mercoledì, 24 Aprile 2024

Perugia, evadevano l’Iva sul carburante, 5 arresti e sequestri per 15 milioni

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Agli arresti domiciliari cinque persone e sequestri per 15 milioni a carico di una dozzina di persone fisiche e sette società. Contesta l’associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale, attraverso l’emissione e l’uso di fatture relative a operazione inesistenti, oltre al trasferimento fraudolento di valori.

La Procura di Perugia mercoledì mattina ha dato esecuzione al provvedimento emesso dal giudice per le indagini preliminari, procedendo agli arresti e apponendo i sigilli su conti correnti, immobili, beni mobili, compendi aziendali e depositi petroliferi. Nell’ordinanza viene anche evidenziata «la commistione di interessi e il coinvolgimento di soggetti appartenenti alla criminalità organizzata di stampo mafioso in contatto con alcuni degli odierni indagati».

Gli inquirenti hanno scoperto un sistema di evasione dell’Iva incentrato su due depositi petroliferi della provincia di Perugia e riconducibili a un imprenditore umbro e a un pregiudicato calabrese sottoposto a sorveglianza speciale, perché ritenuto continuo a una cosca di ‘ndrangheta. Il calabrese è considerato dalla Procura il promotore e organizzatore della presunta associazione per delinquere. Nell’inchiesta, inoltre, un ruolo importate sarebbe stato rivestito da un pregiudicato campano, al momento in carcere, già coinvolto in indagini su clan camorristici con interessi proprio nel commercio di prodotti petroliferi. Coinvolto nella frode anche un imprenditore siciliano, pure lui già al centro di precedenti inchieste.

Le indagini della Guardia di Finanza e dell’Agenzia delle Dogane di Perugia sono scattate all’inizio dello scorso anno e hanno portato alla luce una frode “carosello” sui carburanti. In particolare, secondo la ricostruzione dei militari del Gruppo di investigazione sulla criminalità organizzata delle Fiamme Gialle, i prodotti petroliferi arrivavano alle società perugine da un deposito del Veneto e in Umbria venivano nazionalizzati, assoggettandoli ad accisa, e ceduti a società “cartiera”, ossia vuote, senza procedere all’addebito Iva. Un’operazione, quest’ultima, che le aziende perugine avrebbero anche potuto compiere purché i soggetti a cui veniva venduto il carburante fossero “garantiti”, vale a dire muniti di polizza fideiussorie in grado di assicurare il pagamento dell’imposta, oltreché in possesso di requisiti di affidabilità, che nel caso specifico le società “cartiera” non avevano.

Si nascondevano dietro i prestanome che rivendevano a terzi i prodotti petroliferi con addebito dell’imposta, che in pratica veniva intascata perché non versata all’Erario. Gli operatori commerciali, dunque, evadendo l’Iva riuscivano a praticare prezzi fuori mercato, così come ritenuto dalla Procura di Perugia, mentre per tentare di scampare ai sequestri alcuni degli indagati si sarebbero avvalsi di prestanome, che gli permettevano di non comparire pur operando di fatto come amministratori o soci occulti delle società.

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