giovedì, 25 Aprile 2024

Ucraina, un anno di guerra: le parole diventate dominio di tutti

Da circa un anno dominano le conversazioni. Nelle strade, nei locali, nei palazzi delle istituzioni, su reti televisive e computer, come all'interno dei dossier di funzionari incaricati: sono alcuni vocaboli diventati ormai dominio di tutti.

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Da circa un anno dominano le conversazioni. Nelle strade, nei locali, nei palazzi delle istituzioni, su reti televisive e computer come all’interno dei dossier di funzionari incaricati: sono alcuni vocaboli diventati ormai dominio di tutti. La Storia, infatti, è scandita da alcuni momenti che creano un prima e un dopo; per capire cosa succede tra il prima e il dopo, potrebbe essere utile fare riferimento ad alcune espressioni che segnano marcatamente gli eventi. Per intenderci, sono quelle parole che sui manuali di storia vengono generalmente definite parole chiave e racchiuse in schede di approfondimento. Queste, poi, entrano nei discorsi politici, caratterizzano titoli di giornale, accendono dibattiti tra colleghi sui luoghi di lavoro e utenti nei social.  Nel giorno dell’anniversario dell’invasione militare dell’Ucraina da parte della Russia, mi sono chiesto quali sono le parole che hanno caratterizzato le nostre giornate, i nostri caffè, le pause dal lavoro e i messaggi via chat in questi ultimi 12 mesi. Mi sono domandato quali espressioni, tra tutte quelle possibili, verranno probabilmente inserite come parole chiave nei manuali futuri.

Escalation

Se provate a digitare sui motori di ricerca la parola escalation, subito dopo la definizione suggerita dalla Treccani troverete soltanto rimandi alla guerra in Ucraina. No, non è semplicemente dovuto al fatto che Google o simili riportino notizie di attualità: la parola escalation è parte integrante di questo delicato momento storico, ed è utilizzata costantemente da politici, militari, giornalisti e cittadini comuni. In epoca recente è stata impiegata durante le guerre etniche nell’ex Jugoslavia in riferimento al fatto che il conflitto, regionale, abbia poi coinvolto grandi potenze mondiali. Sulla questione Donbass, invece, si tende ad utilizzarla in riferimento al progressivo aumento di attacchi militari da parte del Cremlino sul confine orientale dell’Ucraina. Nelle scorse settimane il Governatore di Lugansk ha notificato il raggruppamento massiccio di truppe russe intorno alla regione, ammonendo circa una nuova possibile escalation militare in occasione dell’anniversario dell’invasione. Nelle ricerche sul web a livello mondiale, secondo Google Trends, la parola sarebbe stata digitata soprattutto negli Stati Uniti e nel Canada. In Europa, curiosamente, saremmo noi italiani ad averla digitata più volte.

Donbass

È, sostanzialmente, l’oggetto di contesa tra Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky. Bacino industriale dell’ex Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, è oggi a tutti gli effetti territorio nazionale dell’Ucraina. Comprende le Regioni di Lugansk e Donetsk, storicamente russofone e filorusse, in cui forze separatiste il 6 aprile 2014 hanno occupato palazzi governativi. Il Cremlino è intervenuto a difesa delle autoproclamate Repubbliche contro le forze governative ucraine. L’intento di Putin sarebbe, secondo media occidentali, quello di creare un ponte con la Crimea, annessa sempre nel 2014. Il Donbass sarebbe, inoltre, una risorsa non indifferente. La parola è pronunciata costantemente dai gerarchi militari. Le reti televisive e i giornali l’hanno utilizzata soprattutto durante i primi mesi del 2022, per poi preferire fare riferimento semplicemente a “confine orientale” dell’Ucraina.

Sanzioni

L’espressione “sanzioni economiche” o “sanzioni individuali” è ormai sulla bocca di tutti. Perché le “misure restrittive nei confronti della Russia in relazione all’Ucraina“, come definite dal Consiglio dell’Unione europea sul proprio sito ufficiale, tendono a riguardare anche la popolazione europea e occidentale. Basti pensare ai problemi legati alla distribuzione del gas. Le sanzioni mirerebbero a “indebolire la base economica della Russia” e dei suoi alleati Bielorussia e Iran (secondo il Consiglio dell’Ue la Bielorussia è coinvolta attivamente nell’invasione e l’Iran starebbe fornendo droni al Cremlino). La parola “sanzioni” è stata l’arma, per così dire, diplomatica, delle istituzioni occidentali. Stati Uniti e Unione europea ne hanno fatto il loro cavallo di battaglia nella crociata mediatica contro il Cremlino. Sarebbe in arrivo il decimo pacchetto di misure restrittive, come annunciato dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, che riguarderebbe circa 11 miliardi di euro. La mossa degli avversari di Putin, invece, ha creato accesi dibattiti tra la popolazione europea: le sanzioni alla Russia non starebbero fermando l’avanzata del Cremlino, come sostenuto fieramente da Mosca, e creerebbero invece danni agli approvvigionamenti europei.

Minaccia nucleare

Il Cremlino vorrebbe sospendere la partecipazione al Trattato sulla riduzione delle armi nucleari (New Start, preceduto da altri quattro accordi, il primo dei quali è stato formalizzato nel 1991) firmato con gli Stati Uniti a Praga nel 2010. Lo ha dichiarato il presidente russo Vladimir Putin durante il discorso alla Nazione e la notizia è stata riportata dalle varie agenzie di stampa agli ordini di Mosca. “Non ci stiamo ritirando, ma dobbiamo difenderci” avrebbe dichiarato il vice presidente del Consiglio di Sicurezza russo, Dmitrij Anatol’evič Medvedev, sottolineando che la Russia vorrebbe capire come viene monitorato l’utilizzo del nucleare di altre potenze, come Regno Unito e Francia. Questo tipo di armi crea tensione a livello mondiale, perché l’utilizzo creerebbe danni irreparabili. L’espressione compare costantemente all’interno dei dossier sul tavolo di funzionari vicini alle istituzioni occidentali o filorusse. Gli uomini di Putin hanno comunque assicurato che continueranno a rispettare gli standard quantitativi previsti dagli accordi.

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