giovedì, 2 Maggio 2024

Fine vita, il caso di Gloria è il terzo iter attuato a Treviso. Consulta di Bioetica: “La morte medicalmente assistita è un atto di pietà umana”

La Consulta di Bioetica offre una riflessione sui recenti sviluppi inerenti alla procedura di suicidio medicalmente assistito. Alla luce della crescenti richieste nel nostro Paese, si rende sempre più necessaria una coscienza giuridica, sanitaria e morale che sostenga questa nuova pratica sociale.

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Nei giorni scorsi è stata diffusa la notizia del suicidio medico assistito di Gloria, 78enne di Treviso, afflitta da un tumore incurabile. Alla luce delle novità che hanno riguardato il percorso della 78enne, la Consulta di Bioetica Onlus ha proposto una riflessione organica e costruttiva per approntare i prossimi passi verso un fine vita consono e accessibile.

Stando alla nota del professor Maurizio Mori, già docente di Filosofia Morale all’Università di Torino, presidente dell’associazione e membro del Comitato Nazionale di Bioetica, in primo luogo, è utile ripercorrere i due casi precedenti a quello di Gloria. In Italia la prima richiesta è stata quella di Federico Carboni, per i media Mario, 44enne tetraplegico per più di 10 anni a seguito di un tragico incidente stradale. Il 16 giugno 2022, grazie all’assistenza del dottor Mario Riccio – che è stato il punto di riferimento anche per Gloria – la libera scelta di Federico è venuta a compimento, non senza iniziali resistenze da alcuni settori delle istituzioni sanitarie marchigiane. A intervenire per appianare le difficoltà sono stati il Tribunale di Ancona, appellandosi al rispetto della Sentenza n.242/19 della Corte costituzionale, e l’Associazione Luca Coscioni. Grazie a quest’ultima Federico ha potuto contare su una raccolta fondi di 5mila euro, essenziale per finanziare il farmaco letale e le attrezzature necessarie.

La seconda richiesta è stata in Toscana, da parte di un cittadino di Pisa. Grazie all’assistenza del dottor Paolo Malacarne – membro della Consulta di Bioetica- la ATNO (Azienda USL della Toscana Nord Ovest) ha preso in carico la procedura, in sinergia con il Comitato per l’Etica Clinica. Questo caso, avviato nella primavera del 2021, è stato affrontato con la preparazione e la delibera degli organi preposti, senza particolari ostacoli procedurali. Nell’estate del 2021, per volontà del paziente assistito, il caso si è chiuso spostandosi verso una scelta diversa da quella del suicidio assistito, in accordo con i medici curanti nell’ambito delle cure palliative.

Infine, la terza paziente già ricordata è stata la veneta Gloria. Un caso che offre precedenti cruciali, vista l’assenza di mediazione da parte di un tribunale e la completa fornitura di farmaci e attrezzature da parte dell’Azienda sanitaria.

Queste tre situazioni mostrano in modo incontrovertibile come la sensibilità e la domanda per la possibilità di autodeterminarsi al termine della propria vita stiano crescendo. Come ha osservato Vladimiro Zagrebelsky, già giudice della Corte europea dei Diritti dell’Uomo, l’assistenza medica al suicidio dovrebbe essere inclusa nei LEA, ossia i Livelli Essenziali di Assistenza. Mariella Immacolato, medico legale presso ESTAV-Toscana, ha invece evidenziato il significato culturale e morale del coinvolgimento diretto delle istituzioni sanitarie in questi procedimenti. Mettere a disposizione dei pazienti i farmaci e i macchinari necessari non risponde solo a un’esigenza di natura economica, ma fa emergere come il diritto al fine vita nasca all’interno della coscienza medica e profondamente umana, senza essere strettamente imposto da norme giuridiche.

Per quanto siano fondamentali e auspicabili leggi apposite che tutelino il percorso di SMA, ad oggi è sempre più evidente che siamo di fronte alla nascita di una nuova pratica sociale la cui essenza si radica innanzitutto nel desiderio, naturale e comprensibile, di mettere fine a condizioni di vita insostenibili. Come la Consulta Bioetica ricorda sul suo sito, con una citazione di Stuart Mill, l’individuo è sovrano su se stesso, sulla propria mente e sul proprio corpo. Aiutare chi lo richiede a liberarsi da uno stato non più di vita, ma di sopravvivenza, è un gesto di pietà ed empatia. Ragione per cui questi progressi devono essere accolti e incentivati con spirito etico e civile.

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