martedì, 23 Aprile 2024

Tennis, il ritiro di Federer è la fine di un’era che ci appartiene

Il ritiro di Roger Federer è la fine di un'era che ci appartiene. Lo sanno rivali e tifosi. Ecco il perché di tanta commozione.

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Il ritiro di Roger Federer dal tennis giocato è la fine di un’era che ci appartiene. Al termine di una carriera sportiva, il grado di emozioni che accompagnano l’ultima battaglia è direttamente proporzionale a ciò che si è fatto in attività. Il mare di lacrime, contorno inesorabile della notte di Londra lo scorso venerdì 23 settembre è il giusto tributo a ciò che Federer rappresenta per lo sport mondiale. Bisogna saper distinguere tra re e sovrani. Al di là dei numeri scritti sul suo palmerès, roba da mettere in imbarazzo chiunque nel mondo del tennis, Federer abdica lasciando una corona da vero re. Lo svizzero non è uno dei migliori sportivi di sempre soltanto perché qualcuno piange il suo ritiro, sia chiaro. King Roger detiene il record di settimane consecutive trascorse in vetta da numero uno al mondo (237) e vanta un montepremi da 130milioni di dollari. Ma non sono i numeri a fare di un sovrano un re, quanto, piuttosto, il modo in cui si costruisce un regno. I momenti leggendari nel mondo dello sport sono quelli che permettono a tifosi, tecnici, atleti e addetti ai lavori di scandire il tempo (sportivo) in un prima e un dopo. Il mondo del tennis non può non fare riferimento a un “prima di Federer” e un “dopo Federer“.

Tra classico e moderno

Esistono, nella storia come nello sport, dei periodi di transizione, rivoluzioni, innovazioni. Roger Federer è riuscito a mettere insieme classico e moderno. Il progresso tecnologico cambia le armi del mestiere, l’adeguamento delle strutture di allenamento migliora le prestazioni fisiche degli atleti, pertanto, muta anche il modo di condurre le battaglie sportive. Un grande re è anche un abile stratega. King Roger conosce alla perfezione il suo tempo, sa che il tennis da lui conosciuto si sta evolvendo, è dunque necessario per lui mantenere uno stile classico ma trasformarlo in chiave moderna. Questa predisposizione gli permette, fin da giovane, di saper vincere su ogni tipo di superfice e contro qualunque avversario. Ma è sull’erba che lo svizzero incanta le folle, unendo il bello all’utile. Perché si, nell’essere un ponte tra vecchio e nuovo, durante il suo regno Federer è riuscito non solo a vincere, ma anche a convincere. Come un quadro degno di stare appeso nelle più grandi gallerie d’arte, l’immagine di King Roger vestito di bianco mentre mette a segno un dritto è il ritratto perfetto di una carriera esemplare che ha caratterizzato un’epoca: l’era Federer.

L’omaggio di rivali e tifosi

La grandezza di Roger Federer è racchiusa in una foto che ha fatto il giro del mondo. Rafa Nadal tiene la mano allo svizzero mentre piangono insieme seduti uno affianco all’altro. La testimonianza del valore immenso del tennista di Basilea arriva dai suoi rivali di sempre. Non soltanto lo spagnolo, ma anche Novak Djoković e Andy Murray, tra gli altri, hanno voluto omaggiare la carriera di King Roger. Di certo, ripetiamolo, l’enorme peso di quest’uomo nella storia dello sport degli ultimi vent’anni non è certo racchiusa in qualche lacrimuccia di giustificata commozione. La grandezza di uno sportivo dipende anche dallo spessore degli avversari affrontati. Federer si è trovato, forse, ad affrontare la generazione di tennisti più forti di sempre. E l’ha fatto con correttezza, sportività e lealtà. I suoi rivali sanno, per contro (e questo è ciò che s’intende sottolineare), che nella loro esistenza dovranno sempre e comunque fare i conti con la figura dello svizzero. Ecco perché il ritiro di Federer genera un vortice di emozioni così forte, irripetibile, a tratti inaccettabile. Perché accettare il ritiro di Re Roger, ne sono consapevoli rivali e tifosi, significa capire che una parte di noi ha terminato di essere: siamo quelli del “prima di Federer e dopo Federer“.

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