venerdì, 26 Aprile 2024

Caso Cucchi, in Appello pene più severe per gli imputati: condanne fino a 13 anni per due carabinieri

Pene più severe per gli imputati del caso Cucchi. È la sentenza del processo bis emessa oggi dalla Corte d'Assise d'Appello di Roma.

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Si è concluso oggi con una sentenza storica il processo bis in Appello sul caso Cucchi. A 12 anni dal pestaggio del giovane Stefano Cucchi, morto a 31 anni a causa delle percosse subite in una caserma dei carabinieri sulla Casilina. La Corte d’Assise d’Appello di Roma ha stabilito pene più severe per gli imputati, Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, che sono stati condannati a scontare 13 anni di reclusione perché colpevoli di omicidio preterintenzionale. Mentre il collega Roberto Mandolini, all’epoca dei fatti comandante della stazione Appia, dovrà scontare 4 anni di carcere per falso. Confermata invece la condanna, esclusivamente per il reato di falso, del carabiniere Francesco Tedesco (2 anni e 6 mesi).

La sentenza in Primo Grado aveva condannato a 12 anni di reclusione Di Bernardo e D’Alessandro, mentre era stato assolto Francesco Tedesco dall’accusa di omicidio preterintenzionale, venendo condannato a due anni e sei mesi di reclusione solo per il reato di falso, Mandolini invece era stato condannato a scontare 3 anni e 8 mesi di carcere.
Secondo le accuse, Mandolini avrebbe falsificato il verbale d’arresto che fra le altre cose attestava un foto segnalamento mai avvenuto.

Secondo il pm Giovanni Musarò proprio quel verbale falsificato avrebbe portato il fermo al triste epilogo. “Stefano Cucchi fu portato in carcere perché il maresciallo Mandolini scrisse nel verbale di arresto che era un senza fissa dimora. Ma lui era residente dai genitori, senza quella dicitura forse sarebbe finito ai domiciliari e oggi non saremmo qui. Questo giochetto gli è costato la vita. Il verbale di arresto è il primo atto di depistaggio di questa vicenda, perché i nomi di Tedesco, Di Bernardo e D’Alessandro non sono nel documento“, aveva detto il pm nella sua requisitoria.

In questa storia abbiamo perso tutti – aveva detto Cavallone nella sua requisitoria – Nessuno ha fatto una bella figura. Stefano Cucchi quel giorno doveva andare in ospedale e non in carcere. Credo che nel nostro lavoro serva più attenzione alle persone piuttosto che alle carte che abbiamo davanti. Dietro le carte c’è la vita delle persone. Quanta violenza siamo disposti a nascondere ai nostri occhi da parte dello Stato senza farci problemi di coscienza? Quanto è giustificabile l’uso della forza in certe condizioni? Noi dobbiamo essere diversi – aveva proseguito Cavallone – noi siamo addestrati a resistere alle provocazioni, alle situazioni di rischio“.

Nessun vincitore, “in questa storia abbiamo perso tutti, Stefano, la sua famiglia, lo Stato“.

Il mio pensiero va ai miei genitori per il caro prezzo che hanno pagato in questi anni“, fa eco Ilaria Cucchi. Che aggiunge: “Questa sentenza riformata è un momento storico e per me di estrema emozione. Non avrei mai creduto di arrivare fin qui“. “Devo ringraziare tante persone, a partire dall’avvocato Fabio Anselmo e la Procura di Roma nelle persone dell’ex procuratore Giuseppe Pignatone, dell’attuale procuratore Michele Prestipino e del sostituto Giovanni Musarò. Senza di loro non saremmo qui. Il mio pensiero va a Stefano, a tutti questi anni, a quanto ci sono costati, e ai miei genitori che non sono qui proprio per il prezzo che hanno dovuto pagare per questi anni di sofferenza“.

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