Ramiz Nukić aveva 63 anni, una ventina dei quali – gli ultimi – trascorsi nelle foreste intorno a Srebrenica a cercare quanto rimaneva delle persone uccise dalle truppe serbo-bosniache di Ratko Mladic. Era stato un massacro: nel 1995, durante la guerra tra serbi e bosniaci di fede islamica, Nukić si trovava tra i profughi musulmani ospitati a Srebrenica, in attesa di essere portati in salvo dai caschi blu dell’ONU. Ma le cose, poi, andarono diversamente, Mladic ordinò la strage. In seguito al massacro, in cui furono uccisi anche il padre e i fratelli di Nukić, l’esercito serbo provvide a smembrare i cadaveri delle vittime e seppellirli sparsi nei boschi, per rendere meno visibili le tracce. Ramiz Nukić fu tra i pochi superstiti.
La tragedia personale che lo coinvolse spiega la sua dedizione nelle ricerche dei resti delle vittime, per offrire loro una vera sepoltura. Un servizio iniziato nel 2004, al suo ritorno in Bosnia, e durato fino a pochi mesi fa. Grazie alla collaborazione con l’Istituto per le persone scomparse della Bosnia e dell’Erzegovina, la sua opera ha portato al ritrovamento di ossa, vestiti e oggetti appartenuti a oltre 300 uomini e ragazzi musulmani, molti dei quali identificati. Nukić si è spento ieri, 8 novembre, nella città di Kamenica, a causa di una grave malattia polmonare.