venerdì, 26 Aprile 2024

Ambiente, petroliera carica di greggio rischia di affondare: conta più il potere che il pianeta

Nessuno ha ancora capito che la posta in gioco è alta. Ogni disastro ambientale, ogni riversamento in mare di carichi di petrolio, ogni esplosione di sostanze tossiche continuerà a compromettere irreversibilmente il mondo in cui viviamo. Intanto, dal 2015 una petroliera carica di greggio è abbandonata a sé stessa.

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Dal 2015, una petroliera ancorata al largo dello Yemen rischia di affondare. È la Fso Safer, arrugginita e piena di petrolio: un carico di più di un milione di barili. Abbandonata e senza manutenzione da 7 anni, potrebbe affondare o esplodere. In ogni caso, le conseguenze sarebbero devastanti. Per l’ambiente, per la popolazione e per l’economia del Paese. La marea nera contaminerebbe l’ecosistema marino. Coralli, mangrovie e tutte le specie viventi e vegetali. Sarebbe impossibile pescare e 1,7 milioni di persone si ritroverebbero senza fonti di sostentamento. Dieci milioni di yemeniti e sauditi non avrebbero più accesso all’acqua potabile. Perché gli impianti di desalinizzazione sul mar Rosso verrebbero compromessi. L’aria inquinata arriverebbe fino alle zone interne, causando infezioni respiratorie. Le conseguenze non colpirebbero solo lo Yemen. Ma anche i paesi vicini. Arabia Saudita, Gibuti, Eritrea, Somalia, Egitto.

Il porto, che collega il canale di Suez al mar Arabico, è uno snodo importante del commercio marittimo mondiale. Da lì, passa anche il 70% degli aiuti umanitari al paese. “La petroliera può esplodere da un momento all’altro”, ha denunciato Julien Jreissati, direttore dei programmi di Greenpeace per il Medio Oriente e il Nordafrica. La situazione è a rischio, ma nessuno interviene. Perché, come al solito, il “rischio ambientale” passa in secondo piano rispetto alle questioni politiche. Diventa addirittura barattabile.

La petroliera è diventata moneta di scambio nel conflitto in corso tra il governo di Abd Rabbo Mansur Hadi, riconosciuto dalla comunità internazionale, e i ribelli huthi, che controllano l’area in cui la nave è ancorata. Legalmente, invece, la petroliera appartiene al governo, tramite la compagnia nazionale Sepoc. L’Onu ha proposto una soluzione alle due parti coinvolte nel conflitto. Ossia, quello di trasferire il carico della Fso Safer su un’altra petroliera. L’iniziativa, però, deve essere approvata da entrambe le parti. E stenta ad arrivare da parte degli huthi. Il gruppo ribelle, di fatto, impedisce l’ispezione della petroliera da parte di una squadra dell’Onu.

La corsa al potere, al pari dello sviluppo dell’economia a tutti costi, continua a sottovalutare la precedenza che occorre dare ai rischi ambientali. Non si è ancora capito che la posta in gioco è alta. Ogni disastro ambientale, ogni riversamento in mare di carichi di petrolio, ogni esplosione di sostanze tossiche continuerà a compromettere irreversibilmente il mondo in cui viviamo. Non serve a nulla rincorrere il potere, se per ottenerlo, si rischia di distruggere quello su cui si vorrebbe esercitare il proprio dominio. SI dovrebbe arrivare a capire almeno questo, se non si riesce a comprendere l’importanza e l’urgenza di rispettare l’ambiente.

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