giovedì, 25 Aprile 2024

Torino, i coetanei ridono del loro compagno ebreo: “In altri anni ti avremmo bruciato”

Disegni, presidente della comunità ebraica, ha dichiarato che l'antisemitismo purtroppo è un fenomeno diffuso e in aumento, l'unico modo per vincerlo sono educazione e cultura.

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Dichiarazioni di un’altra epoca che fanno accapponare la pelle. “Peccato che non siamo in altri tempi, ti avremmo potuto bruciare“, questa è stata la frase schock rivolta verso un bambino ebreo che si è presentato ad una festa di coetanei undicenni con la kippah in testa, il tipico cappello indossato dai maschi ebrei. L’episodio è avvenuto settimana scorsa ma è stato reso noto soltanto ieri da Dario Disegni, il presidente della comunità ebraica torinese, che lo ha annunciato in audizione alla commissione Segre del Comune, comunicando lo sdegno per l’educazione evidentemente scarsa dei genitori verso i figli.

Disegni dichiara che l’antisemitismo purtroppo è un fenomeno diffuso e in aumento, l’unico modo per vincerlo sono educazione e cultura. Educare i propri figli nel rispetto delle tradizioni e culture altrui e rendere noto quello che è successo meno di un secolo fa proprio in Europa, particolarmente in Italia. Negli ultimi anni infatti, si è mostrato meno interesse e una banalizzazione verso il Giorno della Memoria e la Shoah. Molti giovani non riuscirebbero nemmeno a spiegare le dinamiche che hanno portato alla nascita del rifiuto verso la comunità ebraica.

Purtroppo, non si tratta di un caso isolato, in Italia sono stati rilevati 513 episodi che coinvolgono ebrei e/o enti ebraici indefiniti e descritti sulla base di cliché negativi: razzisti, ricchi, tirchi, tendenti al dominio ed alle cospirazioni, “sionisti”. E 194 episodi che riguardano individui ebrei e/o enti ebraici, anch’essi demonizzati e stereotipati secondo consolidate generalizzazioni negative, anche se in alcuni casi le vittime non sono ebree. Nel triennio 2019-2021 questi casi sono cresciuti ulteriormente anche a causa della pandemia e delle restrizioni legati al covid.

In particolare, l’accanimento si riversa contro la senatrice a vita Liliana Segre. Tutto avviene su piattaforme social utilizzate per insultare e infangare la sua esperienza nel campo di concentramento ad Auschwitz. Liliana Segre viene considerata una “ipocrita” da parte degli utenti poiché si batterebbe contro le discriminazioni ma non contro le misure anti-covid e il green pass considerate persecutorie e simili alle leggi razziali.

Eventi del genere non si verificano soltanto dietro ad uno schermo ma anche in luoghi pubblici, come negli stadi. Numerosi sono i cori razzisti verso giocatori di pelle scura ma non mancano sicuramente riferimenti al dittatore tedesco Adolf Hitler. È successo proprio quest’anno, nella stessa settimana della Giornata della Memoria: in alcuni quartieri della Capitale sono state ritrovati degli adesivi che ritraggono Hitler in versione calciatore della Roma.

Una notizia che richiama quella dell’ottobre 2017 quando alcuni “tifosi” della Lazio attaccarono in Curva Sud, durante la sfida casalinga dei biancocelesti contro il Cagliari, sticker che mostravano Anna Frank con la maglia della Roma. L’episodio chiama in causa di nuovo frange del “tifo” laziale. Il 19 gennaio scorso infatti, all’Olimpico, durante la partita di Coppa Italia Lazio-Bologna, dopo il decimo minuto alcuni supporter hanno intonato “In Sinagoga vai a pregare/ ti farò sempre scappare…”. Destinatari, i rivali romanisti.

Questi sono soltanto alcuni degli episodi avvenuti in Italia negli ultimi anni, ma se ne potrebbero citare altri mille tra insulti mediatici, aggressioni fisiche e frasi scioccanti scritte sui muri. Al giorno d’oggi chi è diverso vive nel terrore e la domanda sorge spontanea, siamo tornati indietro di un secolo?

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