giovedì, 2 Maggio 2024

“UnderMySkin”, alla scoperta della Techno aretina: intervista a Paolo Peruzzi

Il suo nome d’arte, “UnderMySkin”, suggerisce che sotto la sua superficie esiste uno strato ancora nascosto, non del tutto emerso alla luce del sole.

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Paolo Peruzzi, classe 96, aretino d.o.c., giovane animato da enorme passione e spirito di sacrificio. Si presenta cosi’, con la pelle arricchita da tante scritte di colore nero e simboli geometrici un po’ mistici. Il suo nome d’arte, “UnderMySkin”, suggerisce che sotto la sua superficie esiste uno strato ancora nascosto, non del tutto emerso alla luce del sole. Paolo trascorre la maggior parte del suo tempo ad Arezzo,nello studio che si e’ costruito da solo negli anni, con pazienza e sudore, come ogni autodidatta che si rispetti.

Paolo, com’è’ che sotto a questa pelle c’è’ un universo sotterraneo, ancora quasi del tutto inesplorato?
Un giorno, mentre stavo rinchiuso nel mio studio, mia mamma venne a trovarmi. Fui colto di sorpresa,  perché’ ero immerso in uno di quei momenti creativi che hanno gli artisti. Il suo ingresso mi riporto’ alla realtà’ perché’ non mi ero accorto di star suonando a volumi davvero esagerati. I miei genitori sanno, come tutti coloro che mi gravitano attorno, che quando lavoro non voglio essere disturbato per nessun motivo. Quel giorno, pero’, molto poco casualmente, mia madre lo fece un po’ per preoccupazione verso i vicini, un po’ anche per comunicarmi che la mia musica le stava dando “un sacco di vibrazioni sotto pelle”.  Disse proprio cosi, furono queste le sue esatte parole. A dirla tutta, fu strano. Se ci penso adesso, lo e’ ancora e li’ per li’ ricordo che  rimasi senza parole. Poi, destato, percepii un brivido e la ringraziai di cuore; avevo trovato il nome per il mio alter ego artistico.

Qual e’ stato il momento esatto in cui hai realizzato che la techno era il tuo genere e il percorso ragionato e mirato che avresti, poi, di fatto intrapreso?

La storia d’amore con la techno e’ indiretta. Passa, prima di tutto, da una base di EDM (Electronic Dance Music), dopo che comprai il mio primo computer con i vari software annessi. Dopo un po’, ho cominciato a scaricare musica techno, a comprare alcune tracce con l’intento di mixarle. Gia’ le prime volte in cui mi mettevo a farlo, sentivo che ero sulla strada giusta. Certo, non mi fu subito chiaro che avrei percorso la strada di oggi, pero’ fortunatamente, passo dopo passo, e’ qui che mi sono diretto. Quella ritmicità’, i suoi schemi, i giochi che potevo fare su una traccia techno,  mi davano tutti una certa energia, mi incentivavano a creare, di continuo.

Stare dietro una consolle gode di un fascino particolare. Chiunque sia andato almeno una volta nella vita in discoteca sa che la figura del dj appare più’ come un divertimento. Puoi dirci, invece, che vuol dire essere un dj e che tipo di responsabilità comporta? La responsabilità’ direi che e’ prima di tutto economica. Essendo questo un lavoro che, si, sembra più un gioco che altro, nel nostro Paese non gode del rispetto di cui dovrebbe godere in toto. Cio fa si che le retribuzioni non siano eque, specie agli inizi. Pretendere il giusto riconoscimento al tuo lavoro penso sia la base, rimanendo ovviamente coi piedi per terra e restare consapevole che ogni cosa, nella vita, procede per gradi.

Il locale più’ bello e importante dove hai suonato, ad esempio, ti ha messo a dura prova? Quando ho suonato all’Amnesia a Milano (due date nel 2018) ho sentito la pressione. E’ una discoteca famosissima, con una reputazione dorata che si riscontra anche nel fatto che la lista d’attesa dei dj che vogliono esibirsi li e’ pressoché infinita. Per me e’ stata un’emozione fortissima, accentuata dalla fan base che mi sono  portato da casa, visto che abbiamo fatto un pullman di gente apposta per l’occasione. Ammetto che, combattere i miei demoni, non e’ stato affatto facile. “Quelle rappresentavano delle esibizioni importantissime”, per cui, dietro le quinte, mi sono imposto di sbloccarmi, di dare il massimo. Prima di salire sulla consolle mi sono voluto svuotare di tutte le emozioni negative che sentivo albergarmi dentro. Cosi, di colpo mi sono concentrato, ho  usato la tensione in mio favore e sono uscito soddisfatto da quel luogo magico. Grazie a questo esercizio, la volta dopo che mi sono esibito, ho impiegato meno tempo per sentirmi pronto. E’ stata una scuola breve, ma intensa e significativa.

In generale, riesci ad essere soddisfatto di te e delle tue performance o, a volte, vieni via con l’amaro in bocca ? Questo dipende. Ci sono varie serate in cui sono piuttosto soddisfatto, mentre in altre torno a casa pensando che avrei potuto fare un po’ di più. Quando ho suonato a Milano ero al massimo della felicita’ ; chiaramente non sempre accade, ma finora non rimpiango niente. All’Amnesia volevo dare tutto e, fortunatamente, sono riuscito a farlo.

Qual e’ il singolo a cui sei più’ affezionato e perché?
Si tratta di una intro per le aperture dei miei dj set. Ancora non e’ uscita, perché’ e’ un progetto delicato e intimo, quindi ancora in fase di lavorazione. Quella traccia mi tocca a trecentosessanta gradi nel mio percorso artistico; riassume tutte le mie influenze e tutte le mie ispirazioni musicali. Posso dire che rappresenta un po’ i miei gusti, il mio stile, ma soprattutto la mia storia e il lungo percorso fatto fin qui. Si, ecco. La traccia in questione e’ la mia identità.

Quanto tempo dedichi nella realizzazione di una traccia a partire dal momento in cui  la pensi come progetto, fino ad arrivare al momento in cui clicchi su “salva” e la consideri ultimata? Questo varia in base all’ispirazione. In genere, se sono particolarmente ispirato, nel giro di 10 giorni compongo una traccia. Ci metto abbastanza poco, perché’ sono uno stacanovista e questo e’ sia il mio miglior pregio che il mio peggior difetto… (ride, ndr)

Chiaramente. Da stacanovista consapevole, dicci: quanto del tuo tempo lo passi in studio?
Minimo otto ore al giorno, ma, ultimamente, capita anche di più. Dopo la pandemia e il lockdown sento di dover recuperare del tempo perduto. A volte non dormo la notte, non riesco a rimandare un progetto che ho già in testa al mattino dopo. Non posso aspettare, devo farlo uscire e fissarlo sul computer.


Dicci la verità’: Hai paura dei giudizi del pubblico? Di questi tempi e’ sempre più esigente, meno paziente e spietato. Con l’avvento dei social che hanno ritmato tutto molto più velocemente, si può’ dire che le aspettative sono diventate sempre più alte. Temi mai di non essere all’altezza delle orecchie di chi ti ascolta?
Penso sia una paura comune agli artisti. Il più grande la condivide alla stessa maniera col più piccolo ed esordiente. Personalmente, mi focalizzo sul pensiero che, se la mia musica piace, e’ un bene, perché’ raggiunge altre persone. Al contrario, nell’eventualità’ che  un mio pezzo non trovi  riscontro in chi mi ascolta, non me ne faccio un cruccio. E’ giusto cosi, la musica e’ un fatto personale e ogni motivazione di apprezzamento e non, e’ valida. Non sono spaventato dai giudizi, fanno parte del gioco e li metto in conto. Ho alcuni amici molto stretti che mi confidano con tranquillità’ che un mio pezzo non gli piace e me lo fanno sapere senza tanti giri di parole. Io apprezzo, faccio tesoro dei loro pareri e cerco di ricordarmene quando lavoro sulla traccia seguente.

Saresti pronto ad accogliere un successo importante o avresti, almeno di primo acchito, qualche difficoltà’ nel pensare come fare a gestirlo? Il mondo della techno sforna dei miti, delle leggende che hanno compensi  stellari. Come ti sentiresti a diventare un loro collega?
Facendo un bellissimo sogno ad occhi aperti, direi che per me e’ una questione di adattamento, come lo e’ stato all’inizio con persone più esperte di me e che oggi sono miei collaboratori. Credo sia una scalata; quando sei in cima devi ricordarti che hai altro attorno. Da un giorno all’altro sarebbe sicuramente terrificante per tutti, forse. Basta immaginare di stare affianco al proprio idolo cosi, di botto, doverlo subito considerare come un tuo pari senza avere il tempo di realizzare che fino a poco fa era l’effigie di un poster appeso in camera da letto. Con il tempo, chiaramente, se usi la testa e fai riferimento alla tua arte e a ciò che ami fare, impari a non vivere di estremi, a trovare la tua quadra e quindi, a ritagliarti un posto adeguato, senza colpi di testa.

Quindi sei soddisfatto,oggi, di UnderMySkin?
Sono fortemente grato a quegli artisti, a quei dj che mi spronano adesso a proseguire in questa strada, perché la loro musica mi ha sempre motivato. Uno pensa che davanti alle grandezze altrui ci si debba fermare, ma il talento e la maestria devono anche essere un carburante che  accende quello che un altro ha dentro. Io ho avuto bisogno di motivazioni, di limiti da superare. E’ qualcosa che, professionalmente e umanamente, non mi mancherà’ mai e troverò’, per certo, da ogni parte. Perciò, si. Sono felice di questo percorso, consapevole che può’ solo migliorare col duro lavoro e la passione che mi brucia dentro.

di Arianna Staderini  

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