sabato, 27 Aprile 2024

Tunisia, il Governo nega l’ingresso nel Paese a delegazione dell’Unione Europea

La visita era in programma da tempo, ma solo nella giornata di ieri alla delegazione Afet dell'UE è stato notificato il divieto di entrare in Tunisia. Tra gli obiettivi della visita quello di valutare la condizioni politiche e democratiche nel Paese dopo la stretta autoritaria del governo di Kais Saied.

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Nella giornata di ieri, mercoledì 13 settembre, il Governo tunisino ha chiuso le porte alla delegazione della Commissione Affari Esteri del Parlamento Europeo (AFET), la quale avrebbe dovuto restare nel Paese per due giorni – dal 14 al 16 settembre. La comunicazione è arrivata tramite una lettera – postata su Twitter dall’esperto di affari europei David Carretta – nella quale si legge chiaramente il divieto imposto dal Ministro degli Affari Esteri, dal quale non trapela nessuna motivazione esplicita, se non l’accenno ad alcune “molteplici riserve” avute in precedenza.

La visita avrebbe dovuto essere la naturale prosecuzione di quella precedente dell’aprile 2022, alla quale, tra gli altri, aveva preso parte anche l’italiano Andrea Cozzolino, europarlamentare dal 2009. In quell’occasione gli inviati UE avevano avuto modo di confrontarsi con il Presidente Kais Saied, il quale aveva loro presentato tutti i passi che intendeva seguire per ristabilire una situazione politica ed istituzionale regolare all’interno del Paese. Tra le tappe illustrate nel breve-medio termine, un passaggio fondamentale riguardava il referendum costituzionale, poi tenutosi il 25 luglio.

I risultati schiaccianti (92/93%) avevano visto trionfante l’iper-presidenzialismo voluto da Saied, seppure il tasso dei votanti si fosse limitato al 27% degli aventi diritto al voto, dato che non era previsto nessun quorum. Tra le prerogative del Presidente venivano così fatti rientrare non solo i poteri istituzionali e il controllo sul Governo e la magistratura, ma anche la ratifica delle leggi, il comando delle Forze Armate e l’esame in via “prioritaria” delle sue proposte al Parlamento. Si prevedeva, inoltre, che il Presidente potesse svolgere due mandati di 5 anni ciascuno, con la possibilità di prolungarli, nonché sciogliere il Parlamento autonomamente. D’altra parte, nessun contraltare: un potere sostanzialmente assoluto e incontrastato, tanto che la nuova Costituzione non ammette alcuna disposizione per l’impeachment, rendendo il Capo di Stato inamovibile dalla carica. Per far comprendere l’alta preoccupazione riguardo a questa svolta autoritaria, è sufficiente osservare come lo stesso Sadok Belaid, il giurista che aveva redatto l’iniziale testo per la nuova Costituzione – poi modificato dal Presidente – si sia dissociato dalla proposta, ritenendola pericolosamente indirizzata verso l’instaurazione di un regime dittatoriale. 

Alla luce di questi fatti, ben si comprendono le cause motrici della delegazione per gli Affari Esteri, che avrebbe dovuto esattamente analizzare le condizioni della democrazia nel Paese. Gli obiettivi primari riguardavano la promozione e il sostegno di un “dialogo nazionale inclusivo” nel Paese, nonché la valutazione del memorandum d’intesa firmato tra l’Europa e la Tunisia nello stesso mese di luglio – il quale prevede aiuti finanziari al governo tunisino da parte dell’UE, in cambio di un impegno del Governo medesimo per limitare le partenze dei migranti dalle coste nazionali. La delegazione sarebbe stata composta dai deputati tedeschi Michael Gahler e Dietmar Koster, insieme ai francesi Salima Jenbou, Mounir Satouri ed Emmanuel Maurel, i quali avrebbero dovuto dialogare con alcuni membri della società civile, con i sindacati e con alcuni esponenti dell’opposizione politica al Presidente Kais Saied. Come da prassi, i componenti erano stati scelti da estrazioni partitiche diverse, nello specifico Partito Popolare Europeo (PPE), Alleanza progressista dei socialisti e dei democratici (S&D), Renew (un gruppo liberale costituitosi nel 2019), Partito Verde Europeo (o Verdi Europei) e Partito della Sinistra Europea.

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