sabato, 27 Aprile 2024

Us Open 2023, Djokovic trionfa nella finale più politicamente scorretta di sempre: Medvedev al tappeto

Novak Djokovic a New York si è preso tutto: Us Open, 24esimo Slam, record di Margaret Court. Il serbo batte il russo Daniil Medvedev nella finale sul cemento americano e lo fa a 36 anni, in 3 ore e 17 minuti, conquistando una folla che per tutta la vita spesso e volentieri gli ha tifato contro. Davanti c'è solo la Storia.

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Novak Djokovic a New York si è preso tutto: Us Open, 24esimo Slam, record di Margaret Court. Il serbo batte il russo Daniil Medvedev nella finale sul cemento americano e lo fa a 36 anni, in 3 ore e 17 minuti, conquistando una folla che per tutta la vita spesso e volentieri gli ha tifato contro. Medvedev cerca di giocare le sue carte come può in un ambiente ultimamente ostile per un atleta russo, ma il mostro di Belgrado mette le cose in chiaro già nel primo set. Anzi no, riecco Daniil che alza la voce nel secondo set. Il classe 1996 sembra reggere il botta e risposta con Djokovic ma poi cade ancora sotto i colpi del serbo che rimbombano nel Billie Jean King National Tennis Center come saette di Zeus tonante. Nel terzo set Nole ha di fronte un pugile esausto, alle corde, che cerca di allungare le braccia per continuare a colpire ma diventa vulnerabile. L’equilibrio regna fino al quarto game ma è precario, e si vede. Medvedev, stoicamente, con orgoglio ottiene un controbreak, prima di arrendersi al rovescio vincente del serbo nel sesto game, che vale il 4-2. Da lì in poi è solo un attendere la, seppur eroica, resa del russo.

Oltre Nole solo la Storia

Il peccato di hybris nell’Antica Grecia era severamente punito dalle divinità. Hybris è tracotanza, arroganza, eccessivo orgoglio e sicurezza nello sfidare l’ordine costituito. L’atteggiamento dello statunitense Ben Shelton durante la semifinale contro Novak Djokovic agli Us Open 2023 è più vicino a qualcosa di empio che ad uno sfottò. Non si scherza con i grandi: vengono a prenderti, a casa tua davanti alla tua gente, e mettono in atto la loro vendetta, come in una tragedia di Eschilo. L’americano, in un momento positivo della semifinale, fa il gesto della telefonata. Poco importa se è dedicato all’ostacolista e suo amico Grant Holloway. Quando hai davanti una leggenda del tennis, potrebbe essere tremendamente rischioso. Il gesto del giovane non fa altro che rinvigorire il serbo: Djokovic si prende il match e imita il gesto di Shelton, come a suggerirgli: “Ragazzino, quando ho iniziato tra i professionisti avevi tre anni di vita, ricorda che qui comando ancora io“.

La vittoria di ieri ai danni di Medvedev consegna a Djokovic il suo 24esimo trionfo in 36 finali nelle prove di singolare maschile del Grande Slam. I record spazzati via dal serbo ormai non fanno più notizia. Ciò che sorprende, ancora, è che Nole a 36 anni sembra non avere limiti, non voler accettare l’inevitabile declino che ogni atleta deve affrontare nella parte finale della propria carriera. Nole è come un pezzo da museo, unico e inimitabile, apprezzabile o meno. Per alcuni una fonte d’ispirazione, per altri un’icona difficile da digerire. Un personaggio che il tennis mondiale deve tenersi stretto e che invece, in più di un’occasione, gli ha reso la vita molto difficile. “Non sono politicamente corretto” aveva dichiarato in un’intervista a L’Equipe Djokovic. Da numero uno al mondo dovette abdicare in favore dello spagnolo Alcaraz perché venne rifutato da molti tornei in quanto non vaccinato. Scelta personale che, meschinamente, gli ha causato l’etichetta di Novax Djokovic. Secondo qualche virologo, addirittura, una scelta che gli avrebbe rovinato la carriera. Medvedev continua, nonostante la sua posizione contraria alla guerra in Ucraina, a non vedere la bandiera russa accanto al suo nome nei tabelloni delle competizioni sportive. La colpa? Quella di essere un tennista russo. Quella tra il serbo ed il moscovita è stata la finale più politicamente scorretta della storia.

Ma per Nole non è finita qui. La nave del serbo, carica di trofei e tesori, non può attraccare in un porto sicuro. Non adesso, non ora che è così vicino ad andare oltre la leggenda. All’orizzonte c’è la Storia, ci sono le Colonne d’Ercole. Dietro di esse si scorge una terra, l’Australia, che può consegnare al serbo il 25esimo titolo e un trono dove finora non si è mai seduto nessuno. Per poi tornare, come fatto ieri, ad abbracciare la figlia trattenendo a stento le lacrime: anche i marziani hanno un cuore.

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