sabato, 27 Aprile 2024

Donazione organi, la storia di Gabriele: “Il trapianto di fegato una seconda vita”

Spesso ci dimentichiamo il valore di ogni singolo giorno, tendiamo a dare per scontata la salute. Gabriele racconta come a 38 anni il trapianto di fegato lo abbia salvato dalla morte: "In un giorno mi è crollato il mondo addosso".

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Questa esperienza mi ha fatto capire quanto siano importanti la salute, la vita e la donazione degli organi”. Spesso ci dimentichiamo il valore di ogni singolo giorno, tendiamo a dare per scontata la salute, quando in realtà è la cosa più preziosa che possediamo, e ci sentiamo immortali, ma immortali non siamo. Nessuno di noi pensa realmente che la vita possa finire da un momento all’altro, ma ci sono esperienze che ci segnano, e ci insegnano la sua importanza. È questo il caso di Gabriele, che ci racconta come a 38 anni si sia trovato faccia a faccia con la morte e come il trapianto di fegato sia stata la sua salvezza e l’inizio della sua seconda vita.

1 – Perché ti sei dovuto sottoporre a un trapianto di fegato?
2 – Che tipo di patologia era quella che ti ha colpito da piccolo?
3 – Avendo già la diagnosi, quanto tempo è passato da queste analisi sballate al trapianto?
4 – Emotivamente, com’è stata l’attesa del trapianto?
5 – Queste sono le paure per dopo l’intervento. E invece la paura di non trovare un donatore?
6 – In ospedale ti hanno detto entro quanto tempo sarebbe stato possibile il rigetto?
7 – Dopo l’intervento hai avuto la paura del rigetto?
8 – Com’è cambiata la tua vita dopo il trapianto?
9 – Parliamo della donazione degli organi…
10 – Togliendo il tuo caso nello specifico, i maggiori fattori di rischio per arrivare a un trapianto di fegato sono alcool, droga e alimentazione scorretta. C’è qualcosa che vorresti dire alle persone che non si curano di questi aspetti, abusandone in maniera sconsiderata?

Perché ti sei dovuto sottoporre a un trapianto di fegato?
Mi sono dovuto sottoporre a un trapianto per una patologia contratta all’età di 3 anni a causa di un errore medico, che mi ha danneggiato fegato e parte dell’intestino. Ho tenuto la malattia sotto controllo per decenni. Ho sempre fatto una vita regolare, priva di eccessi, con controlli periodici, non frequenti come adesso, ma regolari.
Le cose andavano abbastanza bene, le transaminasi uscivano sempre un po’ alte, ma niente di preoccupante, ma nell’estate del 2019 ci siamo resi conto che la situazione era degenerata, avendo sintomi come: urina molto scura; occhi gialli, a detta di parenti e colleghi, anche se io non me ne rendevo conto; la pelle gialla che io non notavo, anche perché facevo un lavoro molto stressante che mi impegnava dall’alba a notte e pensavo che la causa di questo fosse la stanchezza. Con analisi approfondite è risultata una situazione completamente fuori controllo, quindi sono stato ricoverato d’urgenza e da lì c’è stata tutta la trafila che mi ha portato al trapianto.

Che tipo di patologia era quella che ti ha colpito da piccolo?
Rettocolite ulcerosa con colangite sclerosante e un’altra patologia del fegato che sinceramente non mi ricordo.

Avendo già la diagnosi, quanto tempo è passato da queste analisi sballate al trapianto?
Sono stato ricoverato d’urgenza il 24 settembre all’ospedale di San Pietro a Roma, ma lì non c’era il reparto specifico di epatologia, quindi sono rimasto circa una settimana, sono venuti specialisti da fuori che hanno fatto tutti i controlli del caso e hanno appurato che la situazione era molto grave.
Mi hanno poi trasferito al policlinico Tor Vergata, dove hanno visto che il fegato non funzionava più e la milza stava svolgendo le sue funzioni, arrivando a raggiungere quasi il doppio delle sue dimensioni normali. Lì mi hanno detto chiaramente: “L’unica speranza che hai di sopravvivere è metterti in lista per un trapianto di fegato”. Mi hanno inserito nella lista d’attesa e l’età ha giovato a mio favore (maggiore è l’età, minore è il successo di un trapianto), quindi dal momento del ricovero alla chiamata per l’intervento sono passati circa 25 giorni.

Tempi fortunatamente molto brevi…
Sì, i tempi non sono stati lunghi perché sono passato in testa sulla lista ed è stato trovato un fegato compatibile da un donatore deceduto, che io ringrazierò a vita e che prego tutte le sere. La mattina successiva alla chiamata, sono entrato in sala operatoria alle 10 e ho subito 14 ore di intervento; sono stato due giorni e mezzo in terapia intensiva (esperienza che non auguro a nessuno, la reputo l’anticamera della morte, lì non ti rendi conto del tempo che scorre, se è notte o giorno, e non hai alcun tipo di autonomia, devi affidarti completamente agli altri). Poi mi hanno spostato nel reparto di epatologia.

Emotivamente, com’è stata l’attesa del trapianto?
È stata un dramma, perché andavo incontro a una cosa che non potevo sapere come sarebbe andata a finire. Quando mi hanno avvisato che avrei dovuto affrontare il trapianto, una delle dottoresse ha proprio detto: “Abbiamo il 70-80% delle possibilità di riuscita, perché lei è giovane, ma c’è quel 20-30% di probabilità che vada male”. E se va male, muori. Quindi in un giorno mi è crollato il mondo addosso. Tutti i programmi che una persona si fa per la vita, progetti, figli, il pensiero di non rivedere più le persone amate, è lacerante.

Queste sono le paure per dopo l’intervento. E invece la paura di non trovare un donatore?
Onestamente non ho avuto questa paura. Ho dato per scontato che ci fosse qualcuno compatibile. Mio fratello ha fatto il test, ma è risultato incompatibile.

In ospedale ti hanno detto entro quanto tempo sarebbe stato possibile il rigetto?
Sì, mi hanno detto massimo due anni, ma se ci fosse stato un rigetto si sarebbe visto subito dopo l’intervento. Invece, già dai primi controlli andava tutto molto bene, presenti alti e bassi, come ci sono ancora oggi, ma i valori sono sempre stati nella media. Dopo il trapianto ho avuto una ricaduta, perché perdevo molto peso, circa un chilo e mezzo al giorno. Io, che in condizioni normali sto intorno agli 82 chili, ero arrivato a 64 chili e quindi mi hanno ricoverato di nuovo per una settimana e piano piano sono riusciti a rimettermi in forma.

Dopo l’intervento hai avuto la paura del rigetto?
Certo che ce l’ho avuta. Soprattutto ai primi controlli, particolarmente ravvicinati l’uno con l’altro, ero molto attento ai valori degli esami e a tutto il resto. Chiedevo sempre tante informazioni, temevo di avere brutte sorprese.

Com’è cambiata la tua vita dopo il trapianto?
È cambiata totalmente perché, dopo un’esperienza del genere, la guardi sotto un altro aspetto. Capisci che i programmi non si possono fare, la vita può cambiare da un momento all’altro, pure da oggi a domani, quindi devi godertela appieno giorno per giorno. Impari ad apprezzare tutto quello che hai, tutto quello che ti si presenta, e comprendi che ciò che hai al di fuori della salute è un lusso. Anche dal punto di vista fisico è cambiato tutto nettamente. Sto molto attento al regime alimentare: se prima mi concedevo di rado qualche sgarro, adesso ho abolito vino, superalcolici, fritti, funghi e tutto ciò che può creare fastidio al fegato. Un’alimentazione sana è alla base della salute, per chiunque, non solo per chi ha subito un trapianto.

Questa storia dà grandi insegnamenti. Quando vedo la gente che si arrabbia per tutto, che vive la vita in maniera nervosa… ma chi ve lo fa fare? Ci sono cose peggiori! Quando stai sul letto di morte, quando stai in terapia intensiva, quando hai vissuto queste esperienze con i tuoi occhi e ti rimarranno dentro per sempre, se una cosa va male sul lavoro o non va come vorresti tu, impari che non vale la pena.

Parliamo della donazione degli organi…
Questa esperienza mi ha fatto capire quanto sia fondamentale la donazione degli organi. Ogni donatore può salvare sette vite, è per questo che, subito dopo la convalescenza, mi sono iscritto all’A.I.D.O. (Associazione Italiana per la Donazione di Organi) e mi auguro che ci siano sempre più persone che capiscano la sua importanza. Sull’argomento c’è molta disinformazione, ma per fortuna si sta ampliando la conoscenza di questa tematica, infatti c’è la possibilità di iscriversi all’associazione al momento del rinnovo della carta d’identità elettronica, senza dover compilare alcun modulo aggiuntivo.

Togliendo il tuo caso nello specifico, i maggiori fattori di rischio per arrivare a un trapianto di fegato sono alcool, droga e alimentazione scorretta. C’è qualcosa che vorresti dire alle persone che non si curano di questi aspetti, abusandone in maniera sconsiderata?
Assolutamente! Vorrei dir loro innanzitutto che la vita è un dono, che è una sola e che bisogna fare di tutto per tenercela stretta perché non abbiamo una seconda occasione. Se la butti via, hai finito, quindi perché rovinarsela per un abuso di alcool, o un’alimentazione sbagliata o massacrarsi con la droga, o altre cose? Bisogna cercare di usarla in altre maniere, magari coltivando le proprie passioni. Si deve vivere in modo più determinato. La vita è una, godetevela!

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