giovedì, 28 Marzo 2024

Patrick Zaki, oggi la nona udienza in Egitto per la libertà

Continua a Mansura il processo rinviato lo scorso 29 novembre. Il ricercatore di Bologna rischia fino a 5 anni di carcere, l'accusa è di "diffusione di notizie false".

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Il 7 febbraio 2020 il ricercatore e attivista per i diritti umani Patrick Zaki, studente universitario di Bologna, fu arrestato al suo rientro al Cairo per visitare la famiglia. Restò in custodia cautelare nel carcere di Tora per 22 mesi in condizioni disumane. Le autorità egiziane lo accusarono di minaccia alla sicurezza nazionale, incitamento a manifestazione illegale, sovversione, diffusione di notizie false e propaganda per il terrorismo. Il processo, iniziato nel settembre 2021, è tutt’ora in corso.

Le accuse più gravi, legate alla pubblicazione di una decina di post su Facebook dichiarati un falso dalla difesa, sono state informalmente accantonate, ma rimangono quelle per “diffusione di notizie false”. E’ imputato infatti per un articolo del 2019 in cui denunciava le persecuzioni dell’Isis ai danni della comunità copta, la minoranza cristiana d’Egitto.

L’8 dicembre 2021 il ricercatore è potuto tornare a casa. L’esito della sua scarcerazione si deve a una forte mobilitazione mediatica e della cittadinanza attiva, nonostante Patrick non sia ancora stato assolto. Anche se libero, ha il divieto di espatrio e non può lasciare l’Egitto.

Stamane è attesa a Mansura, in Egitto, la nona udienza presso la Corte della Sicurezza dello Stato per reati minori. Per oggi è prevista solo la presentazione di “atti della difesa”. Non è sicuro che ai legali venga concesso di proseguire con le arringhe interrotte nella precedente udienza del 29 novembre. Dal momento che il capo d’accusa è stato “declassato” a reato minore, in aula presiederà un giudice monocratico che avrà il potere di pronunciare la sentenza in qualsiasi momento. Patrick ad oggi rischia fino a cinque anni di carcere, a fronte dei 25 anni a cui le autorità egiziane volevano condannarlo tre anni fa.

Perché il processo del 29 novembre 2022 fu rinviato a oggi

La scorsa udienza era stata interrotta dal rappresentante della Procura generale egiziana. Uno degli avvocati di Zaki “ha iniziato a parlare di prove (…) che affrontano il tema delle carenze nelle indagini svolte dalla Procura della Repubblica, nonché dell’assenza di neutralità“, ha riferito Hoda Nasrallah, il capo del pool legale del ricercatore. “Quando l’avvocato ha iniziato a parlarne“, continua “pur senza entrare ancora nei dettagli, il rappresentante alla Procura generale si è arrabbiato. Ha interrotto la seduta dicendo che ‘No, la Procura generale ha fatto tutto quello che doveva fare‘”. A quel punto il giudice ha annunciato il rinvio del processo, senza concedere all’avvocato di procedere nel discorso.

All’Ansa, Patrick aveva commentato l’esito della seduta: “È sempre così”, ha detto, “tu esprimi i tuoi argomenti e, certo, la controparte si arrabbia. Ma non è una gran cosa”.

Patrick Zaki come Giulio Regeni

Il caso, assieme alla ricerca dei responsabili della tortura a morte di Giulio Regeni, ha una dichiarata rilevanza politica nei rapporti fra Italia ed Egitto. A Mansura, come in tutte le precedenti udienze per il prolungamento della custodia cautelare e del processo, dovrebbero portarsi diplomatici italiani e di altri Paesi nell’ambito di un monitoraggio europeo di processi rilevanti per il rispetto dei diritti umani in Egitto. Le presenze avvengono regolarmente su invito dell’ambasciata italiana al Cairo.

La madre di Giulio aveva riconosciuto il corpo solo dalla punta del naso. Per quanto le autorità egiziane avessero dichiarato che la morte era stata causata da un incidente stradale, i segni delle torture erano lampanti. A Patrick per ora è andata meglio, ma ciò non vuol dire che sia fuori pericolo. Il rischio di una condanna rimane e per questo è necessario mantenere alta l’attenzione sia da parte dell’opinione pubblica, sia da parte del governo italiano.

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