giovedì, 25 Aprile 2024

Pagamenti elettronici, le commissioni pesano meno dei soldi liquidi. Tetto al contante: avanza il fronte dei “no pos”

Negli ultimi giorni, la polemica che tiene banco nei salotti televisivi ma anche nella vita quotidiana delle persone riguarda l'utilizzo del Pos e la possibilità da parte del cliente di pagare attraverso pagamento elettronico. Il dibattito si è già polarizzato e iniziano a farsi largo i "no Pos".

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Se uno vuole pagare due euro il caffè con la carta di credito è solo un rompipalle“. Le parole arrivano direttamente dal ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, pronto a difendere il limite minimo dei 60 euro sopra il quale è obbligatorio per i commercianti accettare i pagamenti elettronici. Il leader della Lega poi conclude: “Io cerco di pagare in contanti, perché a me piace andare a prelevare al bancomat“. Partendo da quest’ultima affermazione, dalle misure contenute nella manovra, e da alcuni studi sulla questione, cerchiamo di capire se conviene per gli esercenti propendere più per i pagamenti elettronici o per il contante.

Pos, cosa dice la manovra

Nella prima versione della Manovra di bilancio 2023, il Governo aveva previsto l’innalzamento della soglia per i pagamenti elettronici a 30 euro. In sintesi, significava che gli esercenti dei negozi ma anche gli ambulanti e i “mercatali” non sarebbero obbligati ad accettare carte di credito, bancomat o altri pagamenti elettronici per acquisti sotto i 30 euro. In una seconda bozza della Manovra circolata, invece la soglia per il Pos veniva addirittura raddoppiata, passando dai 30 euro della prima versione inviata all’Ue a ben 60 euro. In una nota, il Governo ha poi precisato che sul tema delle soglie al di sotto delle quali gli esercizi commerciali non sono tenuti ad accettare pagamenti con carte di pagamento, “sono in corso interlocuzioni con la Commissione europea, dei cui esiti si terrà conto nel prosieguo dell’iter della legge di bilancio”.

Le prime reazioni

Una parte dell’opinione pubblica ha giudicato la soglia a 60 euro come una scelta sbagliata, visto che non fa altro che favorire i pagamenti in nero e dunque la piccola evasione fiscale. Un passo indietro per il nostro Paese, che da sempre tenta di combattere, soprattutto culturalmente, il problema dell’evasione.

Il passo indietro

Dopo giorni in cui il dibattito pubblico si è concentrato solo sul tema del Pos e dei pagamenti elettronici, l’esecutivo ha infine deciso di fare marcia indietro. È stata quindi annunciata la cancellazione del provvedimento che eliminava le multe per chi non accettava pagamenti con il Pos sotto la soglia dei 60 euro. Inoltre, secondo la Commissione europea, i provvedimenti inseriti nella Legge di bilancio sarebbero in contrasto con gli impegni presi dall’Italia nell’ambito dell’accordo sul PNRR. Il che significa, in soldoni, che se Giorgia Meloni non dovesse cambiare idea, Bruxelles sarebbe pronta a tagliare i soldi che spettano all’Italia grazie al Piano di resilienza.

Quanto pesano le commissioni agli esercenti

Secondo uno studio effettuato dall’Osservatorio Innovative Payments del Politecnico di Milano, per le microtransazioni la moneta elettronica è ormai più conveniente rispetto al contante. La “banconota”, come rilevato dalla Banca d’Italia, porta con sé una serie di criticità quali i costi di trasporto, il rischio di furti e quindi annessa assicurazione, ma anche banalmente gli errori umani sul resto da dare. Per gli acquisti sopra i 15 euro, le commissioni richieste dalle banche che offrono le condizioni migliori sono invece poco superiori al costo del contante.

Un problema che il Governo, nella misura in cui ritenga che gli esercenti non possano farsene carico, avrebbe potuto affrontare rifinanziando i crediti di imposta al 100% sulle commissioni in vigore fino al luglio 2022. Un’altra mossa poteva essere quella di trattare con gli intermediari finanziari che forniscono i servizi di pagamento per abbattere i costi, una critica mossa proprio da Giorgia Meloni al governo Draghi per non averlo fatto.

La scelta delle banche

Alcuni istituti di credito hanno scelto di ridurre le commissioni sulle piccole transazioni. Si parte da Intesa Sanpaolo che ha azzerato il canone mensile fino a fine 2022 e annullato le commissioni per le transazioni sotto i 15 euro per tutte le piccole medie imprese fino al termine del 2023. Il costo di attivazione fino a dicembre 2022 è stato abbassato da 200 a 60 euro. Una scelta simile è stata presa anche da Unicredit, che ha azzerato le commissioni sotto i 10 euro – con scadenza al 31 dicembre – per tutte le imprese con un fatturato annuo al di sotto dei 5 milioni di euro.

Uscendo dal mondo delle banche, possiamo prendere in analisi Satispay, altro circuito di pagamento molto utilizzato. Satispay non trattiene percentuali per gli acquisti sotto i 10 euro, mentre per quelli superiori vengono richiesti 20 centesimi. Inoltre, l’attivazione del servizio è completamente gratuita. Alternativa a Satispay è Axerve, che propone per i nuovi clienti due mesi di canone gratis e in seguito un canone mensile fisso, che varia a seconda del fatturato. In più non è prevista nessuna commissione sui pagamenti.

I costi per gli acquisti superiori a 15 euro

Per transazioni superiori a 15 euro, quasi tutti gli istituti trattengono una commissione per il servizio reso. Un costo che varia a seconda della banca, ma in media si attestano tra lo 0,9% e l’1,8%. Quindi, considerando una commissione media dell’1,5%, su un acquisto di 30 euro alla banca vanno 45 centesimi. Su uno scontrino di 60 euro, l’esercente ci rimette 90 centesimi.

Quanto costa il contante

Si, il “contante è gratis” è una frase errata. Sulla circolazione del contante bisogna considerare diversi fattori, tra cui: il tempo di rendicontazione della cassa, il costo di trasporto, le assicurazioni sottoscritte dai commercianti, il rischio di errore umano e i mancati resti. Secondo la Banca d’Italia, il costo del contante è particolarmente elevato nei piccoli esercizi commerciali, quindi dove non c’è una struttura organizzativa solida. Secondo il report dell’istituto, il costo delle banconote si aggirerebbe, per ogni spesa, intorno ai 19 centesimi. All’incirca l’1,1% per ogni scontrino medio. Ecco che questi 19 centesimi risultano un valore poco al di sotto della percentuale media imposta dalle banche per gli acquisti sopra i 15 euro, ma superiore rispetto alle commissioni azzerate per le microtransazioni.

Gli effetti della misura e la scelta degli esercenti

Sempre considerando come punto fermo la pandemia del 2020, è evidente che le abitudini delle persone siano cambiate, soprattutto nei grandi centri dove si è soliti pagare con la carta anche un caffè. Ma adesso, come si comporterà il consumatore se dovesse essere costretto a tirare fuori il contante? La risposta, come sempre è “dipende”. Perché se il cliente è affezionato a un determinato negozio continuerà a comprare lì pur dovendo pagare per forza in contanti. Ma c’è anche chi non avrà problemi a fare acquisti solo in attività che permettono di pagare con carta anche solo un caffè. In attesa delle interlocuzioni tra Italia e Commissione europea, è evidente come saranno gli esercenti ad avere potere sulla decisione. Agli acquirenti resta il dovere di adeguarsi.

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