giovedì, 28 Marzo 2024

Rossi, neri, anarchici. La violenza come strumento politico: i fantasmi di un’Italia che torna dal passato

Quando, negli anni '70, molti Paesi europei sono scossi da una grave crisi economica e sociale, l'Italia affronta il terrorismo eversivo a scopo politico di un'intera generazione, quella studentesca, che si divide in rossi e neri. I fantasmi del Bel Paese di quel periodo tornano oggi. È il fallimento di famiglie, scuole, istituzioni politiche.

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Quando, negli anni ’70, molti Paesi europei sono scossi da una grave crisi economica e sociale, l’Italia affronta il terrorismo eversivo a scopo politico di un’intera generazione, quella studentesca, che si divide in rossi e neri. I fantasmi del Bel Paese di quel periodo tornano oggi, e non solo oggi, a colorare le prime pagine dei quotidiani: “Piazze rosse” (Il Giornale 05/03/2023), “Sabato antifascista” (La Repubblica 05/03/2023). Non solo. Sono proprio i vocaboli utilizzati nel linguaggio ordinario che denotato un ritorno al passato per lo Stivale. Compagni, fascisti, anti-fascisti, lotta, Nazione, patria, violenza, anarchia, squadristi, movimento, sono termini che, soprattutto tra i più giovani, se non compresi a fondo, diventano un pericoloso strumento in mano a chi, nell’ambito dell’attivismo politico, predilige la strategia della violenza, degli insulti e del terrore. I recenti avvenimenti di odio politico che hanno interessato alcune zone dell’Italia (come Bologna e Firenze, ma non solo) rischiano seriamente di far precipitare nel caos una nazione, e ci siamo di mezzo tutti. Perché dietro due bande di ragazzi che se le danno di santa ragione per astio politico, ci sono famiglie, scuole, istituzioni che hanno fallito.

Certamente la società è notevolmente cambiata rispetto a quegli anni ’70, dove il controllo delle famiglie era più serrato, il giudizio del docente sullo studente era indiscutibile. Torna, però, prepotentemente, un apparente bipolarismo della classe elettorale più giovane, tra chi si dice rappresentato dalle destre e chi si definisce antifascista. Si cerca di sottolineare proprio questo concetto: nelle più recenti generazioni studentesche è maturata la convinzione (insana) che essere un elettore di destra significhi automaticamente appoggiare una qualche apologia dei fascismi, mentre essere un elettore di sinistra nasconda simpatie per i comunismi del terrore passati e attualmente vigenti (vedi Cina e Cuba, la Corea del Nord si è defilata abbandonando marxismo e leninismo). In entrambi i casi, almeno stando ai documenti istituzionali, ci si allontana dalla realtà. Urge, invece, senz’altro, la necessità di rinnovare il senso di responsabilità della rappresentanza politica, scolastica, dirigenziale, famigliare e sindacale nelle coscienze dei più giovani. Perché se il potere di una piccolissima fiamma viene sottovalutato, la storia del nostro Paese insegna, la realtà delle cose potrebbe anche cambiare. E gli spettri che oggi sembrano lontani, potrebbero entrare dalle finestre e oltrepassare i muri sul serio.

Rossi, neri, anarchici

Gli episodi di Firenze e Bologna, dove i gruppi di associazioni studentesche Azione (destra) e Collettivo (sinistra) si sono attaccati fisicamente, ricordano spaventosamente la Milano degli anni di piombo, quando i “neri” si riunivano a San Babila per andare a picchiare i “rossi“. La Repubblica italiana, impegnata oggi sul fronte del Donbass nella difesa di una nazione aggredita da un nemico esterno, si trova a dover combattere un altro ostacolo interno, il ritorno degli anarchici. Gli attacchi a Roma, Milano, Cagliari e Torino hanno riportato la società indietro non di quarant’anni, ma di oltre un secolo. Con una piccola differenza: Proudhon, Kropotkin e Bakunin istigavano all’insurrezione popolare erigendo barricate costruite culturalmente. Quello che è accaduto a Torino sabato 4 marzo è disordine che ha in cabina di regia soltanto la violenza. Tra gli identificati molti avrebbero raggiunto il corteo anarchico muniti di armi e materiale esplosivo. Inoltre sarebbero stati sequestrati, secondo la Digos, diversi oggetti contundenti: mazze, martelli, cesoie e scudi.

La minaccia degli estremismi: possibilità concreta o mulini a vento?

La battaglia rossa avrebbe come cavallo di battaglia l’antifascismo militante ed il nuovo femminismo, sull’eco della rivoluzione sessuale sessantottina che accomunò diversi Paesi occidentali, ma anche sul concetto di pacifismo e sulla possibilità di un Europa realmente unita sotto i valori delle sinistre. Le destre attuali premono invece sulla forza dei valori tradizionali, della sovranità popolare, sulle capacità della classe imprenditoriale e capitalista per risolvere la crisi economica, oltre a proporre ripetutamente il concetto del “merito”. A Milano, fuori dalle mura del Liceo Carducci, sono stati esposti i volti della Premier Giorgia Meloni e del ministro Giuseppe Valditara (con pieno riferimento a Piazzale Loreto) a testa in giù con delle croci sugli occhi: “Ma quale merito, la vostra è solo violenza” recitava una scritta sullo striscione appeso lateralmente. Ma esiste realmente una minaccia di estremismo politico nel nostro Paese? Nel linguaggio ogni tanto inadeguato di certe figure politiche, nei titoli di giornale, negli accesi scontri tra movimenti studenteschi, è certamente così. Ma sulla carta, se andiamo a considerare lo Statuto dei partiti che formano il Registro nazionale dei partiti politici riconosciuti, questa minaccia non è presente, e diventa un mulino a vento degno delle migliori pagine di Cervantes.

Il Presidente del Consiglio dei ministri, Giorgia Meloni, è stata facilmente attaccata come “fascista” in sede di propaganda elettorale (elezioni 2022) in virtù della sua attività nell’organizzazione giovanile Movimento Sociale Italiano e Azione studentesca, a tutti gli effetti movimenti della destra ed estrema destra italiana. Le manifestazioni contro il Governo attuale si muovono sul terreno dell’antifascismo. Fortunatamente, l’insediamento della prima donna italiana come Premier a Palazzo Chigi non ha causato il ritorno al Ventennio come temuto dall’opposizione e gridato in piazza da sindacati e associazioni. Fratelli d’Italia ha vinto le ultime elezioni con la maggioranza assoluta in entrambe le Camere. Lo Statuto del partito, approvato dalla Commissione di garanzia degli statuti il 20 novembre 2019, recita all’Art.1: “Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale è un Movimento che ha il fine di attuare un programma politico che, sulla base dei principi di sovranità popolare, libertà, democrazia, giustizia, solidarietà sociale, merito ed equità fiscale, si ispira a una visione spirituale della vita“. Garantisce, inoltre, la partecipazione dei cittadini senza distinzione di sesso, etnia, religione, condizioni personali o sociali. Sulla battaglia della condizione della donna il Movimento promuoverebbe le pari opportunità tra uomini e donne e sosterrebbe politiche attive per favorire la partecipazione delle donne alla vita istituzionale. Inoltre, verrebbe favorito l’associazionismo in tutte le sue forme.

D’altra parte, l’estremo a sinistra è rappresentato dal Partito di Rifondazione Comunista. Ecco cosa prevede lo Statuto (approvato il 14 luglio 2022) dell’ideologia sicuramente più lontana dalla destra liberale, capitalista e nazionalpopulista: “Rifondazione Comunista – Sinistra europea è libera organizzazione politica della classe operaia, delle classi popolari, delle lavoratrici e dei lavoratori, delle precarie e dei precari, delle disoccupate e dei disoccupati, delle e dei giovani, delle donne e degli uomini che si uniscono per concorrere alla trasformazione della società capitalista e patriarcale” si legge nella sezione dedicata alle finalità del partito. Per realizzare questo fine si dovrebbe agire seguendo l’ideologia di movimenti anticapitalistici internazionali (si legge sempre nello Statuto), traendo ispirazione dal pensiero di Karl Marx e di Antonio Gramsci. Si propone di rifondare teoria, prassi e organizzazione del movimento operaio per superare la società capitalista nel tempo presente. Riconosce nella sua genealogia la Comune di Parigi e la Rivoluzione d’Ottobre, non certo rappresentazioni delle più grandi esperienze democratiche, ma accettate dalla Commissione di garanzia. Il pericolo della dittatura comunista verrebbe dissolto all’Art.2: “Il Prc-Se rigetta ogni concezione autoritaria e burocratica, stalinista o d’altra matrice, del socialismo e ogni concezione e ogni pratica di relazioni od organizzativa interna al partito di stampo gerarchico e plebiscitario“.

Il dovere, infine, di famiglie, scuole, istituzioni e politica, è quello insegnare e portare avanti i valori che, inseriti all’interno della nostra Costituzione, ci hanno permesso di costruire una società democratica e pluripartitica, dove lo scontro è puramente ideologico. Quando diventa fisico, significa che qualcosa si è inceppato, e occorre subito ricorrere ai ripari e condannare senza mezzi termini l’accaduto. Prima che, appunto, gli spettri tornino a tormentare questo Paese.

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