venerdì, 26 Aprile 2024

Questo non è un disco: è Xenoverso

Esce così, allo scoccare della mezzanotte, il nuovo album musicale di Tarek Iurcich, al secolo Rancore. Del suo viaggio ci portiamo dietro, e dentro, l'immensa fantasia che ha animato il suo racconto, degna del miglior Huxley. Nonché l'armonia con cui ogni volta riesce a condensare in unico percorso musicale le mille pieghe dell'animo umano. 

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“Questo non è un disco, è Xenoverso”. Esce così, allo scoccare della mezzanotte di ieri, 15 aprile, il nuovo album musicale di Tarek Iurcich, al secolo Rancore. Per gli appassionati del genere, si tratta dell’ennesima perla incastonata in quel filone artistico che prende il nome di Conscious Rap, e che affonda le grinfie nell’analisi cruda dei rapporti sociali e dei mali che affliggono il presente, senza mai perdere il contatto diretto con la sfera intima della conoscenza di sé stessi e della riscoperta personale.

Questa volta, però, Rancore si è spinto oltre. E ci ha trascinati a bordo di una navicella spaziale che attraversa il tempo, lo spazio e le dimensioni, in un viaggio distopico ai limiti del reale. “Scrivo a te, lettore proveniente dall’Universo, nella consapevolezza che questa non sia la fine del racconto, ma solo l’ennesimo tentativo di provare a spiegare l’inspiegabile. Scrivo a te, perché sono stato nello Xenoverso, e mi sento in dovere di raccontartelo”. Inizia così il racconto del rapper.

Cronosurfisti

Il viaggio si articola in varie fasi distinte. In principio, Rancore è a bordo della sua nave, in un tempo indefinito successivo ai suoi racconti. Ha ereditato l’imbarcazione spaziotemporale di suo padre, che anni addietro era stato un cronosurfista, e dialoga con il pilota automatico del veicolo. La voce gli spiega che il compito della sua missione è quello di consegnare tre lettere, in tre epoche diverse. Una nel 2036, una del 2048, e una nel 2100.

2036: La Grande Guerra.

La prima è indirizzata ad una donna. Il mittente è un soldato. Il giovane scrive dal fronte, ed è impegnato nella Grande Guerra dei Versi che ha devastato le galassie. Il conflitto è atipico. Distante anni luce dagli scontri che hanno caratterizzato i secoli precedenti. Si combatte nello spazio di più dimensioni, e il nemico non possiede le fattezze umane delle guerre tradizionali. Il brano in questione si intitola “Lontano”, e richiama la distanza che separa i due innamorati. Si tratta di un preludio, rispetto a quanto avviene nei brani successivi.

2048: Pianto di stelle.

La seconda lettera è rivolta ad un bambino. Viene scritta dal padre, un netturbino spaziale. La Grande Guerra è finita, ma ha lasciato nello spazio delle enormi scorie radioattive che rischiano di precipitare sul Pianeta Terra. Tanti uomini adulti sono stati dunque selezionati per andare a raccoglierle. Tarek le definisce stelle cadenti, e il pensiero vola alla notte di San Lorenzo. Il brano si intitola appunto “X Agosto 2048”. Siamo a quasi duecento anni dalla composizione di Pascoli, scritta in memoria del padre Ruggero, ma l’associazione casca a pennello nel novero di riferimenti culturali che Rancore appone alla sua narrazione.

2100: Il Grande Telaio.

La terza lettera, invece, è anonima. E rappresenta, probabilmente, il vero fiore all’occhiello dell’intero album musicale. Viene scritta da un giovane che ha preso parte alla rivolta del 2100, e descrive “i motivi, l’ideologia e i fatti” che hanno scatenato l’insurrezione contro il Grande Telaio. Siamo all’apice del distopismo di Rancore. Quello che il rapper ci presenta è un vero e proprio manifesto politico. All’alba del XXII secolo la tecnologia ha sopraffatto l’umanità, che vive in uno stato di soggezione nei confronti di una cybertarantola che governa il mondo.

Il riferimento, questa volta, è alla condizione degli operai durante la Prima Rivoluzione Industriale di metà ‘700, quando, in risposta alla disumanizzazione provocata dall’avvento delle nuove forme di tecnologia all’interno delle fabbriche, tra cui i telai meccanici, i lavoratori insorsero, sulla scorta di un movimento rivoluzionario animato da un giovane operaio di nome Ned Ludd, la cui reale esistenza non è mai stata accertata, e da cui il fenomeno prende il nome di Luddismo.

Protagonista del pezzo è Arakno. Un cyborg allevato dagli umani che Rancore, giocando con le lettere del suo nome, definisce “il primo prototipo anarco-droid”. Arakno lotta al fianco degli uomini per liberarli dal giogo del Grande Telaio, e riesce a spuntarla grazie alla decrittazione del suo reticolato, restituendo all’umanità la propria indipendenza.

Non esiste memoria, se ti rubano il tempo.

Terminate le lettere, Rancore ha l’occasione di parlare con un anziano cronosurfista che ha condiviso numerose esperienze con suo padre. Il vecchio gli spiega che fino a questo momento il rapper ha compiuto solamente viaggi temporali, ma che ne esistono altri in grado di attraversare le dimensioni dello spazio. L’album, da questo momento in poi, si dispiega in una serie di brani che ne ricalcano il solco. Tra questi, in particolare, c’è “Xenoverso”, che dà il nome al disco, e “Io non sono io”, dove il cantante ripercorre il suo cammino artistico, culturale e umano, fino a definirsi completamente “sostituito”.

Del viaggio di Rancore, in definitiva, ci portiamo dietro, e dentro, l’immensa fantasia che ha animato il suo racconto, degna del miglior Huxley. Nonché l’armonia con cui ogni volta riesce a condensare in unico percorso musicale le mille pieghe dell’animo umano.

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