sabato, 4 Maggio 2024

NBA, i Golden State Warriors vincono gara 6 e volano sul tetto del mondo. Steph Curry Mvp

I Golden State Warriors vincono gara 6 a Boston e diventano campioni Nba per la quarta volta in otto anni. La franchigia di San Francisco riporta l'anello nella Bahia grazie ad una prestazione totale di squadra, a tratti ingiocabile. Mvp delle Finals, per la prima volta in carriera, Steph Curry.

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I Golden State Warriors sono campioni NBA per la stagione 2021/2022 e conquistano il loro quarto anello in otto anni. Nella nottata italiana la squadra di San Francisco ha vinto gare 6 al Td Garden di Boston col risultato di 103-90 chiudendo la serie contro i Celtics per 4-2. Forse dei quattro, questo è il titolo meno aspettato, e allo stesso tempo il più sentito. Un “titolo diverso” come ha detto il protagonista e Mvp delle finals, Steph Curry, autore di 34 con 6 su 11 dall’arco.

Dopo aver aperto la loro dinastia nella stagione 2014/2015 con la vittoria dell’anello dopo 40 anni di digiuno, i Warriors dei Big three: Steph Curry, Draymond Green e Klay Thompson giusto 2 anni fa hanno chiuso la regular season col peggiore record della Lega con 15 vinte e 50 perse. I troppi infortuni avuti da Green passando per Steph fino a Klay Thompson hanno condizionato pesantemente la squadra. In particolare quello di Thompson risultò decisivo, infatti uno dei due Splash Brothers (l’altro è Curry) è dovuto stare fermo due stagioni prima per un infortunio al crociato e subito dopo al tendine d’Achille. Coach Kerr ha dovuto lavorare tanto con i suoi giocatori per ricreare un gruppo capace di ritornare ad essere competitivo e il titolo appena vinto è il regalo giusto e meritato per una squadra formata da ragazzi veramente speciali a cui si sono aggiunti Wiggins, Looney, Poole, per non parlare di Payton, figlio del più famoso Gary, che dopo essere stato scartato da quasi tutti ha trovato la sua “verde isola” proprio nella bahia. Ognuno di loro ha dato il suo contributo chi più chi meno, ma per vincere anche un recupero, un rimbalzo, un tiro da tre punti, una palla rubata nei momenti chiave può risultare decisiva. Così l’orchestra di Steve Kerr ha ricominciato a suonare alla grande riprendendosi il posto che le compete sul tetto della Nba.

LA PARTITA

Boston parte bene a inizio primo quarto con un parziale di 12-2 che fan ben sperare i fans per un proseguo della serie a gara 7. Ma i Golden State in un battito di ciglia, come se non fosse successo niente, rimettono subito il naso davanti e aprono un parziale clamoroso di 21-0: sì, avete capito bene, a livello statistico il più ampio parziale mai realizzato nella storia delle Finals negli ultimi 50 anni! La squadra della bahia annichilisce l’avversario, spinta da Poole, da Curry e Thompson; per non parlare della difesa e dell’intelligenza cestistica di Green. I Warriors volano anche a +21 (54-33) a 2 minuti dall’intervallo.

Il terzo quarto si apre con Al Horford sugli scudi. Il lungo dei Celtics segna nel terzo quarto 12 punti e 6 rimbalzi e restringe la forbice permettendo ai suoi di cominciare il decisivo quarto quarto con 10 punti di distacco 76-66 dopo essere stati sotto anche di 22 punti. Boston però non è aiutata dalla sua stella Jayson Tatum che incappa in una brutta partita sia sotto il profilo realizzativo (13 punti) che sotto quello fisico. Anche Smart non riesce a dare una mano nonostante i 9 assist e l’attacco dei Celtics è in mano a Jaylen Brown autore di 34 punti finali con 7/12 da due, 5/11 da tre e 5/6 ai liberi. Troppo poco per la franchigia del Massachusetts. Golden State gioca una grande pallacanestro e trova un Stephen Curry pazzesco autore anche lui di 34 punti con 6 su 11 da tre ed una prestazione fantastica non solo dall’arco ma anche grazie alle sue penetrazioni al ferro e ad una difesa invidiabile. Insieme a lui Green che filtra con la tripla doppia ( 12 punti, 12 rimbalzi e otta assist alla fine) Wiggins e Poole impacchettano un match senza storia e così San Francisco vola in fuga per la vittoria.

Pic by Twitter @Stephen Curry

Il protagonista indiscusso è Steph Curry che a fine partita non riesce a trattenere le lacrime e che per la prima volta nella sua carriera in una serie di finale ne esce MVP. Fra le sue splendide giocate anche quella del terzo quarto che è diventata la copertina del match: tripla a segno da 10 metri dopo la quale indica l’anulare, dito dove si mette l’anello, e gesto della “ninna nanna” che manda a dormire tutta Boston. Questa è stata la sua partita, mentre il titolo appena vinto è stato di tutta la Golden State. Questo è il titolo di Klay Thompson che pur non giocando una partita indimenticabile, ritorna campione dopo due stagioni in cui ha toccato il baratro ma che grazie alla sua immensa passione per questo sport è riuscito a rinascere. È anche il titolo di Andre Iguodala che è entrato solo nel finale di match per assaggiare per l’ultima volta l’odore dell’anello. Per il grande Andre, uno dei simboli nelle stagioni passate dei Warriors, è arrivata l’ora di attaccare le scarpe al chiodo, e non c’è stato ritiro più dolce di questo. E per finire, è il titolo di coach Steve Kerr che più che mai conferma di essere uno dei migliori allenatori della storia della pallacanestro americana.

Per ciò che riguarda i Boston Celtics non si può fare altro che applaudire, una squadra giovane rinata sotto la guida di Udoka e che per lunghi tratti della stagione ha dimostrato il miglior gioco. Deluso sarà Jayson Tatum, uno dei nastri nascenti della Lega e già all star, che ha chiuso l’annata con un laconico 6/18 al tiro ma soprattuto ha chiuso una serie in cui non è riuscito mai veramente a fare la differenza. Sicuramente mancanza di esperienza ma gli ingredienti per rivederlo calcare ancora questi palcoscenici ci sono tutti. Quegli ingredienti che di certo non sono mai mancati ai Warriors e a Steph Curry che entra sempre di più nella storia come uno dei più forti e rivoluzionari giocatori di questo sport che al suo ricco palmares ha aggiunto anche il Larry O’Brien Thophy (premio di miglior giocatore delle finali). Queste le sue parole a fine partita: “Ho avuto la fortuna e l’occasione di essere di nuovo qui, ho sempre saputo che alla fine di tutto, l’unica cosa che conta è quello che facciamo in campo”. E continua ricordando passato e presente: “Tre anni fa eravamo la peggior squadra NBA? Beh, sappiamo quanto è lunga la strada per arrivare al titolo. Abbiamo affrontato tante grandi squadre, tutte le persone presenti su questo palco hanno recitato la loro parte per arrivare fino a qui, dal front office alla proprietà; e adesso mi ritrovo con due trofei e per me fa tutta la differenza del mondo”. Conclude dicendo: “Abbiamo lavorato 12 anni per arrivare a questo livello di consapevolezza, abbiamo creato il giusto mix e soprattutto, quando sei alle Finals, è fondamentale conoscere quale sia il modo per vincere. Questo è un titolo diverso dagli altri”. Eh si Steph, hai proprio ragione questo non è un titolo qualsiasi, questa è anche una prova di grandezza, di resilienza. E quel trofeo MVP sicuramente diventa il simbolo finale di una carriera straordinaria, che non è arrivata alla fine ma che evidenzia ancora di più la grandezza di Curry. Per ora dal mondo NBA è tutto; appuntamento alla prossima stagione.

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