lunedì, 29 Aprile 2024

“Imputati non informati”: si ferma il processo per l’omicidio Regeni. Indagini ostacolate in 13 modi

Mentre gli 007 egiziani dicono di non essere stati raggiunti da alcun atto ufficiale, il processo a loro carico per l'omicidio di Regeni subisce uno stop.

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Il processo a carico dei quattro 007 egiziani accusati di aver sequestrato, torturato e poi ucciso nel 2016 il ricercatore Giulio Regeni, si è stoppato. Dopo cinque ore in camera di consiglio, i giudici della III corte d’Assise hanno annullato il rinvio a giudizio che il gup aveva deciso il maggio scorso, rinviando gli atti in modo da far conoscere il processo agli imputati. Il rischio attualmente, sarebbe la nullità del procedimento. Che il generale Sabir Tariq, i colonnelli Usham Helmi, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif presenziassero risultava difficile, infatti, la Corte d’Assise di Roma ha dichiarato: “Il decreto che disponeva il giudizio era stato notificato agli imputati comunque non presenti all’udienza preliminare mediante consegna di copia dell’atto ai difensori di ufficio nominati, sul presupposto che si fossero sottratti volontariamente alla conoscenza di atti del procedimento“.

Gli 007 egiziani “non sono stati raggiunti da alcun atto ufficiale”: È stato un passaggio dell’ordinanza dei giudici della III corte d’Assise che ha annullato il rinvio a giudizio disposto dal gup a maggio. I giudici comunicano che, “Le richieste inoltrate tramite rogatoria all’autorità giudiziaria egiziana contenenti l’invito a fornire indicazioni sulle compiute generalità anagrafiche e sugli attuali ‘residenza o domicilio’ utili per acquisire formale elezione di domicilio non hanno avuto alcun esito“. E proseguono: “L’acclarata inerzia dello Stato egiziano a fronte di tali richieste del ministero della Giustizia italiano, certamente pervenute presso l’omologa autorità egiziana, seguite da reiterati solleciti per via giudiziaria e diplomatica nonché da appelli di risonanza internazionale, effettuato dalle massime autorità dello Stato italiano, ha determinato l’impossibilità di notificare agli imputati, presso un indirizzo determinato, tutti gli atti del procedimento a partire dall’avviso di conclusione delle indagini. Gli imputati, dunque, non sono stati raggiunti da alcun atto ufficiale“.

Quindi, ora il giudice, dovrà mettere in campo tutti gli strumenti, compresa una nuova rogatoria con l’Egitto, per rendere effettiva la conoscenza agli imputati del procedimento a loro carico, ripartendo dall’udienza preliminare. I genitori di Giulio, Paola e Claudio, presenti in aula come parte civile insieme alla sorella Irene, non si dichiarano vinti, definiscono questa “solo una battuta d’arresto, premiata la prepotenza egiziana“. Il pm Sergio Colaiocco, ha tenuto un lungo discorso, mirando a denotare che i quattro 007 “sono sottratti volontariamente dal processo mettendo in atto, in qualità di agenti della National Securety, una serie di depistaggi per “rallentare” l’indagine della Procura di Roma in modo tale da insabbiare la verità su quanto avvenuto tra il dicembre del 2015 e il febbraio del 2016. E anche il tuo di piazzale Clodio nell’ambito dell’udienza preliminare aveva giudicato sufficiente la pubblicità, mediatica e non solo, data all’inchiesta e al procedimento penale tale da renderlo “fatto notorio“. In altre parole i quattro uomini non potevano non sapere che oggi iniziasse il processo a loro carico in Italia. Colaiacco ha continuato parlando di “Un’azione complessiva dei quattro imputati, e alcuni loro colleghi, compiuta dal 2016 e durata fino a poco fa, per bloccare, rallentare le indagini ed evitare che il processo avesse luogo in Italia. Da parte loro per 5 anni c’è stata una volontaria sottrazione, vogliono fuggire dal processo. Sono finti inconsapevoli“. Poi il rappresentante dell’accusa elenca 13 elementi con cui gli 007 hanno ostacolato le indagini: “Tredici elementi, che dal 2016 a oggi, se messi insieme, fanno emergere che gli agenti si sono volontariamente sottratti al processo. La domanda è: perché gli imputati non sono presenti qui in questa aula, sono inconsapevoli o finti inconsapevoli? L’imputato ha diritto ad avere tutte le notifiche del processo ma anche il dovere di eleggere il proprio domicilio. L’Egitto su questo punto non ha mai risposto. In generale su 64 rogatorie inviate al Cairo, 39 non hanno avuto risposta“.

Dopo cinque anni e mezzo di faticosa battaglia vogliamo un processo. Ma che sia regolare, siamo qui per proteggere la verità“, dicono gli avvocati Alessandra Bellerini e Francesco Romeo, legali della famiglia di Regeni. I legali hanno poi raccontato dei “depistaggi clamorosi” della National Security e dagli imputati: dal falso movente omosessuale, all’uccisione della banda di rapinatori per poi arrivare al film sulla vicenda di Regeni, andato in onda sui media egiziani e sui social network, definito “evidentemente diffamatorio tanto che i genitori di Giulio hanno presentato una denuncia-querela alla Procura di Roma“. Ballerini infine, conclude ricordando alla Corte che a Giulio furono “fratturati denti e ossa. Incise lettere sul corpo. La madre lo riconoscerà dalla punta del naso“, tutto ciò avvenuto “in un luogo di tortura della National Security. Giulio muore non per le torture ma per torsione del collo, perché qualcuno decide che doveva morire. In questi anni abbiamo subito pressioni e i nostri consulenti in Egitto sono stati arrestati e torturati“.

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