domenica, 28 Aprile 2024

Cogoleto, le compagne del comitato Jineolojî presentano al Circolo ARCI il libro “Jin Jiyan Azadî ”

'Fino ad oggi, ancora, ciò per cui ci sforziamo e lottiamo di più e la causa per cui viviamo le più grandi difficoltà, è questo punto: la lotta per raggiungere una personalità libera, una vita libera come donna e la trasformazione dell'uomo, della sua sua mentalità di dominio.'

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“Jin Jiyan Azadî” è tradotto in ‘donna, vita, libertà’, ma la frase ha un significato ben più profondo. Questo è il motto della Jineolojî, ideologia del Movimento di liberazione delle donne, che va ben oltre il femminismo, nata in Kurdistan durante il processo di liberazione del popolo curdo dall’oppressione dello stato turco.

La parola Jineolojî stessa è composta anch’essa dal termine ‘Jin’ che si tende a tradurre semplicemente in ‘donna’, ma racchiude il significato di un concetto ben più ampio: ‘donna nel processo di liberazione’. Contiene, inoltre, la parola ‘logos’: coscienza, scienza, ragionamento. Vi si attribuisce, dunque, il significato di Scienza delle donne. Una scienza sociale delle donne che ha sviluppato nuovi metodi di ricerca e comprensione nel tentativo di evolversi dai metodi della scienza positivista, ovvero scienza della ragione e del sapere immutabile e assoluto, imposto ‘dall’alto’. La Jineolojî cresce dal basso ed è rivolta alla collettività nel processo costante di costruire e consolidare un’ideologia che si possa applicare ai differenti contesti sociali e ne possa risolvere i problemi in maniera pratica e concreta.

Jineoloji - KJK English

L’associazione A.C.C.O. di Cogoleto ha accolto presso la sede del circolo ARCI Mario Merlo due compagne del Comitato Jineolojî Italia che hanno presentato la traduzione italiana del libro ‘Jin Jyan Azadî’.

Il testo è come un’enciclopedia dei volti e delle testimonianze delle compagne  che hanno lottato e, ancora oggi, lottano per la liberazione del popolo curdo a fianco del leader politico Abdullah Öcalan e del PKK (Partito dei lavoratori curdi). Il contesto è quello della repressione turca, tutt’ora in corso nei territori del Kurdistan, che si estende, oltre che in una porzione della Turchia anche in Siria, Iran e Iraq. La guerra è una cosí detta guerra a “bassa intensità”: i media ne parlano poco, ma gli attacchi sono costanti, anche a strutture civili come ospedali e scuole, spesso con l’utilizzo di droni, esattamente come quanto sta accadendo a Gaza, ma senza la stessa risonanza mediatica.

Il testo, è stato pubblicato per la prima volta nel 2020 in castigliano ed è frutto del lavoro di ricerca di alcune compagne internazionaliste, provenienti prevalentemente dall’Europa. Nel 2019 si erano recate in Rojava presso l’Istituto ‘Andrea Wolf’, uno dei centri del Movimento curdo di Liberazione delle Donne e parte del progetto di creazione dell’ Accademia di Jineolojî. Il nome dell’Istituto deriva dal nome di una compagna internazionalista tedesca, a cui la fondazione dell’istituto è stata dedicata. Il suo nome di battaglia era Şehîd Ronahî ed è stata assassinata in combattimento nel 98′, per mano di militari turchi.

‘I martiri non muoiono’ è uno dei principi del movimento: la lotta viene portata avanti da chi rimane in vita, le compagne continuano a vivere nelle parole e nelle azioni delle sorelle.
L’Istituto vuole essere un luogo di incontro per donne di tutto il mondo, con l’obiettivo di andare a consolidare una sorellanza più capillare, costruire e condividere ricerche e conoscenze con le donne curde nel processo liberazione, che vivono e combattono nella Siria del Nord e dell’Est. Le compagne internazionaliste hanno voluto scrivere questo testo per dare spazio e voce alla storia delle donne curde, alla loro resistenza e all’ideologia che da essa si è sviluppata, descrivendone le sue prospettive teoriche e pratiche.

Le compagne del Comitato di Jineolojî Italia che hanno presentato il testo hanno spiegato come, nella versione italiana, il titolo e molte altre parole all’interno del testo, non siano state volutamente tradotte e siano rimaste in curdo, loro lingua originale. L’intento è quello di preservarne il significato complesso e di non adottare un approccio colonizzante che, spesso, invisibilizza e sminuisce la profonda cultura dei popoli non occidentali.

La politica che stanno portando avanti le compagne curde è il confederalismo democratico: una democrazia radicale che responsabilizza tutti nella gestione politica è sociale, un’ ecologia sociale e la liberazione della donna. Prima dell’oppressione di classe, tra schiavo e padrone, esisteva già l’oppressione dell’uomo sulla donna: la prima vera oppressione.

È stato fatto un approfondimento partendo dal concetto di femminilità e mascolinità nell’attuale società capitalistica. Il libro ricostruisce difatti la storia della donna, la così detta HER-story, silenziata, che si contrappone alla HIS-story di dominio comune, partendo da una rilettura in chiave femminista della storia umana, dal neolitico sino ai giorni nostri, passando dalla reinterpretazione dei miti.

Il testo, sviscera l’ideologia della Jineolojî spiegandone le teorie e i pilastri fondanti attraverso le semplici parole delle donne curde intervistate. Tra questi sono stati citati: l’amore per la terra e il territorio, l’organizzazione, la libera volontà e il libero pensiero, l’autodifesa, la lotta e infine l’etica e l’estetica.

Per restituire la profondità di quanto condiviso durante la presentazione si riportano alcuni tratti del libro che sono stati letti.

“Per liberarci dall’oppressione patriarcale e dallo Stato sociopolitico occorre tendere a un pensiero e un’azione libera, va fatto intraprendendo la conoscenza di noi stesse-strettamente collegato con l’autodifesa e alla resistenza agli attacchi militari al popolo, quanto con l’oppressione quotidiana nel lavoro, nelle relazioni, causato dal capitalismo.”
“La più grande lotta nel PKK è la lotta con sé stesse: una guerra ideologica e di pensiero per costruire una personalità libera. Il potenziale che questo genera è ciò che può davvero portare avanti la lotta contro il nemico. All’interno del PKK ciò che più ha portato a interrogarsi e a lottare è stato questo punto: una lotta ideologica, di genere, per un compañerismo reale secondo i principi di creazione della libertà. Fino a oggi, ancora, ciò per cui ci sforziamo e lottiamo di più e la causa per cui viviamo le più grandi difficoltà è questo punto: la lotta per raggiungere una personalità libera, una vita libera come donna e la trasformazione dell’uomo, della sua mentalità di dominio. Stiamo combattendo insieme e io potrei cadere martire al tuo fianco. Con grande determinazione e con grande eroismo ci si stringe le mani e si combatte spalla a spalla, ma, allo stesso tempo, nella vita si combatte per raggiungere la libertà. Non è una cosa semplice. Per poter condurre una lotta intensa contro il nemico dobbiamo condurne una eccezionale nei confronti della nostra personalità. Le due cose vanno messe in connessione. Se perdi nella vita, perdi in guerra.”
“Le donne sono state ridotte ad oggetti sessuali e, a causa di questo fenomeno, si sono adeguate a degli standard, ma, in realtà, ciò che è veramente bello è nell’anima, nei pensieri, nei valori come la solidarietà, l’essere sé stesse ed essere capaci di esprimersi da sole. Queste sono cose che hanno molto più a che vedere con la bellezza”
Da queste parole, emerge il tema fondamentale del raggiungimento di una vera libertà della donna, che passa attraverso la necessaria accettazione di sé stesse e la valorizzazione del suo reale potenziale, svilito da 5000 anni di oppressione patriarcale.

“Il neoliberismo dice che il tempo delle ideologie è finito, ma in realtà esso stesso è un’ideologia forte che dice alla gente: non pensare, non agire, non organizzarti. Preoccupati solo di andare al lavoro e di goderti la tua vita e i piccoli scarti che puoi raccogliere, perché stai comunque molto meglio di tante persone nel mondo. Questa mentalità crea un ambiente in cui le persone non sono più in grado di discutere fra loro e di capirsi: ognuna vive la sua crisi personale. A volte accade anche che quando ti organizzi è come se dicessi: ‘Ora faccio parte di un’organizzazione e non ho più responsabilità. Non è così, infatti organizzarsi significa prendersi la responsabilità della propria vita, ma anche della vita del collettivo’. Emerge una forte critica al sistema sociale neoliberista, capitalista e patriarcale nel quale si vive perennemente in contraddizione. L’interiorità che vorrebbe professare dei principi etici è costretta a convivere in un contesto basato sull’alienazione del singolo, nel quale non c’è nessuno spazio per questi. Così facendo, viene sventata ogni possibilità di creare una forza collettiva che potrebbe cambiare le cose, a vantaggio di tutte e tutti .
Ad oggi, il comitato Jineolojî Italia ha il suo nucleo maggiore a Roma, ma donne nel processo di liberazione, che sono parte attiva del comitato o che sono venute in contatto con esso, si trovano in tutta la penisola e nelle isole.

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