martedì, 16 Aprile 2024

Pnrr, Meloni taglia con Draghi: tecnici in ritardo su obiettivi saranno cambiati. Corte dei Conti in pressing su scuole e asili

Il pressing dell'Unione Europea e della Corte dei Conti per la gestione del Pnrr, una situazione frustrante per un esecutivo nato pochi mesi fa. Ecco che la destra spinge sul pulsante rosso nel tentativo di scaricare ciò che non va a chi li ha preceduti. Staccarsi da Draghi per alleggerirsi e mostrare il vero volto del Governo Meloni.

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Sul Pnrr non ci sono ritardi“, tutti gli incontri hanno mostrato la tabella di marcia dell’Italia “e anche il governo Meloni ha confermato di voler rispettare la tabella di marcia. So benissimo che non sarà facile far rispettare gli impegni ma il Governo farà rispettare i tempi“. Queste le parole del commissario Ue all’Economia Paolo Gentiloni al programma condotto da Lucia Annunziata su Rai3 “in Mezz’ora in più”. Dichiarazioni che lasciavano trasparire un certo ottimismo, eppure nel giro di poche ore potrebbe andare tutto per il verso opposto. Giorgia Meloni ha infatti manifestato l’intenzione di voler cambiare i tecnici che seguono il Recovery Plan con una norma da inserire nel Decreto, almeno tra dicembre e gennaio. In questo modo, i ministri in carica avranno la possibilità di azzerare le unità di missione che seguono il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Un’autentica rivoluzione all’interno dei dicasteri. Un azzeramento delle strutture che finora non avrebbero funzionato, arrancando o peggio frenando la realizzazione del Pnrr. L’esecutivo guidato da Meloni è pronto dunque a una manovra estrema, di riflesso rispetto all’estremo ritardo che la Penisola ha sul Recovery Plan.

I nuovi compiti dei ministri

Secondo questa nuova misura, che sarà varata nel giro di un mese, i ministri in carica avranno la possibilità di azzerare le unità di missione del Pnrr attive in ogni ministero. Qualcosa resterà, anche perché premere il tasto reset in questa fase non sembra la scelta migliore. La norma, dunque, non avrebbe nessuna volontà o intento di avviare uno spoil system rispetto alle cariche e alle strutture nominate dal governo Draghi che sarebbero altrimenti inamovibili fino al 2026. Si sente, invece, la necessità di smuovere le cose, di liberare un ingorgo che altrimenti andrebbe a travolgere la destra che governa. E poi, beninteso, ci si dà sempre la possibilità di mettere sotto pressione chi rischia e spingerlo a fare di più forse, certamente meglio.

Rottura totale con Draghi

Leggasi anche come mossa per tagliare i ponti con chi ha preceduto a Palazzo Chigi Giorgia Meloni. Un gesto forte, intenso, nel quale il nuovo esecutivo si gioca tutto per raggiungere un risultato operativo e uno politico. Per il primo aspetto si spera di migliorare le performance nel raggiungimento degli obiettivi e nella capacità di spesa dei ministeri. Mentre per raggiungere il secondo risultato, occorrerà evidenziare all’Europa che le mancanze risalgono, come crede la destra, a errori di chi guidava prima il tutto. Mettere in discussione l’agenda Draghi tanto usata da Partito Democratico e Terzo Polo durante la campagna elettorale.

Il pressing della Corte dei Conti

Il mancato rispetto dell’obiettivo intermedio (milestone) nazionale relativo alla selezione degli interventi da ammettere a finanziamento (scaduto il 31 marzo 2022), evidenziando il rischio che il ritardo accumulatosi pregiudichi l’obiettivo intermedio europeo di aggiudicazione dei lavori, da raggiungersi entro il secondo trimestre 2023“. La Corte dei Conti ha fatto emergere le criticità sullo stato di avanzamento del Piano per asili nido e scuole dell’infanzia, in cui l’organo raccomanda al ministero dell’Istruzione di accelerare. I magistrati contabili ricordano anche come le risorse Pnrr destinate proprio agli asili nido e alle scuole dell’infanzia ammontano a 4,6 miliardi di euro, di cui 700 milioni per progetti già in essere, altri 2,4 miliardi per la costruzione di nuovi asili nido, 600 milioni per le scuole dell’infanzia e 900 milioni per le spese di gestione.

Nella delibera, la Corte menziona quindi le spese di gestione tra le cause “dell’inadeguata risposta degli enti locali all’avviso pubblico per l’aumento dei posti negli asili nido“, raccomandando al Ministero dell’istruzione “una razionalizzazione, nonché la gestione unitaria dei fondi, da trasferire agli enti locali medesimi, destinati ai servizi educativi per i bambini al di sotto dei tre anni, correlando le spese da sostenere con i nuovi posti previsti dal Piano“. L’ultimo invito della Corte per il Ministero è quello di “completare celermente la relativa istruttoria e a sottoscrivere gli accordi di concessione con gli enti locali beneficiari, in un complessivo percorso di accelerazione a tutela dell’investimento, sia per i suoi risvolti sui migliori risultati scolastici dei bambini destinatari di istruzione prescolastica, sia per l’aumento della partecipazione femminile al mercato del lavoro, con riduzione degli attuali divari territoriali e di genere“.

Meno di 15 miliardi spesi nel 2022

In questa rivoluzione non si faranno prigionieri e sarà coinvolto anche il vertice della struttura messa su da Draghi. Infatti, esistono tre organismi sotto Palazzo Chigi e uno dipendente dal ministero dell’Economia. Su questo terreno il governo è deciso a intervenire. Il piano architettato non è ancora definito, di certo l’esecutivo Meloni è deciso a denunciare quello che finora, a loro avviso, non ha funzionato. L’aspetto particolare da evidenziare è il pesante rallentamento nella spesa delle risorse già approvate. Ricapitolando, in partenza si prevedevano oltre 33 miliardi, il calcolo è che alla fine ci si fermerà tra i 13 e i 15 miliardi, di cui una grossa fetta impiegata per interventi approvati prima dell’avvento di Draghi e poi spostati nel Pnrr. Chiaro atto d’accusa dopo aver usufruito dell’ombra Draghi per la prima fase di avvio del governo. Considerando che ha fatto caldo fino a inizio novembre, anche condivisibile. Implicito nelle modalità, forte per l’intento di chi adesso muove la macchina amministrativa. Un chiaro attacco frontale. Da questo momento in poi, probabilmente, vedremo il vero vestito del Governo Meloni.

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