martedì, 16 Aprile 2024

L’istruzione del Merito non è per tutti. I più fragili non sopravvivono.

Un'altra giovane studentessa, vittima della competizione sociale e della corsa allo studio.

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E’ del 2 Marzo 2023, l’ennesima notizia del suicidio di una giovane studentessa universitaria. L’ultima che si aggiunge ad una lunga lista di ragazzi, per lo più giunti quasi alla fine del loro percorso di studi che decidono di smettere di vivere. E non è un dato casuale, la convergenza di questi due elementi apparentemente discordanti. E’ proprio lo studio la causa di queste morti precoci e assurde.

Le mancava un esame di latino ma non l’aveva detto alla famiglia, anzi aveva annunciato la data della sua laurea in Lettere moderne. Questa la storia della ragazza di 27 anni, che si è uccisa ieri a Somma Vesuviana e che ha preferito farla finita piuttosto che fare i conti con le bugie che nel corso di questi mesi aveva raccontato a casa.

Come lei, tante sono le vite spezzate dai ritmi universitari altamente competitivi nei quali i soggetti meno forti non sanno muoversi e che per timore, vergogna o umiliazione non sanno e non vogliono raccontare alla famiglia.

Solo il primo febbraio scorso era stata trovata morta nell’Università Iulm di Milano, una ragazza di 19 anni, impiccatasi in uno dei bagni dell’Istituto Universitario delle lingue moderne, lasciando a spiegazione del suo gesto solo un biglietto.

Il problema di cui, purtroppo, si parla ancora troppo poco sta diventando una piaga sociale e ne parlano da tempo mediante varie forme di espressione, associazioni studentesche di tutta Italia. A partire dalle testimonianze raccolte durante le manifestazioni della sapienza dell’autunno scorso, sino ad arrivare alle ultime dichiarazioni dell’ Unione degli Universitari (UdU) che in una nota ufficiale tuonano: “Negli ultimi anni abbiamo visto il progressivo deterioramento della salute mentale, anche a causa di una costante pressione sociale che impone un modello sempre più performativo. Denunciamo come il sistema universitario non solo sia incapace di ascoltare e supportare coloro che manifestano difficoltà durante il proprio percorso di studi, ma anzi li sottoponga a uno stress continuo, a delle aspettative sempre maggiori. Sul fronte del supporto psicologico, poi vi sono soltanto servizi di counseling che, da soli, non possono affrontare appieno le esigenze e i bisogni psicologici della popolazione giovanile.”

Ed è forse la prima risposta a questa problematica immensa che interessa tutto il territorio nazionale, quella giunta ieri dal rettore, Matteo Lorito, della Università Federico II di Napoli, dove studiava la ragazza di Somma Vesuviana di 27 anni trovata suicida, il 2 Marzo scorso, che si è espresso così “è un’enorme perdita perché quando si spegne una giovane vita è sempre un fatto enorme. Se ci sono malesseri forti, vi chiediamo di segnalarceli, non siamo solo erogatori di didattica ma vogliamo aiutare ancora i nostri più deboli e fragili. Abbiamo gli strumenti per farlo, abbiamo persone che si occupano a tempo pieno di questo.”

Purtroppo, le segnalazioni e le impressioni degli studenti, di vari altri atenei, in Italia sono di diverso avviso. Mancano le strutture , le tasse universitarie pubbliche sono trasversalmente considerate troppo onerose, pochi gli alloggi universitari e alti i costi per gli studenti fuori sede. Insomma un panorama che alludendo al merito, non considera, anzi taglia fuori tutti coloro i quali non hanno le disponibilità economiche per affrontare trasferte giornaliere e per mantenere gli standard necessari a non andare fuori corso -evitando così una maggiorazione delle tasse – e che al contrario sono portati a cercare un lavoro che rallenta, nella migliore delle ipotesi, le prestazioni universitarie.

Il fenomeno dei suicidi tra giovani studenti, va avanti da anni, ma negli ultimi tempi, forse anche a causa dell’effetto pandemia, i numeri stanno crescendo preoccupantemente. Dal sito Skuola.net si evince chiaramente, da un report istat del 2020, (sottostimando i recenti avvenimenti), che in Italia avvengono annualmente circa 4000 suicidi e di questi oltre il 5%  vede protagonisti ragazzi sotto i 24 anni. Lo studio parla di 200 casi l’anno, un’enormità,per parafrasare il Rettore della Federico II.

Non solo. Da un altro studio condotto su 1000 studenti, sempre da Skuola.net, ben il 35% degli studenti intervistati ammette di aver mentito alla famiglia sul reale percorso di studi intrapreso. Tra quelli più recenti, ricordiamo Riccardo, il 26enne della Provincia di Padova che lo scorso Novembre, a bordo della sua auto si è andato a schiantare volutamente contro un albero, lo stesso giorno che avrebbe dovuto conseguire una laurea in Scienze Infermieristiche della cui discussione non c’era traccia. Come Riccardo, un altro giovane, questa volta di 23 anni, di origine abruzzesi, ad inizio Ottobre 2022, è stato ritrovato cadavere nel fiume Reno, a Bologna: anche lui aveva annunciato alla famiglia la data della laurea, ma era ben distante dalla fine del percorso. Motivazioni che hanno condotto all’estremo gesto anche uno studente iscritto al terzo anno di Medicina a Pavia che all’inizio della pausa estiva (25 Luglio), di fronte alla paura di non riuscire a restare in regola con gli esami, rischiando così di perdere la borsa di studio per il successivo anno accademico, compromettendo forse la sua permanenza nella città e di riflesso il suo percorso di studi, ha reagito togliendosi la vita all’interno dello studentato dove era ospitato, spiegando il suo gesto inviando una lettera al Rettore dell’Università.

Nuovamente i vertici di queste Istituzioni, che dovrebbero essere il luogo di aggregazione positiva e di crescita sia individuale che sociale, vengono interpellati sulla serietà della questione. Una preoccupazione che ci appare oggi, non più accettabile e che dovrebbe essere messa al centro delle problematiche del Ministero dell’Istruzione e del Merito, concedendo risorse e non effettuando tagli come previsto ( sono 3.86 i miliardi che verranno tagliati nei prossimi tre anni all’istruzione statale, a fronte di nuovi fondi disposti alle scuole paritarie ). Una preoccupazione che intanto è sicuramente al centro dei pensieri degli studenti, questa massa informe, spesso sottovalutata e non considerata che al contrario doverebbe avere più risonanza: “Ci viene chiesto perennemente – si legge da una lettera scritta da due colleghe della ragazza 19enne trovata morta alla Iulm di Milano il 1 Febbraio scorso – di ambire all’eccellenza, ci viene insegnato che il nostro valore dipende solo ed esclusivamente dai nostri voti. Questo sistema universitario continua e continuerà ad uccidere. Serve prevenire, serve costruire un sistema accademico ed universitario in grado di insegnarci che non siamo numeri, ma persone. Togliersi la vita non è dovuto ad una decisione momentanea. Non ci si impiega certo tre minuti. No, è il risultato di un carico che si porta da mesi, o anni, che la società ci butta addosso senza mai voltarsi indietro a controllare il nostro stato di salute. Non ci si può fermare mai. Siamo costretti a soddisfare delle aspettative, raggiungere dei numeri. Altrimenti sei lasciato indietro, fuori dal sistema, non vali abbastanza.”

 

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