mercoledì, 24 Aprile 2024

Valentina Mira “X”: “La banalità dello stupro”

Valentina Mira, classe '91, ci racconta la sua storia che avvicina molte donne, con il romanzo pubblicato per Fandango Editore "X".

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“Ma tu lo sai almeno cos’è uno stupro? No, che non lo sai. Però senti le notizie al tg. Di sicuro le leggi sui social, da quelli non si scampa. Senti i politici che piacciono a G. riempirsi la bocca di questa parola. Li senti dire bugie sulle violenze sessuali, bugie che fanno ribollire il sangue; li ascolti e ti accorgi che non ne parlano mai davvero se non per crearsi un nemico comodo, lontano da sé. I nostri corpi, le nostre vite diventano propaganda”.

Ormai sono tanti, troppi i casi di stupro. Circa 6 milioni di donne tra i 17 e i 60 anni hanno subito nel corso della propria vita una qualunque forma di violenza. Sono oltre 8 milioni coloro che hanno subito violenza fisica e sessuale. Le vittime di stupro si assestano sul milione e sono 746 mila i tentativi di stupro. La legge 66 che ha fatto passare lo stupro da reato contro la morale a reato contro la persona è stata approvata nel 1996.

C’è chi, da questa sensazione di vergogna per l’atto subito, riesce a uscirne, denunciando. Non tutte le donne però ci riescono. Il problema nella maggior parte dei casi è l’Italia. La società non si fa scrupoli a puntare il dito contro la vittima dicendo: “vestita in quel modo se l’è cercata”, è solo una delle frasi che spesso leggiamo o ascoltiamo alla televisione. Il loro dolore viene trascinato davanti all’opinione pubblica, viene spettacolarizzato, ridicolizzato.

Negli ultimi cinquant’anni non abbiamo fatto progressi, siamo in una fase di stallo, non è cambiato nulla se non le donne che hanno preferito tacere e sprofondare nel loro dolore intimamente.

Ma c’è chi, ha urlato, non solo denunciando ma, mettendo nero su bianco la sua esperienza e il suo dolore. Lo ha reso pubblico per dare supporto e non per apparire vittima.

Questa donna è Valentina Mira, classe ‘91, giornalista e ora, anche autrice, con il suo romanzo “X” ha urlato “S-T-U-P-R-A-T-O-R-E” verso colui che ha abusato di lei.

La storia narrata da Valentina Mira, è ambientata nell’estate del 2010; con il passare degli anni, non è stata solo un’ombra che l’accompagnava ovunque, ma è anche quel pericolo che è presente dietro ogni angolo e si materializza in diverse forme.

La stessa autrice, in un’intervista per Il Libraio, ha spiegato il motivo per il quale ha deciso di non inserire come copertina del romanzo il suo volto, nonostante la storia parlasse di lei: “In sintesi: un conto è essere stata vittima in un frangente della propria vita; altro è avere una posa vittimistica”.

Mira racconta, parafrasando Hannah Arendt “La banalità dello stupro”:

Valentina ha superato la maturità, è estate e si presenta a una festa. Tra risate, chiacchiere e alcool, la serata prende un’altra piega. Alla festa c’è G., un conoscente di Valentina, si erano baciati altre volte prima di quella sera ma lui non vuole fermarsi a un semplice bacio. Valentina non è così ubriaca da non capire cosa stia succedendo, sono dei “no” forti e secchi quelli che dice la ragazza. Le negazioni vengono ascoltate solo dal vento.

“Voi donne dite no e intendete si, lo sanno tutti”. Sono queste alcune frasi che si ritrovano all’interno del romanzo.

Dopo l’accaduto non è facile armarsi di coraggio e andare a denunciarlo, pensava a cosa potesse pensare la madre, il padre e suo fratello. Suo fratello… poteva forse credere che a farle del male fosse stato il suo migliore amico?

Valentina si sentiva più colpevole del carnefice poiché, aveva bevuto, aveva flirtato, aveva un vestito provocante. Come se tutto questo potesse sminuire la sua credibilità. Eppure le prime domande rivolte una volta arrivata ad avere la forza per denunciarlo sono state: “Avete bevuto?”, “com’eri vestita?”

Era stupro anche se non aveva riportato lesioni, anche se non era stata picchiata selvaggiamente, anche se non era stata ritrovata in strada.

Se la violenza non è denunciata immediatamente, come se dopo un atto del genere chiunque avesse la forza di alzarsi e andare a sporgere denuncia, mentre si sente il mondo sgretolarsi addosso, ci si sente violati, non si hanno prove fondate, la denuncia non viene accolta. Se non ci sono prove evidenti? Questo può bastare a archiviare la violazione di una donna?

Questo è un libro che nessuno avrebbe voluto scrivere, che nessuno vorrebbe leggere.
Valentina poteva essere chiunque, potevamo essere noi, un’amica, la ragazza che vediamo alla fermata del bus, una sorella …

E’ ora di dire basta, di urlare quel no, di tatuarci quella “X” per ricordarci sempre che possiamo negare, essere contrarie, che un “no” vuol dire “no” e dobbiamo dirlo.

“Sono viva. E a volte va bene così. A volte, essere viva è tutto quello che resta”.

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