venerdì, 29 Marzo 2024

Capoverde, le ladre di sabbia: raccoglierla è faticosa e dannosa per l’ambiente

La raccolta e la distruzione della sabbia delle spiagge ha conseguenze drastiche, sia geologiche che ambientali, che si ripercuotono sull'agricoltura turistica.

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Centinaia di donne e uomini di un minuscolo villaggio di pescatori non hanno più la quantità della loro principale risorsa, il pesce. L’intera comunità ha cambiato lavoro e ora vende illegalmente la sabbia delle spiagge stesse. Questa attività è stata dichiarata illegale da un Decreto Legge del governo capoverdiano nel 1997, poi riconfermata nel 2002.

Per poterla raccogliere, le persone devono addentrarsi nell’acqua del mare e nuotare in un oceano spesso violento. Gli uomini stanno ad una decina di metri dalla riva, raccolgono con la pala la sabbia dal fondo del mare, e riempiono i secchi che le donne portano sulla testa. L’immensa spiaggia nera di sabbia vulcanica di Ribera da Barca si è trasformata in una distesa di soli ciottoli e sassi. Le ragioni di questa attività sono molte.

Molte di queste persone hanno lavorato tutta la vita nella pesca tradizionale e redditizia, molti erano pescatori. Da qualche anno la quantità di pesce si è drasticamente ridotta, le giornate di buona pesca si sono diradate e la vita è sempre più dura. Se qualche anno fa era comune vedere i pescatori tornare quotidianamente con abbondanti catture, ora questo accade solo una volta alla settimana.

Ribeira da Barca, Capoverde

Gli abitanti di Ribeira da Barca non hanno nemmeno più pesce per il loro sostentamento, quasi non viene più commercializzato. La comunità ha inventato un modo per sopravvivere, a costo della distruzione dell’ambiente e dell’ecosistema. Questa è la storia della gente di Ribeira da Barca, di intere famiglie che lavorano in questa attività, che è una delle poche possibili per sopravvivere. Gli uomini stanno a una decina di metri dalla riva, raccolgono con la pala la sabbia dal fondo del mare, e riempiono i secchi che le donne portano sulla testa. 

La spiaggia di Ribeira da Barca non è inclusa in nessuna guida di Capo Verde. Né la spiaggia di Rincao né quella di Cancelo. Le tre spiagge di Santiago, l’isola principale dell’arcipelago, non si trovano da nessuna parte nei consigli turistici. Nella memoria dei capoverdiani nessuno ricorda l’ultima volta che è stato avvistato lì l’asciugamano di un turista. Con gli enormi cumuli di sabbia nera e ciottoli, i crateri, l’andirivieni dei camion sulla pista tagliata nel fianco della montagna, queste spiagge sembrano più delle cave o delle miniere a cielo aperto. È tutto molto lontano dall’idilliaca cartolina di infinita sabbia bianca e acqua color smeraldo di Sal e Boa Vista, le due destinazioni popolari di questo piccolo pezzo di Africa situato nell’Atlantico, al largo della costa del Senegal.

Il secchio è pieno di sabbia nera bagnata.

Per uscire dal mare le persone sono a piedi nudi sui ciottoli, devono prestare attenzione e seguire la giusta corrente, la giusta onda. Il rischio di cadere perdendo 20 chili di sabbia oltre che una giornata di lavoro è sempre dietro l’angolo.

La raccolta e la distruzione della sabbia delle spiagge ha conseguenze drastiche, sia geologiche che ambientali, che si ripercuotono sull’agricoltura turistica. I cittadini di Ribera da Barca, potrebbero vivere di un turismo sostenibile, se le bellezze ambientali fossero preservate. L’acqua di mare non avendo più barriere fisiche contamina le falde acquifere con il sale e l’agricoltura nelle vicinanze è danneggiata.

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