lunedì, 29 Aprile 2024

Oggi siamo a Pratozanino, la controversa storia del manicomio

La storia di un famoso manicomio ligure: aneddoti su come i pazienti conducevano le giornate e sul perchè, dopo quasi un secolo, hanno chiuso i battenti

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I manicomi sono luoghi controversi per antonomasia. In alcuni casi, visti come luoghi volti ad aiutare le persone, in altri, visti come delle vere e proprie prigioni.

Voglio raccontare di un luogo vicino a dove vivo: Cogoleto, conosciuta per il manicomio della località Pratozanino, la cui chiusura è stata un dramma, il secolo scorso.

Quanto realmente si sa sulla sua storia? Torniamo indietro al 1907, la struttura era composta da vari padiglioni con annessa la cucina, l’economato, la Casa del Direttore ed il Teatro, dove nei primi anni 20′ pazienti e operatori, inscenavano degli spettacoli.

Nel 1930 è stata terminata la costruzione della Chiesa, ispirata allo stile gotico e dipinta dal pittore ligure Gino Grimaldi nel 34′: forzato ad entrare in manicomio (ricovero coatto) dopo essere stato dimesso nel 35′, rientrerà nella struttura, per le condizioni fisiche precarie. Rimarrà fino alla fine dei suoi giorni, nel 41′.

Del suo ciclo pittorico, sono rimaste, ad oggi, le due pale d’altare dell’oratorio di S. Lorenzo di Cogoleto. La figura di Grimaldi ha destato l’interesse dell’associazione ‘Acco’, che ha dedicato svariati eventi all’artista. Spiega il presidente di Acco, Maurizio Gugliotta: “Abbiamo scelto di dare importanza a questo personaggio perchè rapiti e affascinati dalle sue opere esposte in oratorio… i colori, i soggetti, la non semplice interpretazione del significato della simbologia inserita nelle opere. Approfondendo la conoscenza della sua vita ulteriori elementi ci hanno invogliati a diffondere la conoscenza dell’uomo e dell’artista: la sua dedizione all’arte, la sua situazione familiare, la sua fragilità e le sue crisi che lo hanno portato a diversi ricoveri in ospedali psichiatrici. La sua omosessualità, le sue numerose produzioni artistiche. Occupandoci di Gino Grimaldi riusciamo a parlare di arte, memorie manicomiali, fragilità, diversità/unicità. Grazie all’opera di Novella Limite (lo spettacolo teatrale Addio mia arte: Gino Grimaldi i colori dell’arte nell’ombra della follia) siamo riusciti a far conoscere a molti sia la vita che le opere del grande pittore!’.

pale d’altare

dettaglio
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Ho avuto modo di intervistare un ex infermiere di Pratozanino che mi ha raccontato la vita in ospedale per un ventennio, fino alla chiusura, alla fine dei 90′:

Quando hai iniziato a lavorare come infermiere?
Nel 1970

Come era tenuto l’ospedale?
Non molto bene. Prima la struttura era sotto la Provincia, poi sotto l’Asl 3, ma i finanziamenti erano pochi e le strutture fatiscenti.

Ci sono stati dei restauri, nel corso del tempo?
‘Restauri’ è una parola grossa. Veniva fatto qualche ‘lavoretto tampone’. Dal 1910 agli anni 70′, non è stato fatto nessun restauro.

L’assistenza ai pazienti era costante?
L’assistenza era 24/24 e l’ospedale era un piccolo paese: aveva la chiesa, il panificio, il bar, lo spaccio, l’economato ed il cinema.

I pazienti avevano la possibilità di fare attività stimolanti?
C’era chi leggeva, chi passeggiava, chi giocava a carte. C’erano quelli che andavano in colonia ad aiutare a coltivare la terra, affiancati dagli infermieri: la cosiddetta ergo terapia. Ogni tanto si facevano delle gite e dei pranzi fuori. Siamo stati sul Lago Maggiore, al Santuario di Crea in Piemonte e a Cape d’Antibes.

Fare l’infermiere non era solo dare un supporto medico, ma anche psicologico?
Sì, personalmente penso che con i pazienti sia necessario entrare in empatia. Ho legato con molti pazienti, riuscendo anche a fare discorsi su ogni tipo di argomento, anche profondi. Devi cercare di farli stare bene ed interloquire, farli sentire importanti, dar loro rispetto ed attenzione.

Per quale ragione hanno chiuso il manicomio?
E’ stato chiuso a seguito dell’applicazione della Legge Basaglia (1978), ma non ci sono stati i finanziamenti per poter creare ulteriori piccole strutture, come previsto. Alcuni pazienti sono stati affidati alle famiglie, seguiti dagli infermieri, altri sono stati trasferiti in altre strutture.

E adesso, cosa hanno fatto in quella zona?
Hanno restaurato due padiglioni e costruito nuove case famiglia.

la struttura, oggi

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