venerdì, 26 Aprile 2024

Cop27, alleanza strategica per salvare le foreste pluviali: “L’Amazzonia non è in vendita”

Nella giornata dedicata a Genere e Acqua, focus sulla Foresta Amazzonica, grazie a una alleanza stretta tra Brasile, Indonesia e Repubblica Democratica del Congo. Ma anche a causa della denuncia di militanti Indigene. Brutte notizie per l'Italia: secondo un report presentato oggi, è in stallo nella lotta al cambiamento climatico

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Il nostro obiettivo comune è arrivare a decisioni condivise venerdì, che costituiranno le conclusioni della conferenza di Sharm el-Sheikh“. Queste le parole rivolte stamattina dal Presidente della Cop27 Sameh Shoukry ai delegati, nel lunedì di ripresa delle attività dopo la pausa domenicale. L’accordo sul clima dovrà riportare risultati significativi, perché, come ha ricordato all’assemblea, il mondo sta osservando i lavoro.

Una alleanza per salvare le foreste pluviali

Nella mattinata di oggi è stato raggiunto un importante accordo di alleanza tra le tre nazioni con le maggiori foreste pluviali. Brasile, Indonesia e Repubblica Democratica del Congo, che ospitano il 52% delle foreste tropicali ancora esistenti, si sono unite per lavorare alla loro conservazione. L’accordo prevede che i Paesi parteciperanno in modo coordinato alle discussioni su clima e biodiversità delle Nazioni Unite. L’alleanza è stata firmata dall’amministrazione del Presidente uscente Bolsonaro, sotto il cui Governo è avvenuta una enorme deforestazione della foresta amazzonica. Il Presidente eletto Lula ha espresso la volontà di voler proseguire in una simile alleanza anche nel suo mandato e sarà presente mercoledì alla Cop27 per discutere degli sforzi necessari per salvare l’Amazzonia e il resto delle foreste globali.

Attiviste indigene per l’Amazzonia

L’Amazzonia non è in vendita“. La foresta è entrata di forza nei lavori odierni anche per queste parole di denuncia di militanti Indigene. In una conferenza stampa hanno denunciato la violenza subita dalle loro terre e hanno criticato la Cop27 per la poca attenzione alle loro idee e soluzioni. “Siamo venute con idee e proposte che possono contribuire alle soluzioni globali, dovete solamente ascoltarci e rispettare la nostra conoscenza e includerci nel processo decisionale, altrimenti questo summit fallirà“, ha affermato Patricia Gualinga di Amazon Women in Defense of the Jungle (Donne dell’Amazzonia in difesa della giungla). “Siamo le maggiori custodie delle foreste incontaminate. Se le donne sono protette, lo saranno anche i territori e gli ecosistemi essenziali alla mitigazione climatica” aggiunge Helena Gualinga, giovane attivista indigena del clima. Nella giornata dedicata al Genere, è chiaro anche per loro che la presenza femminile alla Cop27 sia numericamente debole, sia a livello di capi di Stato e di Governo che di delegati. “Siamo coloro che difendono la biodiversità, quindi è necessario che donne Indigene siano presenti negli spazi decisionali. Eppure qui alla Cop27 la nostra presenza è ancora sminuita” ha denunciato Sonia Bone Guajajara, leader indigena brasiliana eletta recentemente al Congresso Nazionale.

Occhi sul clima, ma non solo

Gli occhi del mondo puntano sull’Egitto non solo per la questione climatica, ma anche per quella dei diritti umani. In particolare l’attenzione della comunità internazionale e degli attivisti presenti alla Cop27 è focalizzata anche su Abd el-Fattah. Attivista egiziano, è stato arrestato nel settembre 2019 durante una manifestazione. La Corte Penale del Cairo lo ha dichiarato terrorista, nonostante una risoluzione del Parlamento europeo che ne chiedeva il rilascio. Ad aprile 2022 ha iniziato uno sciopero della fame parziale e dal 6 novembre, giorno inaugurale della Cop27, ha iniziato anche quello della sete.

È di questa mattina la notizia che la famiglia avrebbe ricevuto una sua lettera, prova che è ancora vivo, in cui ha ammesso di aver ricominciato a bere, dopo 6 giorni di sciopero della sete. “Da oggi sto bevendo di nuovo, quindi puoi smettere di preoccuparti finché non mi rivedrai di persona. I segni vitali sono OK. Me li misuro regolarmente e sto ricevendo cure mediche“, è quanto scrive alla madre, l’attivista Laila Soueif.

Brutte notizie per l’Italia

L’Italia è in stallo nella lotta al cambiamento climatico. È quanto emerge dal Climate Change Performance Index 2023, il rapporto sulla performance climatica delle principali nazioni del mondo. Redatto in collaborazione con Legambiente per il nostro Paese e presentato proprio oggi alla Cop27, vede l’Italia al 29esimo posto, uno in meno rispetto allo scorso anno. Il report analizza i Paesi secondo 3 criteri. Pesa al 40% delle valutazioni il trend delle emissioni che producono: il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima italiano consente un taglio solo del 37% rispetto al 1990 dentro il 2030. Lo sviluppo di rinnovabili ed efficienza energetica pesa al 20% e in questo senso l’Italia deve velocizzare sulle procedure di autorizzazione, superando la ben nota burocrazia. Il restante 20% riguarda la politica climatica adottata.

Ai primi posti della classifica si trovano Danimarca e Svezia, rispettivamente al quarto e quinto posto, grazie al loro lavoro nella direzione dello sviluppo rinnovabili, con conseguente abbandono dei combustibili fossili. Seguono Cile, Marocco e India: nonostante le loro difficili situazioni economiche, i tre paesi hanno infatti rafforzato la loro azione a difesa del clima. Cina e Usa, rispettivamente primo e secondo responsabile delle emissioni globali, si posizionano al 51esimo e al 52esimo posto della classifica.

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