giovedì, 2 Maggio 2024

Cervelli in fuga: l’Italia perde 4,5 miliardi di euro all’anno

L'Italia spende ogni anni 4,5 miliardi per istruire giovani che non sa trattenere. Cresce la fuga di cervelli, in molti tornerebbero ma non lo fanno perché in Italia non avrebbero le stesse opportunità lavorative e salariali.

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Il fenomeno dei cervelli in fuga non è mai stato così preoccupante, l’Italia sta perdendo le menti più eccellenti in maniera sempre più veloce e crescente. Un’indagine dell’Università Cattolica di Milano ha fotografato lo scenario desolante che dovrà affrontare il nostro Paese.

L’Università Cattolica ha analizzato le tappe cruciali del percorso formativo e professionale dei giovani italiani, comparandoli con Francia, Germania e Spagna. Gli indicatori utilizzati mostrano come gli svantaggi partono dall’asilo, accumulando un ritardo difficile da colmare per tenere il passo dei vicini di casa europei.

In Italia solo 1 bambino su 3 è iscritto all’asilo nido, appena il 33% dei giovani nati. In Spagna il 55% dei neonati è iscritto al nido, in Francia il 57%. In Germania il 31% dei bambini tedeschi frequenta il nido, ma il governo eroga ai neogenitori 250€ al mese per ogni figlio, in aggiunta ad un assegno parentale che copre il 67% dello stipendio dei genitori fino ai 14 mesi di vita del figlio.

La situazione è allarmante anche nella fascia d’età tra i 25 e i 34 anni: 1,3 milioni di italiani ha solamente la licenza media. Ciò significa che il 22% non arriva nemmeno a terminare l’istruzione obbligatoria, che in Italia è fino ai 16 anni (fino al secondo anno di scuola secondaria di secondo grado). Peggio di noi c’è solo la Spagna con il 26%, a seguire Germania con il 16,6% e Francia con il 10,9%.

In Italia i laureati sono 1,8 milioni ovvero il 29% del totale, in Francia il 50,5%, in Spagna il 50,4% e in Germania il 37%. Questo perché il 91,4% dei tedeschi trova lavoro entro 3 anni dal diploma, nello stesso arco di tempo trovano lavoro il 77,8% degli spagnoli, il 76,3% dei francesi e appena il 63,5% degli italiani.

Per quanto riguarda l’occupazione nei primi 3 anni post laurea, solo il 74,6% degli italiani trova lavoro ma nel 40% dei casi ha un contratto precario. Nello stesso periodo, l’83,1% degli spagnoli trova occupazione con il 42,8% in situazione di precariato, l’83,4% dei francesi lavora di cui il 36% ha contratti precari e in Germania l’occupazione sale al 94,4% con il 36% in stato precario.

Desolante anche la situazione salariale, nella nostra penisola infatti il primo stipendio netto di un diplomato è di 829€ al mese, quello di un neolaureato magistrale è di 1366€, con un gap retributivo del 25%. Questa differenza in Francia è del 27%, in Spagna del 35% e in Germania del 48%.

Un altro dato allarmante interessa 1,6 milioni di italiani: il 19% dei giovani tra i 15 e 29 anni non studia, non lavora e non frequenta corsi di formazione. Questa condizione di stallo si chiama NEET (Not in Education, Employment or Training), ed è il più grande spreco di potenziale che un Paese possa registrare.

Per queste ragioni tra il 2011 e il 2021 ben 1,3 milioni di italiani tra i 18 e i 34 sono fuggiti, tra cui 390.000 laureati. In molti tornerebbero, ma sanno di non poter trovare le stesse prospettive lavorative e salariali. Non esistono programmi di rientro nemmeno per i giovani ricercatori costretti ad emigrare perché nel Belpaese non hanno trovato le opportunità che cercavano. Allo Stato italiano un diplomato costa 77.000€ e un laureato 164.000€, eppure dopo averli istruiti non diamo loro le condizioni necessarie per restare e beneficiare in primis della loro formazione. Analizzando le cifre totali, spendiamo 4,5 miliardi l’anno per la formazione di talenti che non sappiamo trattenere.

Di fronte a questo scenario svilente, resta attuale il film Quo Vado del 2016 con Checco Zalone, un italiano disposto a tutto tranne che a rinunciare al “posto fisso”. Interpreta un dipendente della Pubblica Amministrazione che rifiuta cospicue proposte di liquidazione per il timore di dover cercare (e trovare) un nuovo lavoro. Checco accetta persino un trasferimento in Norvegia per non perdere il posto, ma la nostalgia dell’Italia si fa sentire e decide di tornare. Durante la sua assenza la situazione lavorativa italiana non è affatto migliorata, anzi, a causa della mancanza di fondi Checco è costretto a rinunciare ai suoi progetti. Preso dallo sconforto, accetta la liquidazione e si dimette per ricominciare una nuova vita in Africa.

Il film era stato criticato per timore che diffondesse lo stereotipo di italiano svogliato, timoroso di ricominciare. Tuttavia, con l’assenza di miglioramenti nel panorama lavorativo italiano nel corso degli anni, sempre più persone si immedesimano nel personaggio interpretato da Checco Zalone (Luca Medici).

Forse, un’eccellente tradizione culinaria e buon gusto nel vesitre non sono elementi rilevanti per invogliare una mente eccellente a restare. Un patrimonio UNESCO poco valorizzato e il ricordo di eccellenze non più italiane (Gucci, Fiat, Edison, Pirelli, Galbani, Bulgari, Lamborghini, Versace, Ferretti, Valentino) non compensano la mancanza di prospettive per giovani talenti.

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