giovedì, 9 Maggio 2024

“Basta alla violenza sulle donne”: dieci canzoni per non dimenticare

Come ogni anno ci ritroviamo il 25 novembre a rimarcare il nostro sdegno contro qualcosa che non ci appartiene ma che inevitabilmente accade, qualcosa che combattiamo ogni giorno, ognuno a suo modo, chi con l’impegno politico, chi con quello sociale, chi con la propria arte

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Come ogni anno ci ritroviamo il 25 novembre a rimarcare il nostro sdegno contro qualcosa che non ci appartiene, ma che inevitabilmente accade, qualcosa che combattiamo ogni giorno, ognuno a suo modo, chi con l’impegno politico, chi con quello sociale, chi con la propria arte. L’importante è non abbassare la guardia e continuare a trasmettere i giusti principi a chi ci sta vicino e in questo caso a chi ci legge, o chi come me ascolta musica, un unico messaggio, un unico impegno: basta alla violenza sulle donne, non c’è cosa più meschina e riprovevole.

Come sempre di canzoni che denunciano, raccontano storie, evidenziano violenze, omertà e corruzione del sistema ce ne sono tante, si rischia di essere scontati, ipocriti per quello che si scrive, ma probabilmente è inevitabile. Ne ho scelte solo dieci, spaziando in diverse decadi, tra produzioni italiane ed internazionali, ognuno con il suo stile, gusto musicale e sensibilità artistica. Se dovessi scegliere un commento sonoro a questa giornata partirei dagli ultimi anni quando Lady Gaga ha portato sul palco degli Oscar il tema della violenza sessuale nei campus universitari.

“Chiedere aiuto non è un segno di debolezza. Nel Mondo di oggi, più che mai è un segno di forza”, queste le parole del Principe Harry co-produttore esecutivo insieme a Oprah Winfrey della docuserie “The Me you can’t see” di cui abbiamo già parlato su questo giornale e dove Lady Gaga ha raccontato la sua terribile esperienza all’età di 19 anni. Ha composto il brano diventato una hit mondiale “Til il It Happens to You”, con cui poi si è esibita un anno dopo, appunto, agli Oscar.

Mi viene in mente un pezzo di Tracy Chapman, grande voce, vibrante ed ipnotica, era il 1988 quando ha esordito con un album tra i più belli usciti nella seconda metà degli anni ottanta. In questo disco c’è un pezzo, solo voce, in cui racconta di una violenza casalinga, quella che si consumava ogni giorno tra le mura della casa accanto, un marito che picchia la moglie, la polizia in quei quartieri non arrivava o non voleva interessarsi e tutto si consuma nel silenzio di un quartiere ormai assuefatto a questa routine ma le uniche a subire sono le donne, il pezzo si chiama “Behind the wall”.

Non posso non ricordare un pezzo che ha fatto storia, lo troverete in tutte le scalette di questo triste giorno, parlo di Tori Amos che scrisse nel 1991 la sua “Me and a gun” raccontando dello stupro che aveva subito all’età di 21 anni dopo un concerto, anche qui non c’è spazio per la musica ma solo per le parole, una storia raccontata con dolore e crudezza: “Eravamo io e una pistola E un uomo dietro di me E cantavo Holy Holy mentre lui si slacciava i pantaloni”, dettaglio realmente accaduto e che ha segnato per sempre la sua vita.

Anche in Italia molte artiste hanno toccato questo argomento, tra le quali anche Carmen Consoli che più di una volta ha raccontato ironicamente situazioni al limite, situazioni da denuncia dove però l’uomo resta impunito. “La signora del quinto piano” per esempio dove la donna denuncia l’ex marito per molestie e viene uccisa dallo stesso murata in bagno. Una morte annunciata dallo stesso autore e malgrado lei lo abbia denunciato ed abbia lanciato la sua richiesta d’aiuto nessuno ha voluto crederci, nessuno ha fatto nulla. Ma ancora di più nel brano “Mio Zio” dove il tema è più drammatico, dove la protagonista è una donna che si presenta al funerale dello Zio che negli anni della sua adolescenza aveva abusato di lei. Ma il dolore e la rabbia per la violenza che lei ha subito passano in secondo piano per la famiglia, perché il disonore per aver rilevato l’incesto paradossalmente è più grande.

Non ci sono solo donne nella mia lista ad aver denunciato situazioni personali e non, ma è accaduto anche al mio caro amico Ermal Meta che in “Vietato Morire” si è messo a nudo raccontando qualcosa di molto personale, di una mamma che subiva violenza dal suo compagno, e di un bambino che viveva tutto questo sulla propria pelle impotente, un bambino che non avrebbe mai più dimenticato, che oggi è un uomo ma non ha dimenticato.

Cercando ancora tra i dischi ed i ricordi, cercando qualcosa che fosse più vicina ai miei ascolti ho trovato il singolo di Nick Cave che nel 1995 con uno strano duetto tutto australiano con Kylie Minouge aveva toccato il tema della violenza sulle donne nel brano “Where the wild roses grow”. Il pezzo racconta la storia di due ragazzi che inizialmente si amano ma l’amore sfocia in violenza e poi nella morte dell’amata. L’album si chiama “Murder Ballads” e questo è il video diretto da Rocky Schenck ispirato al dipinto “Ofelia” di Millais.

Citando artiste contemporanee potrei inserire in questa ipotetica scaletta anche il brano scritto da Levante, Claudia Lagona, che nel suo pezzo “Gesù Cristo sono io” trasforma metaforicamente le violenze e le umiliazioni subite da una donna paragonandole, con metafore bibliche, a quelle subite da Gesù, un pezzo sentito e travolgente.

Altro brano che vorrei citare è quello di Brunori sasColpo di pistola” dall’album “A casa tutti bene”.  Un amore tormentato e psicotico, un racconto di un femminicidio, apparentemente una canzone d’amore dal punto di vista dell’uomo padrone che inconsciamente crede che le sue violenze siano solo “tenere richieste d’affetto”, come un passo della canzone cita “la incatenavo solo verso sera per stare un po’ con lei”, una versione distorta della realtà che accade purtroppo a molti uomini che credono di essere nel giusto che giustificano la violenza come atto d’amore, che si dispera per la sua amata che non apprezza queste sue attenzioni, sembra un paradosso brutale che si completa con il suo omicidio, per non averlo amato “E poi perché l’ho fatto non lo so, forse per non sentire ancora un altro no uscire dalla sua bocca dorata. Prima l’ho uccisa e dopo l’ho baciata”.

Tornando ai classici intramontabili, restando in Calabria, per fare un salto generazionale importante, non posso non inserire la grande Mia Martini che nel suo brano “Donna”, brano scritto da Enzo Gragnaniello nel 1989 uscito nel noto album “Almeno tu nell’universo” ha cantato con la sua splendida voce una storia di umiliazione e violenza. Una grande interprete per un tema così toccante, dove l’uomo vede la donna solo come oggetto sessuale, una vita fatta di soprusi, senza dignità e rispetto per i sentimenti. Un racconto sulle sensazioni, il disordine dell’animo e della psiche di chi subisce. “Donne piccole e violentate / Molte quelle delle borgate / Ma quegli uomini sono duri / Quelli godono come muli / Donna come l’acqua di mare / Chi si bagna vuole anche il sole / Chi la vuole per una notte / C’è chi invece la prende a botte”.

Pur avendo in testa mille altre canzoni chiudo questa decade con Nada, anche questo forse un classico, che nella sua “Ballata triste” uscito nel 2016, racconta una giornata qualunque, dove la donna passa dalla normalità del suo giorno ad essere vittima della violenza folle di suo marito. Una famiglia normale, come tante altre, ma questo in apparenza, nella canzone il marito uccide la moglie, mentre i bambini sono a scuola, la violenza di un uomo probabilmente ossessivo. “È così che comincia la discussione, la discussione precipita in un disastro e il tavolo vola e poi si rompe un piatto, lei grida e i denti mordono i santi. E il sangue corre alla testa non si può fermare i figli sono a scuola, nessuno può sentire” recita la canzone, prima dell’epilogo: “Lei l’han trovata con una mano sulla porta e una sul cuore, sul cuore che si è spaccato quando l’ha colpita. Perché nessuno l’ha fermato?”. Esatto, perché nessuno lo ha fermato?

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