minore. Il colpevole di stupro estingueva così il reato di violenza carnale: sposando la vittima e prendendosi carico di tutte le responsabilità matrimoniali; evitando così la pena definitiva. In molti casi era proprio la famiglia della vittima a sollecitare il matrimonio riparatore per poter ripristinare l’onore perduto. Vedevano la pratica come unica soluzione, anche perché la vittima, non essendo più illibata, avrebbe incontrato più difficoltà nel trovare marito.

In questo contesto, di ignoranza ed ingiustizie, la storia di Franca Viola grida un messaggio di speranza. Sfidando ogni convenzione sociale, Franca è la prima donna a rifiutare il matrimonio riparatore. La vicenda inizia nel 1965 ad Alcamo, in Sicilia, dove viveva. Era fidanzata con Filippo Melodia. Quando Franca scopre che è accusato di appartenenza mafiosa scioglie immediatamente il fidanzamento, ma per Melodia quell’atto è inaccettabile, iniziando così a minacciare lei e la sua famiglia.

Durante il periodo di Natale, Filippo rapisce la donna e la violenta, segregandola in un casolare nelle campagne siciliane per otto giorni. A Capodanno poi, la famiglia Melodia convoca quella di Franca per la cosiddetta “paciata”, ovvero l’incontro in cui le famiglie venivano messe al corrente della situazione e si definivano i termini del matrimonio.
Franca e la sua famiglia però si ribellano denunciando Filippo che viene condannato ad undici anni di carcere.

Il caso Viola diventa così di importanza nazionale e Franca stessa diventa uno dei più potenti simboli dell’emancipazione femminile. Anche grazie alla sua storia, nel 1981 la norma sul matrimonio riparatore viene finalmente eliminata dal Codice penale, facendo così un passo in più nella realizzazione delle pari dignità morali e giuridiche tra coniugi sancite nell’art. 29 della Costituzione, su cui combattiamo ancora oggi. Solo 15 anni più tardi, nel 1996, lo stupro viene finalmente riconosciuto come reato contro la persona.

Figure come Franca Viola rappresentano nella storia un inno di coraggio e progresso. A quarant’anni dall’abrogazione di queste leggi disumane la battaglia per i diritti, di tutti, non è ancora finita. No, perché le donne sono ancora oggetto di maltrattamenti e umiliazioni, non godono ancora dello stesso trattamento sul lavoro e nella vita sociale. Faticano a farsi ascoltare, faticano a ottenere rispetto più per ciò che sono che per la loro avvenenza.

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