Mamma Sabina ha quasi 70 anni, ha sei bulloni nella schiena e un’invalidità riconosciuta al 67%. Sposata da sempre con Giuseppe, lo ha visto ammalarsi e diventare via via sempre più grave; invalido al 100% già dal 2014, le sue condizioni sono peggiorate progressivamente, e adesso e a casa loro, a Bitonto, terminale, dopo essere stato anche intubato negli ultimi giorni, rimandato a casa dai medici perché ormai non possono fare più niente. La figlia, sposata e mamma di una bimba, fa quello che può, ma papà Giuseppe è un omone di 90 chili; l’unico che potrebbe essere d’aiuto è l’altro figlio, Nicola, carabiniere per scelta, che però vive su disposizione dell’Arma a 700 chilometri.
“Voglio solo che mio figlio stia a casa, vicino al padre – dice Sabina -, non capisco perché non lo trasferiscono”. E dire che Nicola istanze ne ha presentate ben 11, fra trasferimento temporaneo e definitivo, tutte respinte. Nicola è anche separato, padre di una bimba piccola di cui ha l’affido condiviso; la famiglia si è sfasciata quando lui è stato trasferito prima da Castelvolturno a Secondigliano, e poi in Toscana. Così, mentre lui veniva spostato nella terra di Dante, lei è tornata in Puglia con la loro figlioletta, a Giovinazzo.
Tra legge 104 e affido, a un profano della materia come chi scrive, le condizioni per un avvicinamento di Nicola sembra che ci siano, non così per l’Arma. “Non si comprende il motivo – commenta Nicola del Vento, del Nuovo Sindacato Carabinieri – per cui forse non è stata valutata nella giusta considerazione questa emergenza sanitaria, che dovrebbe permettere a un figlio di assistere il padre negli ultimi momenti di vita”. Alla fine, mamma Sabina desidera dall’Arma nient’altro che una cosa: “Chiedo l’avvicinamento di mio figlio”.