sabato, 27 Aprile 2024

Intervista all’artista ucraina Alina Pash, da X Factor alla guerra: l’orgoglio di un popolo attraverso le sue parole

Intervista all'artista ucraina Alina Pash, nelle sue parole tutto l'orgoglio di un popolo sotto attacco, dal suo esordio ad X Factor ai palchi di tutto il mondo fino a farsi portavoce di una nazione resiliente e combattiva

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Nell’ultima edizione del Festival Arezzo Wave, tenutosi l’8 e 9 ottobre a Cavriglia, oltre alle band in concorso, sono salite sul palco due artiste d’eccezione, l’artista ucranina Alina Pash e la nostra Frida Bollani Magoni. In questa occasione abbiamo avvicintato la nota artista ucraina per porle qualche domanda, lei che è una portavoce importante di un popolo sotto attacco. L’intervista è della nostra inviata Arianna Sofia Staderini.

Ciao Alina, è passato un po’ di tempo da quando hai calcato il palco di X Factor Ucraina (sono 6 anni). Che cosa ti ricordi di quella prima volta in televisione? Ti saresti mai potuta immaginare un simile successo?
Devo dire che mi sento ancora quella ragazzina semplice venuta via dal suo paesino per raggiungere il sogno di X Factor. Mi chiesero di parlare di me, raccontare chi ero, dissi che avevo dei sogni, che ero molto attaccata alla mia famiglia e profondamente legata alle mie origini. Sì, volevo diventare una famosa superstar mondiale, le solite cose che fanno sorridere. Infatti, loro non mi presero sul serio, pur assecondando il mio spirito sognante. È vero: ci sono così tante persone che coltivano questi sogni di successo, carriera e popolarità, ma io sono sempre stata un tipo piuttosto combattivo e ostinato e infatti eccomi qui. Sono grata di poter vivere di questo, di viaggiare per il mondo, raggiungere luoghi come questo. Sono appena tornata dall’America (ho partecipato al Burning Man festival) ed è stato magnifico. Quest’estate, invece, ho tenuto concerti per raccogliere fondi da inviare in Ucraina; ritengo che noi artisti abbiamo questo compito, specie adesso. Ora più che mai dobbiamo farci sentire, far sapere a tutti come stanno le cose, dobbiamo spostarci, diffondere la nostra energia. Noi ucraini non siamo deboli, siamo forti, resilienti, coraggiosi e il mondo intero deve saperlo per questo ne parlo a ogni festival a cui partecipo, come ho fatto l’estate passata. Personalmente sono riconoscente per tutto quello che ho ottenuto da Xfactor in poi, ma forse ancora prima, da quando ero una bambina e mia mamma mi dette un microfono dicendomi: “So che puoi farlo, tesoro” ed è stato così. Ad oggi mi sento ancora molto emozionata ad esibirmi o prima di un’intervista come questa, perché ci tengo tantissimo, sono tesa anche se so di non averne motivo. Quello che voglio è lasciare qualcosa di speciale, emanare la mia luce, fare tutto al meglio.

Sfortunatamente, a causa di un malinteso non hai potuto partecipare all’Eurovision contest. Si parla, ovviamente, di un palco determinante per la carriera di un artista. Ritieni di aver perduto un’occasione importante per te o sei contenta e realizzata così come sei?
Mi rendo conto dell’importanza politica di un palco come quello dell’Eurovision, perché avrei potuto lanciare un messaggio importante per il mio paese e io volevo farlo. Avrei potuto parlare delle forti radici dell’Ucraina, di quanto siamo legati ai nostri antenati proprio ora che stiamo scrivendo la nostra personale storia. Sarebbe stato un evento grande, di indubbia rilevanza, e di certo non si tratta di un palco a cui sono abituata. Tutti, in questa vicenda, si sono chiesti perché io fossi così seria, così assorbita dalla questione, però io dal canto mio ho avvertito che per la mia nazione era un momento delicato, così ho voluto portargli rispetto. Ciò che è accaduto è stato spiacevole e io avrei dovuto esser più precisa nel presentare certi documenti e nell’esporre certi fatti. Per questo però mi sono scusata già mille volte, l’ho fatto apertamente perché mi dispiace davvero per gli ucraini; non è stato carino. Comunque a me, davvero, sta bene così. Anche se non sono andata all’Eurovision, sono comunque qui in Italia a portare il mio messaggio, a parlare della mia amatissima patria, raccontare della sua cultura. Scrivo lo stesso canzoni, cercando di ispirare gli altri anche in un periodo di forte stress come quello che stiamo vivendo. Noi resistiamo, combattiamo, non ci perdiamo d’animo. Io mi trovo qui, sono viva, non m’importa dell’Eurovision. Mi conquisterò altri palchi, tutti quelli che verranno e cercherò di ottenere l’attenzione per questo scopo che è onesto. Non si tratta di fama, ma di qualcosa di più e anche se si può pensare al solito clichè, non è così per me. Io sono felice anche sperimentando una sofferenza così grande, perché mi sento più consapevole e proprio come la mia nazione, sto costruendo me stessa dalle macerie, scegliendo poche fidate persone di cui circondarmi, che credano in me come io in loro. Allora, così facendo, anche i miei sogni cambieranno e cresceranno, permettendomi di migliorarmi sempre di più. Sono fiera di chi sono come lo sono di tutte quelle donne ucraine che sono esemplari. Guardo i miei amici e penso a questo, penso a tutte le forze armate in prima linea e penso a questo. Ci sono così tante persone nel mondo che cercano costantemente di essere la miglior versione di loro stessi, badando ai figli, cercando di guadagnare il necessario, tirando avanti su tutti i fronti. Penso che dovremmo imparare a scambiarci le energie, è quello che cerco di fare con la mia musica che non mira a sperimentare solo vari generi come il folk o il rap ma a cantare dell’unione fra le donne, per dimostrare quanto possiamo essere eclettiche. Possiamo urlare, piangere nel bel mezzo di una canzone, gridare a squarciagola. È questo che tento di ricreare: un dialogo col mondo.

Quanto è difficile allora essere un artista ucraina in questo difficile momento storico dove tu, per forza di cose, rappresenti una nazione, un popolo a cui dai veramente voce. Credi di rappresentare, quindi, una specie di bandiera per l’Ucraina?
Percepisco fortemente come questi ultimi eventi stiano effettivamente cambiando tutti noi, di ogni sesso e di ogni età. Gli ucraini, nella fattispecie, dopo due anni di pandemia hanno dovuto fronteggiare la guerra, un’invasione di campo importante perché hanno occupato casa nostra. Io amo viaggiare, è una mia passione; però voglio avere una casa dove sentirmi me stessa, al sicuro. Una casa è il luogo in cui puoi costruire qualcosa di importante. Io conosco bene il grande potenziale delle mie tradizioni, della mia lingua e della mia cultura e voglio contribuire al loro miglioramento, aggiungervi qualcosa di mio che faccia la differenza. Ad oggi essere un artista e rappresentare una nazione vuol dire dover stare attento a ciò che posti sui social media, farlo responsabilmente, soppesando ogni parola, pensando bene al messaggio che si invia. L’esperienza che ho avuto con l’Eurovision, in special modo, me l’ha fatto capire a chiare lettere: non c’è solo lo show business, c’è anche e soprattutto la politica di mezzo. Io so bene che non sono solo un’artista, o almeno non più. Sono molto altro adesso e in virtù di questo cerco di migliorarmi, crescere, essere una vera attivista. Mi tengo costantemente informata sulle vicende che coinvolgono il mio Paese e pure su ciò che coinvolge il resto del mondo; rifletto sugli argomenti che sono importanti, che mi colpiscono per poi trasmetterli al meglio che posso nella mia musica, mediante le mie esibizioni. Vado oltre la superficie, scavo ben più a fondo delle cose, tento di evolvermi di continuo come tante persone che provano a fare lo stesso. Noi ucraini non siamo affatto deboli, lo dico da sempre.

Nella tua commovente canzone “Shadows of forgotten ancestors” tu mandi un messaggio di amore, unione e fratellanza a tutto il tuo Paese, mentre in una passata intervista ti sei autodefinita una “guerriera armata di musica e parole”. Riesci a intravedere un futuro di libertà per la tua nazione, proprio ora che sta rovinosamente cadendo a pezzi?
Posso affermare con sicurezza che vinceremo. È chiaramente ciò che accadrà, prima o poi. Certo, è questione di tempo, ma non ci sono esitazioni sulle sorti dell’Ucraina. Come ho già detto, io stessa voglio poter viaggiare e scoprire il mondo, ma voglio anche poter tornare a casa mia e costruire un futuro spettacolare per la mia famiglia. Voglio poter contribuire all’istruzione e alla cultura del mio Paese; è ciò che ho sempre voluto fare, fin da piccola quando a 10 anni scrivevo poesie sull’Ucraina. Ero questa e oggi sono ancora questa, e quando penso ai progetti che ho per la mia Nazione mi spingo lontano: pretendo di poter costruire Hollywood in Ucraina (ride, ndr). Insomma, quella è casa mia, io lì ho tutto, ho le mie radici, gli antenati che mi danno la forza di proseguire il cammino. È grazie a tutte queste cose che io mi sento a casa, nel mio posto, fra i miei ricordi e le mie certezze. Quando ti senti a casa e sai chi sei, ti senti invincibile. Che altro ti serve? Nulla, puoi fare ed essere tutto.

Un’ultima domanda estremamente rilevante per te e per la tua nazione. Se il Presidente Putin ora fosse seduto qui davanti a te e tu avessi l’opportunità di parlargli, che cosa gli diresti?
Molto probabilmente le ultime parole che sentirebbe prima che io lo divori per poi sputarne i resti, sarebbero tutte riassunte in un bell’insulto. Poi, ovviamente morirebbe perché io me lo mangerei; saprei masticarlo ben bene. Se fosse qui ora concluderei con un bel morso; che altro si può meritare un individuo simile?

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