sabato, 5 Ottobre 2024

Padova, crac da 36 milioni di euro: 9 arresti sequestrati 63 conti correnti

Sono stati eseguiti sequestri preventivi di disponibilità finanziarie, ammontanti a oltre 2 milioni di euro, presenti su 63 conti correnti intestati a tre degli indagati a 7 imprese compiacenti

Da non perdere

I Finanzieri del Comando Provinciale di Padova, hanno dato esecuzione, il 25 maggio, nelle province di Roma e Brescia, a un’ordinanza nei confronti di nove soggetti indagati per i reati di bancarotta fraudolenta societaria, patrimoniale e documentale, per frode fiscale e per plurime condotte di autoriciclaggio.

Nel dettaglio, è stato emesso un provvedimento restrittivo della libertà personale, che ha disposto la misura della custodia cautelare nei confronti di sette indagati, sei imprenditori e un direttore di banca, di cui quattro tradotti in carcere e tre sottoposti agli arresti domiciliari, e il divieto di esercizio dell’attività professionale e imprenditoriale nei riguardi dei restanti due, specificamente un ulteriore imprenditore e un architetto.

Sono stati eseguiti, inoltre, i sequestri preventivi di disponibilità finanziarie, ammontanti a oltre 2 milioni di euro, presenti su 63 conti correnti, intestati a tre degli indagati, responsabili, tra l’altro, di reati tributari, e a 7 imprese compiacenti, beneficiarie delle distrazioni operate dalla società padovana fallita e oggetto dell’indagine.

Le indagini hanno rilevato che attraverso operazioni straordinarie di scissione e di cessione di rami d’azienda, nonché utilizzo di fatture false per asseriti lavori edili e artificiosi appostamenti contabili, il sistematico depauperamento dei patrimoni aziendali delle imprese coinvolte, causando così una serie di fallimenti, l’ultimo dei quali nel padovano, con un passivo di oltre 36 milioni di euro.

Così, al fine di consentire la continuità aziendale, gli imprenditori coinvolti si sono avvalsi da un lato di perizie “gonfiate”, realizzate da un professionista compiacente per mascherare lo stato di insolvenza e di dissesto che si era generato, e dall’altro della collaborazione di un direttore di banca, che, sottraendosi agli obblighi previsti dalla normativa antiriciclaggio, ha consentito ai sodali di distrarre rilevanti somme di denaro, veicolandole all’interno di società costituite ad hoc, utilizzate come “casseforti” per il perseguimento di fini e interessi personali.

Già nella fase “romana” delle indagini, i Finanzieri della Compagnia di Este avevano eseguito, nel corso del mese di giugno 2019, tre misure di custodia cautelare in carcere nei confronti degli amministratori di fatto e di diritto delle società coinvolte, sottoponendo a vincolo cautelare 6,8 milioni di euro circa, frutto di reati fallimentari e di autoriciclaggio.

Nella tranche di indagini coordinata dalla Procura rodigina, inoltre, all’indomani del sequestro di beni per oltre 1 milione di euro dello scorso mese di luglio, tra cui 5 autovetture di lusso, 3 fabbricati e le quote sociali di 2 società di capitali, pari all’imposta sul valore aggiunto evasa con l’utilizzo di fatture oggettivamente inesistenti, sono emersi precisi indizi di colpevolezza nei confronti degli amministratori, dei soggetti compiacenti e dei professionisti che li hanno assistiti.

In particolare, è stato accertato che l’organizzazione, tutt’altro che fuori dai giochi, era in procinto di acquisire, con le consolidate modalità riscontrate durante le indagini, altri centri commerciali dislocati sull’intero territorio nazionale, facendo anche ricorso a contributi erogati per far fronte all’emergenza sanitaria in atto attraverso imprese riconducibili alla compagine criminale.

Oltre al pericolo di reiterazione dei reati, l’Autorità giudiziaria ha ravvisato anche la sussistenza del rischio d’inquinamento probatorio, essendosi gli indagati prodigati a distruggere varie fonti di prova e a falsificare, tra l’altro, i contratti di leasing di alcune autovetture sequestrate, stampandoli proprio in prossimità degli Uffici del Tribunale di Rovigo, l’organo deputato a pronunciarsi in ordine al mantenimento del vincolo reale.