sabato, 27 Aprile 2024

Cop28 sull’orlo del fallimento, la quarta bozza di accordo non convince: si lavora per un nuovo testo

La quarta bozza sul testo del Global Stocktake redatta dalla Presidenza della Cop28 ha ricevuto forti critiche sia dalle parti coinvolte nei negoziati che dalla società civile. Ci si aspetta quindi che la conferenza si protrarrà ben oltre il termine ultimo dei lavori, fissato per oggi, fino al raggiungimento di un accordo unanime su un nuovo testo

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La Cop28 è sull’orlo di un completo fallimento. Il mondo ha un bisogno disperato di uscire dai combustibili fossili il più velocemente possibile, ma questa bozza suona come se l’OPEC l’avesse dettata parola per parola. É persino peggio di quello che molti avevano temuto. “Dei petrol-Stati, da parte dei petrol-Stati e per i petrol-Stati”. É profondamente offensiva per tutti coloro che hanno preso seriamente questo processo“. Con queste parole Al Gore ha seccamente commentato la quarta bozza del testo finale della Cop28, presentato nel tardo pomeriggio di ieri, lunedì 11 dicembre. Ma la sua forte critica non è rimasta un caso isolato. La reazione generale alla quarta bozza di testo finale sul Global Stocktake, il bilancio globale sugli impegni e le azioni da intraprendere, è stata negativa. Principalmente per il fatto di menzionare le azioni verso i combustibili fossili come opzioni, piuttosto che come obbligo. E per la scelta di parlare di “riduzione” piuttosto che “eliminazione”.

Cosa ci dobbiamo aspettare?

In questo clima è ormai chiaro che la Cop28 si protrarrà oltre il termine fissato da calendario per le 11 (ora locale di Dubai) della mattina di oggi, martedì 12 dicembre. Finché non si arriverà a un testo che raccolga il consenso dei 197 Paesi partecipanti. La Presidenza della Cop28 sta già lavorando a una nuova bozza di testo, che si prevede sarà resa nota solamente nel pomeriggio.

Nel frattempo il direttore generale della Conferenza, Majid Al Suwaidi, ha tenuto una conferenza stampa per difendere l’operatore della presidenza emiratina. Il punto trasmesso è che spetti ora ai 197 Paesi coinvolti arrivare a un accordo, non alla presidenza che ha stilato la bozza. “Ci aspettavamo che il testo non rispondesse a tutti gli interessi. Volevamo che accendesse dei dibattiti. Ed è quello che è successo. É importante capire che il testo rilasciato era il punto di partenza per una discussione. Questo è totalmente normale per un processo basato sul consenso“. Aggiungendo poi: “Quando l’abbiamo pubblicato, sapevamo che c’erano opinioni polarizzate. Ma non sapevamo dove stessero i punti non superabili di ogni Paese. Rilasciando la prima bozza, le parti sono venute da noi a spiegarci dove si trovano per loro queste linee rosse. Abbiamo passato la notte accogliendo i loro riscontri. E questo ci permette di metterci nella posizione per un nuovo testo“.

Il testo che divide

Il Global Stocktake, “bilancio globale“, è stato istituito dall’articolo 14 dell’Accordo di Parigi e deve essere realizzato ogni 5 anni e serve a dare indicazioni sulle azioni da intraprendere per rimanere sulla rotta degli impegni presi nello storico accordo del 2015. Anche in merito alla necessità di arginare il riscaldamento globale entro 1,5ºC. Il testo è carente di una visione su come dovrà essere finanziato l’adattamento climatico. E manca anche di specifiche tecniche, tra cui quelle riguardanti la regolamentazione del mercato del carbonio globale. Ma la parte criticata della quarta bozza rilasciata ieri riguarda combustibili fossili ed energia, a pagina 5, paragrafo 39. In questa parte si propongono le strade da intraprendere per ridurre le emissioni globali.

E il punto criticato è proprio che si resta sul piano della proposta. Non si parla di azioni che devono essere messe in campo. Tra le misure, sempre su base propositiva, c’è la “riduzione” (e quindi non “eliminazione”) sia della produzione che del consumo di combustibili fossili. Il modo con cui realizzare questi obiettivi resta però poco chiaro: “in maniera giusta, ordinata e giusta“. E con un orizzonte temporale per l’obiettivo delle emissioni zero “entro, prima o intorno al 2050“. Al sottopunto d) della stessa sezione, ci sono poi altri elementi fonte di discussione. Tra le tecnologie indicate come a basse o nulle emissioni, trovano sì spazio le fonti rinnovabili, ma anche il nucleare e la cattura e stoccaggio di carbonio.

Va detto che il paragrafo riporta l’obiettivo di triplicare le energie rinnovabili e raddoppiare l’efficienza energetica a livelli globali entro il 2030. Ma non si fa nessun riferimento agli strumenti finanziari necessari e previsti per aiutare i paesi in via di sviluppo a raggiungere quegli obiettivi.

Le pressioni dell’Opec

Nell’intero testo della bozza non si fa poi mai riferimento a “petrolio” e “gas (quest’ultimo utilizzato solamente in riferimento ai gas serra). A questo proposito il Guardian, seguito poi dalle agenzie di stampa Bloomberg e Reuters, e da altre fonti indipendenti, aveva reso noto nella giornata di venerdì 8 dicembre una lettera dell’OPEC destinata ai Paesi membri. Scopo della comunicazione dell’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio, era avvisare con estrema urgenza, che “le pressioni contro il combustibili fossili potrebbero raggiungere un punto critico con conseguenze irreversibili” alla Cop28. E di conseguenza i membri venivano invitati a “rigettare ogni testo o formula che abbia come bersaglio l’energia, vale a dire i combustibili fossili, piuttosto che le emissioni”.

Se da un lato questo veto sembra aver trovato applicazione nella quarta bozza proposta, dall’altro c’è chi vede anche un lato positivo in questa comunicazione urgente dell’Opec. Come Catherine Abreu, direttore esecutivo di Destination Zero. “Capisci che la Cop28 è sul punto di ottenere un risultato storico nell’ambito della transizione globale dai combustibili fossili verso le energie rinnovabili e l’efficienza energetica, quando l’Opec inizia ad andare nel panico“.

Le reazioni internazionali

La bozza elaborata dalla Presidenza Cop28 viene innanzitutto accusata di mancare di quella ambizione e urgenza necessarie per realizzare quella che il Presidente Al-Jaber aveva definito “la Stella Polare”, ovvero il limite di riscaldamento entro 1,5ºC. Tra i primi a protestare contro la bozza, segnalando la volontà di non firmare il testo, sono stati nel pomeriggio di ieri, lunedì 11 dicembre, i membri dell’AOSIS. Si tratta dell’Alleanza dei piccoli stati insulari, una coalizione di 44 membri che si trovano nell’Oceano Pacifico, Indiano, Atlantico e nel mar cinese orientale. Paesi che alla Cop28 sono come la voce della coscienza, visto che pagano in prima persona gli effetti dei fenomeni estremi e del cambiamento climatico. E che hanno dichiarato tramite il loro portavoce Cedric Schuster: “Non firmeremo il nostro certificato di morte. Non possiamo firmare un testo che non si impegna fermamente sull’eliminazione dei combustibili fossili. Siamo in prima linea in questa crisi climatica, ma se voi continuerete a dare priorità ai profitti rispetto alle persone, metterete a rischio il nostro futuro“.

Dalla pubblicazione della bozza sono continuate ad arrivare le reazioni internazionali, in tempistiche diverse. Nel tardo pomeriggio di ieri Brasile e Canada hanno confermato il pollice verso alla bozza redatta dalla presidenza guidata da Al-Jaber. E proprio il Canada, insieme agli Usa, hanno reso pubblica una dichiarazione congiunta sul cambiamento climatico. Rimane invece il silenzio di alcune Nazioni, come l’Arabia Saudita e l’India, che non hanno reso commenti pubblici alla bozza.

Per l’Unione Europea elementi “inaccettabili”

Per Wopke Hoekstra, commissario europeo al clima, e Teresa Ribera, Ministra dell’ambiente spagnola e co-leader della delegazione europea alla Cop28, alcuni elementi del testo proposto sono “inaccettabili”. “Pensiamo che nel testo ci siano elementi completamente non accettabili. La bozza corrente fa qualche riferimento alla scienza, qualche riferimento al limite di 1,5ºC, ma non è coerente con l’approccio all’energia. Dobbiamo entrare in discussioni più profonde con molte altre parti, e ovviamente con la presidenza“.

Critiche arrivate anche dal nostro Paese, con le parole del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin. “Si può e si deve fare di più. Stiamo lavorando con i partner europei per migliorare la proposta della presidenza emiratina“, ha dichiarato ieri proprio durante la sua visita alla Cop per presentare l’offerta formativa italiana sui cambiamenti climatici.

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