venerdì, 19 Aprile 2024

Salvare la Tunisia dal baratro, un impegno internazionale. Gentiloni incontra il Presidente Tunisino Kais Saied

Il Commissario europeo Gentiloni incontra il Presidente Tunisino Saied. L'obiettivo è stabilizzare la crisi finanziaria tunisina, sbloccando i fondi del Fmi. Necessarie le riforme e il rispetto dei valori democratici.

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La tempesta perfetta di migranti nel Mediterraneo preoccupa a tal punto che sulla situazione della Tunisia intervengono leader di tutto il mondo. Dopo la recente discussione europea di Giorgia Meloni che ne tratteggia la potenzialità in un arco di tempo medio breve ( negli ultimi 5 giorni ci sono stati 6.500 sbarchi sulle coste italiane), il Commissario Europeo per l’Economia, Paolo Gentiloni, è volato ieri, 27 Marzo 2023, in Tunisia proprio per avere un incontro con il Presidente della Repubblica tunisino Kais Saied. Un incontro che sembrava saltato, in un primo momento, ma che ha poi avuto luogo e al quale hanno partecipato, accanto alla delegazione UE capeggiata da Paolo Gentiloni, anche il Primo Ministro Najla Buoden Ramadan ( unica donna a capo di un governo di un paese arabo), diversi ministri, il governatore della Banca Centrale Marouane Abassi e i rappresentanti del settore privato e della società civile.

Al centro dell’incontro, “la necessità di sostenere una stabilità in una nazione che ha forti problemi finanziari che se non dovessero essere affrontati rischia di generare una ondata migratoria oggettivamente senza precedenti – così la Premier Giorgia Meloni ammoniva alla fine dell’ Eurosummit dei giorni scorsi, aggiungendo tra le altre cose che – “a monte la questione cardine fondamentale è il Fondo Monetario internazionale ( Fmi) , quindi un lavoro diplomatico che va fatto per convincere entrambe le parti ( il Fmi e il governo tunisino) a chiudere questo accordo per stabilizzare finanziariamente la regione. La forma di assistenza macroeconomica europea è compresa nel lavoro del Fondo monetario internazionale. Paolo Gentiloni parlerà sicuramente di questo, ma a monte è molto importante lo sblocco del Fmi. Dopodiché io credo che ci siano altre possibili forme di investimento che devono essere fatti in Tunisia, di tipo infrastrutturale, posto che sul piano finanziario il grosso compito spetta al Fmi.”

Il primo incontro diplomatico tra la Tunisia e L’UE si è quindi basato sulle proposizioni che il nostro governo aveva lanciato in Europa. Paolo Gentiloni ha infatti affermato che “la Commissione Europea è pronta a prendere in considerazione un’ulteriore assistenza macrofinanziaria alla Tunisia se saranno soddisfatte le condizioni necessarie. La prima condizione necessaria è l’adozione da parte del Fmi di un nuovo programma di esborso. E’ essenziale che questo avvenga il prima possibile. La Tunisia non verrà lasciata sola ma questo incontro è anche l’occasione per riaffermare il nostro impegno nei confronti dei valori della democrazia, dell’inclusione e dello Stato di Diritto.”

La Tunisia sta, infatti, affrontando la fase più dura di una crisi economica iniziata con la Rivoluzione dei Gelsomini del lontano 2011, che pose fine alla lunga dittatura di Ben Alì, all’insegna di una necessaria volontà di riscatto democratico e contro la povertà diffusa. Purtroppo però le condizioni della popolazione libera da anni di dittatura non ha provocato una rinascita economica, tutt’altro: le riforme democratiche sono rimaste incompiute e l’economia è tuttora in ginocchio. Dopo le ribellioni popolari del 2018, contro la fame, la disoccupazione e la corruzione, nel Luglio 2021 il Presidente della Repubblica Kais Saied con un golpe definito di velluto, ha di fatto esautorato il Parlamento, licenziato il governo e assunto nelle sue mani tutto il potere. Malgrado il silenzio complice di una parte della popolazione, di tutta la polizia e delle forze armate, neanche l’accentramento dei poteri ha sanato la profonda crisi finanziaria del paese. Tanto che lo stesso Saied ha iniziato dalla scorsa primavera una serie di incontri diplomatici con l’Europa, con il Fmi, con la Banca Europea e con i fondi dei ricchi paesi arabi del Golfo per ricevere finanziamenti e investimenti nel suo Paese.

Le trattative sono molto complesse. Il Fmi sarebbe disposto a concedere 1,9 miliardi di dollari, ma in cambio chiede riforme severe: risanamento delle imprese pubbliche, controllo dei salari, ridimensionamento dei sussidi. L”Europa, inoltre, chiede che accanto a queste riforme strutturali, vengano ristabiliti i valori democratici, una richiesta quantomeno imbarazzante per il Presidente Saied che detiene quasi il potere assoluto.

Il tavolo, quindi, si basa su una trattativa non solo economica, ma soprattutto sociale e politica.

La società tunisina, sull’orlo del baratro, per la mancanza di una prospettiva concreta di uscire dalla crisi che la inginocchia, ingrossa le file di migranti pronti all’espatrio. Una quantità di persone che si aggiunge ai circa 20 mila migranti di origine africana, giunti sulle coste di Sfax. Il Presidente Saied nei giorni scorsi aveva lanciato una campagna contro le immigrazioni illegali, accusando le popolazioni subhariane di alimentare la criminalità. Parole che sono state definite razziste dalla Banca Mondiale e che ha colto l’occasione per bloccare le trattative con Tunisi per una serie di finanziamenti.

Una situazione decisamente incancrenita dalle recenti rivolte degli stessi tunisini contro migranti africani che denunciano maltrattamenti e violenze da parte della popolazione locale. Nessuno vuole restare più lì, né i migranti né tanto meno i residenti.

Una sola barca, troppo piccola e poco resistente per sorreggere e contenere il flusso di cambiamenti politico-economici che dovrebbe investire il Paese, e ai quali, l’incontro di ieri, tra il Presidente della Commissione Europea e il Presidente Kais Saied, ha dato poco rinnovamento, se non aver posto le prime condizioni perché avvenga nel prossimo immediato futuro in direzione democratica.

Nel frattempo, si sta registrando un continuo e crescente afflusso di migranti. Ogni notte dalle coste di Sfax, Mahdia e Chebba, la Guardia Costiera tunisina intercetta decine di barconi stracolmi di persone, mentre altre fatiscenti imbarcazioni continuano a naufragare: nell’ultima settimana oltre 100 migranti affogati e più di 3000 fermati.

Uno stallo politico che impedisce l’agognato sblocco del Fmi di cui parlava Giorgia Meloni e al quale si aggiungerebbero anche altri finanziamenti privati da parte di Italia e Francia. Antonio Tajani ha recentemente affermato che “sosterremo con 110 milioni di euro le piccole e medie imprese tunisine attraverso l’Agenzia di Cooperazione e sviluppo. Mi auguro che il Fmi raggiunga l’accordo indispensabile per dare stabilità alla Tunisia. Ma è importante che si facciano le riforme.”

Anche la Francia, tramite il suo ambasciatore a Tunisi, Andre’ Parant, si dice pronta a coprire il fabbisogno finanziato fino al 2024, erogando 250 milioni di euro per colmare il deficit di bilancio tunisino, a patto che vengano approvate le riforme sulla governance delle imprese pubbliche.

L’ultima nota giunge dagli Stati Uniti, con il portavoce del Consiglio per la Sicurezza nazionale, che dichiara il sostegno alla stabilizzazione della situazione economica tunisina e alla realizzazione del programma da 1,9 miliardi di dollari del Fmi.

Tutti d’accordo. Tutti, stranamente, riconoscono il potenziale pericolo della deriva di un intero paese. Tutti vogliono evitare il peggio, quando il peggio è già arrivato.

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