giovedì, 25 Aprile 2024

Covid Italia, tre neonati in terapia intensiva

Dall'inizio della pandemia, non si erano mai verificai casi di neonati affetti da Covid-19 con necessità di ricovero: succede ora per la per la prima volta.

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Nella terapia intensiva neonatale a Pescara, sono ricoverati 3 neonati risultati positivi al Covid-19. Tutti e tre hanno meno di un mese di vita. Susanna Di Valerio, direttore della Terapia intensiva neonatale dell’ospedale di Pescara. Ha riferito che: “Dall’inizio della pandemia, mai abbiamo avuto neonati affetti da Covid-19 con necessità di ricovero: succede ora per la per la prima volta. Un primo bambino aveva appena quattro-cinque giorni di vita. È nato con il Coronavirus, un caso raro: la madre era negativa prima del parto, come risultava dal tampone, poi è diventata positiva. Lui è già stato dimesso. Gli altri due piccoli, invece, hanno 24 e 27 giorni di vita: sono arrivati qui, con i genitori positivi, con difficoltà respiratorie e febbre. Li stiamo curando: sono sottoposti a terapia ventilatoria, uno di loro con alti flussi, tramite una cannula”.

La Asl ha tenuto a precisare e ricordare che: L’infezione da Sars-Cov-2 non riguarda unicamente la popolazione adulta e/o anziana, ma anche l’età pediatrica e neonatale. La variante Omicron ha determinato un aumento importante dei contagi e una categoria molto esposta alle infezioni è quella del tutto priva di immunizzazione, cioè i neonati”. Per questo motivo, gli esperti continuano ad invitare “Le donne in gravidanza e le neo mamme ad aderire alla campagna vaccinale”. Oltre ai due bambini di Pescara, un altro bambino di 9 mesi, arrivato dalla provincia di Chieti, è ricoverato in Rianimazione Covid all’ospedale di Pescara. Giustino Parruti, direttore dell’Unità operativa complessa di Malattie infettive a Pescara, ha riferito che: “Il bambino di 9 mesi ha una brutta polmonite insterstiziale. È sottoposto a terapia ventilatoria; per fortuna finora non è stato necessario intubarlo. Ci siamo appoggiati al pediatrico Gaslini di Genova per curarlo, perché loro hanno più esperienza in quest’ambito. Si tratta di situazioni rare, che in Italia si possono contare sulle dita di una mano. Una situazione difficile, ma in leggero miglioramento”.

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