L’emergenza sanitaria fa emergere ancor più il divario con il Nord
La pandemia mondiale, tristemente, ha soffiato la sua prima candelina. E l’emergenza sanitaria inizia a pesare in maniera decisiva su un Mezzogiorno già martoriato da anni di disparità con il resto dell’Italia.
Insomma, dopo circa un anno di SARS-Cov2, il Sud Italia inizia a fare i conti con i propri limiti e con l’incapacità di mantenere bassi i casi di contagio che, un anno fa, erano minimi.
Il 9 marzo 2020 l’intero Stivale viene dichiarato “zona rossa”. Siamo il primo Paese occidentale ad adottare misure restrittive severissime: lockdown totale. A quarantena iniziata, seppure siamo tutti confinati nelle abitazioni, cosa che accomuna tutti gli italiani, la percezione dell’emergenza è diversa. Da un lato ci sono le Regioni del Nord che vivono sulla propria pelle gli aspetti più devastanti della malattia; dall’altro, il Sud che vive l’emergenza quasi da spettatrice.
Il Covid c’era sì, ma era una cosa che riguardava innanzitutto il Nord. Una cosa vista alla tv: ospedali al collasso, sanitari sfiniti, malati intubati, camion militari che portano via le bare.
Nelle sue prime fasi la pandemia ha spezzato in due l’Italia. Nessuna novità, si potrebbe pensare: il nostro Bel Paese è diviso in due praticamente da sempre. I Covid non fa eccezione. Al Sud solo piccoli focolai e zone quasi Covid-free.
La quarantena sembra funzionare, il 23 giugno con soli 113 nuovi casi è il giorno in cui l’Italia registra il minimo storico giornaliero, dopo quattro mesi di ecatombe. È il segno che il nostro Paese può ripartire, l’estate è salva, via con le vacanze nelle località di mare.
È un’opportunità per risanare l’economia del Meridione, si dice ma, col senno di poi, per il Sud è stato l’inizio della fine. A fine agosto, pian piano, silenziosamente, il virus ha ripreso a diffondersi, complice anche l’abbassamento delle misure preventive.
Così, la seconda ondata non si fa attendere, il virus avanzando ed, ora, è il Sud che registra tassi di positivi e ospedalizzazioni maggiori che al Nord. La situazione si ribalta e le Regioni del Meridione ora vivono gomito a gomito con il Coronavirus.
L’Italia, mai così uguale in ogni sua parte, ora lo è. Ma le Regioni Meridionali riusciranno a reagire come le altre? Certo, gli ospedali sono pochi, non sempre ben attrezzati e con personale ridotto all’osso. Certo, le vaccinazioni procedono a rilento. Certo, l’economia del Sud fa più fatica, perché risente di una crisi antecedente. Ma è certo anche che il Sud non ha fatto tesoro dell’esperienza del Nord. Ha dilapidato i sacrifici compiuti durante il lockdown della scorsa primavera. Da ottobre 2020 l’impennata dei contagi diventa, ogni giorno, sempre più severa e preoccupante. Eppure non si rinuncia ad affollare i negozi per lo shopping natalizio. Si arriva ad un Natale castigato, con limitazioni persino nei contatti con i familiari. Ma, nulla. Soprattutto al Sud, dopo le feste, il numero dei nuovi positivi prosegue la sua ascesa. E ancora oggi non accenna a placarsi.
Da Nord a Sud, il Covid non ci ha spinto a migliorarci, a risolvere quei problemi che da decenni facciamo finta non esistano. Ha, invece, messo in evidenza ciò che tutti conoscevamo già: esiste un divario tra Nord e Sud, una sproporzione nei servizi, una differenza sostanziale nei trasporti, la quasi assenza di opportunità per i giovani.
Il virus ci ha tolto tanto, da Sud a Nord. Potrebbe, però, regalarci un cambio di passo. Solo se sapremo combatterlo rispettando regole e limitazioni. Al di là della localizzazione geografica e di ogni banale egoismo.