venerdì, 26 Aprile 2024

Strage di Capaci, Ranucci: “Estremisti di destra complici dell’attentato”. Antimafia perquisisce Report

Ranucci: "Il motivo sarebbe quello di sequestrare atti riguardanti l’inchiesta di ieri sera su Capaci, dalla quale emerge la presenza di Stefano Delle Chiaie, leader di Avanguardia nazionale, sul luogo dell’attentato. Gli investigatori cercano atti e testimonianze su telefonini e Pc".

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Una perquisizione della Direzione Investigativa Antimafia è in corso nell’abitazione dell’inviato di Report Paolo Mondani e nella redazione della trasmissione di Sigfrido Ranucci, dopo il servizio andato in onda ieri sera, 23 maggio, in occasione del 30esimo anniversario della Strage di Capaci. A darne notizia è il conduttore stesso: “Il motivo sarebbe quello di sequestrare atti riguardanti l’inchiesta di ieri sera sulla strage di Capaci nella quale si evidenziava la presenza di Stefano Delle Chiaie, leader di Avanguardia nazionale, sul luogo dell’attentato di Capaci. Gli investigatori – spiega Ranucci – cercano atti e testimonianze su telefonini e Pc”.

Il servizio di Mondani racconta in particolare che “a Capaci Cosa Nostra non ha agito da sola: estremisti di destra e uomini di mafia, secondo testimoni e documenti ritrovati, sarebbero stati di nuovo insieme, dopo gli anni della strategia della tensione, in un abbraccio mortale costato la vita ai giudici Falcone e Borsellino. I due magistrati avevano il quadro completo”.

Il post pubblicato da Ranucci sulla sua pagina Facebook

La vicenda raccontata da Report

Il servizio di ieri sera parte da un pentito e da una testimone che dicono di aver visto l’estremista di destra Stefano Delle Chiaie a Capaci un mese prima della strage. Er Caccola (soprannome che gli venne affibbiato da ragazzino a causa della bassa statura) è morto nel 2019 senza mai aver ricevuto una condanna su questi fatti, così come è stato assolto nei processi sulle stragi italiane. Il pentito che ha parlato di lui si chiamava Alberto Lo Cicero e non era un “punciuto”, su altre vicende è stato ritenuto inattendibile dai magistrati. La testimone si chiama invece Maria Romeo. Le dichiarazioni fatte durante i colloqui investigativi, non utilizzabili processualmente, dicono che Delle Chiaie incontrava in quei giorni un boss della mafia e poi avrebbe cercato un esplosivo in una cava. I primi racconti risalgono al 1992 e sono molto probabilmente della compagna del pentito, che poi li ha reiterati nel 2006.

Procura di Caltanissetta: “Ipotesi di reato di rivelazione di segreto d’ufficio”

“Nell’ambito della trasmissione televisiva Report, andata in onda ieri sera, 23 maggio, sono state inserite le interviste al Luogotenente dei Carabinieri in congedo Walter Giustini ed alla signora Maria Romeo, dalle quali è emerso complessivamente che, nel corso delle indagini condotte nel 1992 dai Carabinieri del Gruppo 1 – Palermo, coordinate dalla Procura di Palermo, sono state fornite da parte di Alberto Lo Cicero, prima quale confidente e poi quale collaboratore di giustizia, preziose informazioni circa la preparazione della strage di Capaci (quindi prima del tragico evento), nonché circa la funzione svolta da Biondino Salvatore quale autista del latitante Salvatore Riina, molti mesi prima che lo stesso venisse catturato in compagnia dello stesso Biondino.

Tali dichiarazioni sono totalmente smentite dagli atti acquisiti da questa Procura sia presso gli archivi dei Carabinieri, sia nell’ambito del relativo procedimento penale della Procura di Palermo. Il riscontro negativo emerge dalle trascrizioni delle intercettazioni ambientali fatte nei confronti del Lo Cicero, prima della sua collaborazione, nonché da tutti i verbali di sommarie informazioni e di interrogatorio dallo stesso resi prima dei su indicati eventi. In particolare, nel corso delle sommarie informazioni in data 25 agosto 1992, il Lo Cicero dichiara di aver riscontrato delle anomalie nel comportamento di alcuni uomini d’onore poco prima della strage di Capaci, pensando però che volessero organizzare qualcosa per ucciderlo (il Lo Cicero era già stato vittima di un tentato omicidio nel dicembre del 1992), concludendo “mai avrei pensato quello che poi è avvenuto” (e cioè la suindicata strage).

Per quel che riguarda la rilevanza di Biondino Salvatore, il Lo Cicero ha affermato, sia nel corso delle discussioni intercettate, che nell’ambito degli interrogatori antecedenti alla cattura di Salvatore Riina, che il detto Biondino era l’autista del latitante Gambino Giacomo Giuseppe, arrestato già diversi anni prima delle dichiarazioni in esame, non facendo in alcun modo menzione del Salvatore Riina, se non in data 22 gennaio 1993 (cioè in data successiva alla cattura del detto latitante) “vedendo la sua immagine proprio sui giornali e in televisione, mi sono ricordato che quella persona l’ho vista qualche volta nella villa del Troia”. Allo stesso modo il Lo Cicero, sia nel corso delle conversazioni intercettate, che nel corso degli interrogatori da lui resi, al Pubblico Ministero e ai Carabinieri, non fa alcuna menzione di Stefano Delle Chiaie. Non compete a questo Ufficio esprimere valutazioni generali in ordine alla completezza e tempestività delle indagini coordinate da altra autorità giudiziaria a meno che le stesse non abbiano una rilevanza penale in un procedimento di sua competenza; qui si intende solamente affermare che sono del tutto destituite di fondamento le affermazioni circa la sussistenza di specifiche e tempestive dichiarazioni rese dal Lo Cicero sugli argomenti sopra indicati e, quindi, che sarebbe stato possibile evitare la strage di Capaci ed anticipare di alcuni mesi la cattura di Salvatore Riina.

Questa Procura ha già espresso il proprio convincimento circa la sussistenza di mandanti e concorrenti esterni nella strage di via D’Amelio, chiedendo nel processo per il c.d. depistaggio la condanna degli imputati con la contestata aggravante di mafia, riguardante la finalità di coprire le alleanze di alto livello di cosa nostra in quel periodo. Tuttavia, le difficilissime indagini che possono consentire l’accertamento della verità devono essere ancorate ad elementi di fatto solidi e riscontrati. Per tali motivi questo Ufficio, che si era imposta la rigorosa consegna del silenzio, è costretto ad intervenire per smentire notizie che possano causare disorientamento nella pubblica opinione e profonda ulteriore amarezza nei prossimi congiunti delle vittime delle stragi, che si verrebbe a sommare al tremendo dolore sofferto. Ed è proprio per verificare la genuinità delle fonti che questa Procura ha disposto una perquisizione a carico di un giornalista di Report, che non è indagato.

Tale perquisizione non riguarda in alcun modo l’attività di informazione svolta da tale giornalista, benché la stessa sia presumibilmente susseguente ad una macroscopica fuga di notizie, riguardante gli atti posti in essere da altro ufficio giudiziario. Infatti, secondo quanto accertato da questo Ufficio, in una occasione, il detto giornalista avrebbe incontrato il suindicato Luogotenente in congedo Giustini, non per richiedergli informazioni, ma per fargli consultare la documentazione in possesso di esso giornalista in modo che lo stesso Giustini fosse preparato per le imminenti sommarie informazioni da rendere a questa Procura. È necessario verificare la natura di tale documentazione posta in lettura al Giustini, che presumibilmente costituisce corpo del reato di rivelazione di segreto d’ufficio relativo alla menzionata attività di altra autorità requirente. Tale accertamento è tanto più rilevante in considerazione dell’importanza che Giustini attribuisce a tale documentazione, nonché a seguito delle contraddittorie versioni fornite da quest’ultimo in materia di comunicazione nel 1992 delle informazioni da parte dell’Arma all’Autorità Giudiziaria di Palermo”.
Il Procuratore della Repubblica
Salvatore De Luca

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