venerdì, 26 Aprile 2024

Il calcio troppo ricco resta ancora umano. Tanto umano

Si torna a parlare di errore umano nel calcio dopo il caso dell’arbitro Serra, reo di non aver convalidato un gol regolare allo scadere della gara di San Siro tra Milan e Spezia.

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“Non bisogna mai smettere di avere fiducia negli uomini, direttore. Il giorno che accadrà sarà un giorno sbagliato”. Recita così Toni Servillo in “Le conseguenze dell’amore” di Sorrentino. Il suo personaggio, Titta Di Girolamo, è un abile mediatore finanziario che opera in ambito mafioso, e che all’utilizzo alienante della tecnologia preferisce il conteggio manuale dei suoi soldi. A costo di rimetterci la vita, come accadrà, per colpa di un errore umano.

L’errore umano, appunto. Quello che il calcio dell’era VAR sembra aver completamente rinnegato e derubricato dal gioco. Peccato, però, che le partite siano ancora disputate, e soprattutto dirette, da uomini in carne ed ossa. Capita, allora, che uno di questi prenda una decisione sconsiderata, compromettendo il risultato del match e, probabilmente, dell’intera stagione.

Il caso è quello dell’arbitro Serra, reo di non aver convalidato un gol regolare allo scadere della gara di San Siro tra Milan e Spezia, che ha visto la vittoria last minute degli ospiti, e di aver di fatto spianato la strada per il ventesimo scudetto ai cugini nerazzurri. Questa mattina l’Associazione Italiana Arbitri ha dunque comunicato la sua sospensione per un mese e la successiva retrocessione in Serie B per il direttore di gara, giustificando la scelta come “segnale di vicinanza al collega”.

Ora, non c’è dubbio che ai massimi livelli di una competizione sportiva di questo calibro il margine d’errore vada ridotto al minimo. E non serve sottolineare il fatto che chi sbaglia debba inevitabilmente pagare. La domanda da porsi, piuttosto, è quanto l’utilizzo smodato della tecnologia applicata al calcio abbia realmente agevolato la vita del direttore di gara e dei suoi assistenti, e quanto questo ipotetico miglioramento possa aver pesato nell’epica della narrazione sportiva.

Episodi come il gol di Turone, il rigore di Ronaldo, la traversa di Gerrard, il diluvio di Perugia e il gol di Muntari, hanno in qualche modo segnato indelebilmente la storia di questo gioco e profumato d’umanità uno sport a cui è stato sottratto negli ultimi anni il candore della sua essenza più profonda. Per non parlare della celebre “Mano di Dios”, il gol più “politico” di Maradona, che ha ispirato le penne di scrittori e registi, e che ci riporta nuovamente a Sorrentino.

L’episodio di lunedì sera, in qualche modo, ha restituito al calcio quella genuinità che la tecnologia aveva in parte nascosto. Alle esultanze smorzate da una pedante revisione al VAR, si sono sostituiti i comportamenti di Ante Rebic prima, e di Zlatan Ibrahimovic poi. Il primo che, avvertita l’enorme situazione d’imbarazzo da parte dell’arbitro, ha cessato le polemiche e lo ha immediatamente consolato. Il secondo che, lontano dai riflettori sotto cui ostenta da sempre la sua posa da duro, è andato personalmente a rincuorare il direttore di gara al termine della sfida.

Il match tra Milan e Spezia, in buona sostanza, non passerà alla storia come il più spettacolare di sempre e, forse, non sarà neppure così decisivo ai fini della stagione. Quel che è certo, però, è che segna un punto di svolta netto nell’interpretazione dell’ausilio tecnologico. La consapevolezza che l’errore umano faccia parte del gioco e che, molto spesso, sappia regalare al calcio un incommensurabile fascino.

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