sabato, 4 Maggio 2024

Israele, minacce di invasione su terra. Delegazione di Hamas a Mosca: “Un passo osceno”

Israele risponde con ira e indignazione alla notizia della visita dei rappresentanti di Hamas a Mosca. Il colloquio avrebbe avuto a tema il rilascio degli ostaggi, tra i quali si trovano anche bambini e anziani. Spaventa il possibile ampliamento del conflitto, che vede già coinvolti Iraq, Siria, Stati Uniti ed Hezbollah.

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Nella giornata di ieri, giovedì 26 ottobre, una delegazione di rappresentanti di Hamas si è recata a Mosca, dove si è tenuto un incontro alla presenza del Ministero degli Esteri russo, Maria Zacharova. Presente nella capitale russa anche il viceministro degli Esteri iraniano, Ali Bagheri Kani, per un incontro con il viceministro degli Esteri moscovita, Mikhail Galuzin. La portavoce della ministra Zacharova ha dato conferma della visita, ma senza fornire dettagli a riguardo. Secondo le ultime notizie si sarebbe trattato di un incontro non programmato, in cui i membri di Hamas sono stati guidati dal loro leader politico Mousa Abu Marzuk. Al centro del colloquio sarebbe stato il tema degli ostaggi: i contatti sarebbero infatti stati condotti per conseguire il rilascio immediato degli ostaggi stranieri nella Striscia, come si legge nella nota del Ministero degli Esteri russo. Secondo un portavoce dell’ala militare di Hamas, Abu Obeida, circa 50 tra le persone catturate all’inizio degli scontri– sabato 7 ottobre- sarebbero morte a causa dei bombardamenti israeliani contro Gaza. A riportarlo è la BBC, precisando di non avere strumenti per verificare questo dato. Secondo le analisi delle autorità israeliani, si conterebbero 224 persone rapite e tenute in ostaggio, fra cui anche infanti e anziani.

La denuncia di Israele

La reazione di Israele non si è fatta attendere. Il portavoce del Ministero degli Esteri, Lioir Haiat, ha affermato che “Israele considera l’invito di alti esponenti Hamas a Mosca come un passo osceno, che dà sostegno al terrorismo e legittima le atrocità commesse dai terroristi di Hamas”.

Gli attori del conflitto

Ancora forte timore per gli ampliamenti del conflitto, alla luce del coinvolgimento sempre più esteso di altre potenze internazionali. Dalle comunicazioni del Pentagono risulta che l’esercito americano abbia compiuto attacchi nella Siria orientale, in particolare a danno di due strutture utilizzate dal Corpo delle Guardie rivoluzionarie islamiche iraniane e da i gruppi che esso sostiene. Le comunicazioni statunitensi hanno precisato che i raid compiuti in Siria e in Iraq sono stati in reazione a ripetute offensive a danno delle truppe americane, riportando almeno 19 casi di attacco– per lo più definiti “infruttuosi”. Tensione anche rispetto all’Iran– che ha fornito droni alla Russia contro l’Ucraina e ha sostenuto Hamas nelle sue rivendicazioni– e alla Cisgiordania, dove il comandante della Brigata Jenin, Aisar Mohammed al-Amir, è rimasto ucciso durante gli scontri con le Forse della Difesa israeliane (IDF). Oltre al comandante, la Jihad islamica ha riferito della morte di persone rifugiate nel campo profughi e 12 feriti.

La crisi umanitaria

Nelle scorse ore si sarebbe svolto un nuovo colloquio telefonico tra il Presidente americano Joe Biden e il primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu, durante il quale sarebbero stati discussi “gli sviluppi a Gaza” e “gli sforzi per localizzare e assicurare il rilascio” degli ostaggi. Il leader statunitense ha evidenziato il diritto alla difesa di Israele, ma senza tralasciare la responsabilità di difendere i cittadini rispettando il diritto umanitario internazionale. A tal proposito il Consiglio Europeo ha espresso la “più grave preoccupazione per il deterioramento della situazione umanitaria a Gaza“, richiedendo un accesso rapido e sicuro per poter fornire le necessarie misure di soccorso a tutti i civili. Un appello per cessare il fuoco è stato lanciato anche dalle Nazioni Unite, mettendo in luce la gravissima emergenza vissuta dalle donne di Gaza. Si stimerebbe, infatti, che vi siano almeno 50.000 gestanti e che 5.500 siano prossime al parto entro un mese. Alla luce del fatto che un terzo degli ospedali del territorio e circa due terzi delle cliniche sono fuori servizio, è stata denunciata la cruciale necessità di offrire alle donne un sostegno sanitario rapido ed efficace.

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