venerdì, 3 Maggio 2024

Jah Shaka, addio al timoniere del cultura sound system

Jah Shaka muore lasciando un'eredità unica aldilà di ogni confine di genere musicale. Oltre il dub e il roots reggae, la sua musica resterà quella del sound unico e dei messaggi d'amore e di spiritualità.

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Jah Shaka, The Zulu Warrior, è morto. A darne sin da subito la notizia gli artisti a lui vicini. Una figura davvero iconica della Roots Rock Reggae Music che ha toccato la vita di così tante persone in tutto il mondo. Autore di una serie di brani tra i più iconici del dub e del reggae, oltre che a gestire la sua etichetta discografica, Jah Shaka Music, con cui ha pubblicato brani di artisti del calibro di Max Romeo e Johnny Clark, oltre che dedicarsi alle sue stesse produzioni. Dopo aver imparato e lavorato come ingegnere del suono sotto Freddie Cloudburst, aveva costruito il suo sound system The Jah Shaka Sound System che ha gestito dal 1970 fino ad oggi.   

Nato in Giamaica, Shaka si trasferì a Londra nel 1956, dove incontrò un ambiente ostile e razzista nei confronti dei neri, molti dei quali si erano trasferiti di recente come parte della Windrush Generation. In un’intervista citata da In Sheep’s Cloting Hi-Fi Shaka ha detto: “Nel periodo di Windrush, a Londra, sulle porte delle case, c’erano cartelli che dicevano ‘niente neri, niente irlandesi e niente cani'”. 

Ha detto poi, nella stessa intervista, che in risposta, le famiglie avrebbero costruito i propri sound system, come mezzo per celebrare la comunità e la musica di fronte alle ostilità. “Negli anni 1950 e 1960 a Londra, c’erano feste in casa – 50, 60 persone con solo giradischi”, ha continuato. ” Le feste con i sound system hanno aiutato le famiglie a conoscere altre famiglie, il che era importante in quel momento perché le persone erano costrette a essere segregate”. Molte di queste tensioni sono state drammatizzate, nel film cult del 1980 Babylon, in cui Jah Shaka interpretava se stesso. Il film segue un collettivo di DJ e sound system mentre affrontano la xenofobia, la Gran Bretagna della Thatcher e il National Front. Shaka ha da sempre rappresentato l’aspetto più profondo della cultura del sound system rastafariano, quello più legato alla spiritualità. Il suo sound scuoteva in profondità il petto, combinando il suono ai suoi messaggi di amore, unità e spiritualità.  

“È un po’ come vedere il Mago di Oz per la prima volta; Tutto quel potente, impressionante tuono e rumore impetuoso, poi ti rendi conto che il tumulto proviene da un uomo. Tutti i seguaci del sound system hanno i loro preferiti, e c’è una certa parte della popolazione che ama solo Shaka”. Così scriveva di Jah Shaka Vivien Goldman, giornalista britannica, musicista di culto, ex Flying Lizard, appassionata di dub. 

Shaka rimane un po ‘un mistero. Pochi conoscono il suo vero nome. Gli indizi, tuttavia, rivelano che Shaka è nato a Clarendon Parish, in Giamaica, un’area sinonimo di numerose stelle del roots reggae tra cui Toots Hibbert, Everton Blender, Barrington Levy e Freddie McGregor. Rispondendo a un annuncio sul giornale che offriva il trasporto gratuito a Londra per lavoro, la sua famiglia si trasferì a sud-est di Londra nel 1956. Qui dopo aver lavorato come manutentore per il sound system di Cloudburst riuscì ad ottenere da lui il permesso di suonare alcuni dischi in una sala da ballo borghese dove lo stesso Cloudburst faceva i suoi show. Il sound di Shaka incominciò da quel momento e rapidamente a guadagnare un grande e fedele seguito grazie al suo mix unico di contenuti profondamente spirituali, ritmi ad alta energia e suono senza pari. In particolare, quel fedele seguito includeva molti pionieri del post-punk: Public Image Ltd, The Slits e lo scrittore-musicista Goldman. Ed è proprio Goldman a descriverlo con queste parole “Poi arrivano certi suoni, i suoni che contraddistinguono Shaka. Un suono acuto ti taglia, trascinando una coda come una cometa. Shaka suona la sua arpa, poi il syn-drum; Lo colpisce con una bacchetta o lo suona con le mani, le melodie astratte che corrono come neon liquido attraverso ogni vena. Questa è una musica, una grande improvvisazione, che va oltre il reggae o qualsiasi altra divisione musicale. Quasi oltre la musica fisica, nel mistico; fogli di energia sparati dagli altoparlanti del negozio in piedi barricati.” Continua: “Alcune persone si lamentano, dicono che Shaka porta troppo peso, troppa distorsione. Ma è un artista estremo. A differenza della maggior parte degli organizzatori di sound system, rimane da solo ai comandi, parlando solo quando lo spirito lo dice, scegliendo la musica che ricaricherà le batterie della gente come un accumulatore orgonico”. 

L’artista suonava ancora a Parigi qualche giorno fa e aveva in programma spettacoli nei prossimi mesi. Non si sa molto di più sulla causa della sua morte. 

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