Cicloni intensi, piogge monsoniche e inondazioni hanno colpito aree altamente esposte e densamente popolate in Asia e nel Pacifico, mentre la stagione degli uragani atlantici “è stata la più attiva mai registrata”. Queste le cause che hanno portato a 55 milioni di sfollati nel mondo. Lo si apprende dal rapporto delle Organizzazioni Non Governative (ONG) Internal Displacement Monitoring Centre e Norwegian Refugee Council diffuso oggi.
Il record di sfollati si deve a conflitti e disastri naturali. In particolare ben 30,7 milioni di persone hanno lasciato le proprie case a causa di disastri naturali e 9,8 milioni a causa di conflitti e violenze. Tali condizioni hanno costretto gli sfollati a spostarsi all’interno del proprio Paese o a migrare: circa 26 milioni sono i rifugiati nel mondo.
“Non stiamo proteggendo le persone più vulnerabili del mondo da conflitti e disastri” è l’allarme lanciato da Jan Egeland, Segretario generale dell’ONG Norwegian Refugee Council. Gli fa eco Alexandra Bilak, Direttrice dell’ONG Internal Displacement Monitoring Centre: “Meno persone hanno cercato rifugi di emergenza per paura del contagio”. Significa che le cifre potrebbero essere ancora più alte.
Bilak, parlando dei fattori climatici alla base di alcuni movimenti degli individui, sostiene: “Possiamo solo prevedere che, con gli impatti futuri del cambiamento climatico, questi disastri diventino più frequenti e più intensi, e quindi che il numero di sfollati interni cresca”. Mentre Egeland si sofferma su aspetti sociali: “È scioccante che lo scorso anno qualcuno sia stato costretto a fuggire dalla propria casa all’interno del proprio Paese ogni secondo”.
 Internal Displacement Monitoring Centre e Norwegian Refugee Council.){kind=link}